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Zafferano italiano: quali sono le aziende che lo coltivano?

 

 

Lo zafferano è una magia, che solo chi produce può conoscere davvero fino in fondo. Chi si alza all’alba durante l’autunno per raccogliere i suoi fiori violacei, stupendosi di come possano nascere ogni giorno di nuovo; chi si affretta poi a far ritorno a casa, prima che i fiori si aprano e prendano luce, alterando così il lavoro di tutto l’anno. E chi infine si dedica alla cosiddetta mondatura, ovvero la fase di separazione dei tre pistilli rossi dal resto del fiore, compito delicato, generalmente affidato alle donne, a cui segue l’essicazione, che può avvenire in vari modi, ma l’importante è che sia sempre al punto giusto.

Eppure, per quanto lo zafferano faccia parte della nostra cultura alimentare, solo l’1% di quello che consumiamo in Italia viene prodotto localmente, perché la maggior parte viene importato dall’estero, soprattutto da Iran, Spagna e Maghreb. Per tutti questi motivi dobbiamo ringraziare chi lo produce, chi non ha mai smesso di farlo o chi ha appena iniziato, visto che negli ultimi anni le aziende italiane produttrici sono proliferate in tutto lo stivale, tanto che possiamo forse parlare di una vera e propria zafferanomania. Vediamo allora chi produce zafferano italiano nelle varie regioni e scopriamo alcune preparazioni culinarie in cui è utilizzato.

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Zafferano italiano: dove viene coltivato

Prima di iniziare questo viaggio tra le aziende che oggi producono zafferano in Italia, sarà bene chiarire alcune cose. Innanzitutto lo zafferano si ottiene dagli stigmi del Crocus sativus, una pianta erbacea perenne delle famiglia delle Iridacee, che non esiste allo stato spontaneo, ma si moltiplica solo per via clonale, assicurata dalla coltivazione, per altro facilitata dal fatto che, come dimostrano i differenti luoghi in cui si produce, si adatta a quasi ogni di terreno, purché immune da ristagni idrici. Fate molta attenzione, però, a non confonderlo con il falso zafferano, che è molto pericoloso: una delle differenze sta nel numero dei pistilli, come vi avevamo già spiegato. Insomma, non è tutto crocus sativus quello che luccica!

zafferano fiore

In secondo luogo, diffidate poi delledi fronte a tonalità cromatiche troppo accese o dei sapori molto forti: lo zafferano, quello vero e puro, è una sfumatura nel piatto, che colora di un giallo tenue e ha un gusto delicato; spesso, anche grandi chef, utilizzano le bustine e poi decorano con qualche pistillo, facendovi credere di aver utilizzato solo quelli, ma non può essere così.

Dunque, per evitare contaminazioni, comprate sempre zafferano in pistilli e non le bustine che trovate al supermercato, che di crocus sativus hanno ben poco, ma sono più un insieme di coloranti e conservanti che rilascia quel colore acceso a cui siamo tanto affezionati, o meglio, assuefatti. E infine, ricordate: i pistilli vanno messi a bagno in acqua tiepida molte ore prima della preparazione del vostro piatto, anche 12, in modo che lo zafferano possa rilasciare tutto il suo aroma.

Ecco, ora siete pronti per intraprendere questo meraviglioso percorso alla ricerca di piccole produzioni di zafferano italiano e alla scoperta delle sue applicazioni in cucina, dalle più note a quelle meno conosciute.

Sardegna, San Gavino Monreale

Quella sarda è una delle più antiche coltivazioni di zafferano, in particolare nel comune di San Gavino Monreale, nel campidano medio, dove ogni novembre si festeggia la fine della raccolta. Oggi il paese è una meraviglia, poiché è stato completamento ricoperto di murales stupendi che ritraggono il crocus sativus e le varie fasi di produzione.


A differenza di altre tecniche, in Sardegna si utilizza ancora un metodo di essiccazione tradizionale: una volta raccolti i fiori e separati gli stimmi, questi vengono bagnati con una piccola quantità di olio d’oliva, meno di metà di un cucchiaino da caffè ogni 100 grammi, per evitare che diventino troppo aridi. In seguito vengono stesi su degli assi o dei ripiani di legno ed esposti al sole, dove il calore li porta a un’essicazione lenta, costante e progressiva, a differenza di altri metodi più violenti e moderni, come il forno.

Nella cucina sarda questa spezia è molto presente, in particolare nella zona interna: dal coccòi cun ou, un pane che si prepara per Pasqua con un uovo incastonato e zafferano, al brodu de petza, ovvero il brodo di gallina allo zafferano, è utilizzato anche per molte preparazioni, compresi primi e secondi piatti, in particolare a base di carne, perché ricordiamo che la Sardegna, prima di essere acqua e mare, è soprattutto terra.

Valle d’Aosta, ai piedi del Monte Bianco

L’avreste mai detto che lo zafferano cresce anche ai piedi del Monte Bianco? A provarci e riuscirci è stato Diego Bovard, consulente agronomo che si occupa di progetti di sviluppo sul territorio e che oggi si definisce anche un “minuscolo produttore di zafferano” a Morgex, vicino Courmayeur. “Tutto è cominciato con un testo ottocentesco dell’Abbé Henry, prete, scalatore e botanico di Courmayeur: tra le piante rare e preziose della Valle d’Aosta, scriveva, c’era anche lo zafferano. Lo coltivavano a La Salle, sempre vicino a Courmayeur. Così mi sono detto, perché non provarci anche io?”

Oggi in Valle d’Aosta è utilizzato soprattutto nei dolci e nei formaggi, anche se il suo consumo non è ancora largamente diffuso nella regione. Ma è solo una questione di tempo!

Abruzzo, la Piana di Navelli

Insieme alla Sardegna, è l’Abruzzo l’altra regione nota in Italia per la produzione di zafferano, in particolare nella Piana di Navelli, in provincia de L’Aquila. Qui si coltiva almeno da inizio Novecento lo Zafferano dell’Aquila, oggi marchio DOP, tant’è che la maggior parte acquista proprio qui i bulbi; c’è anche l’Associazione Le Vie dello Zafferano, che da qualche anno organizza la manifestazione “Raccogli, conosci e degusta”, per insegnare tutto sullo zafferano ad appassionati o aspiranti produttori.

Una delle aziende storiche che la organizza è Il Podere de’ Monaci di Prata d’Ansidonia, di Ettore Gentile e sua madre, una coppia davvero infallibile: lui pianta, raccoglie e vende, mentre lei si occupa della mondatura e della essicazione, per poi confezionare. Come vi aveva già raccontato il nostro Giovanni Angelucci in occasione dei piatti abruzzesi da provare tra mare e monti, lungo la Piana di Navelli ci sono una serie di ristorantini dove gustarlo, soprattutto in primi piatti, come la pasta con salsiccia, ricotta e zafferano del Pub Ristorante Pizzeria Settefonti.

Liguria, Triora e Badalucco

In Liguria lo zafferano si produce a Triora, insieme al pane delle streghe, di cui vi avevamo già parlato. La coltivazione dello Zafferano di Triora risale a tempi lontani, come testimoniano antichi statuti del Trecento; poi nel tempo fu abbandonato, finché una piccola realtà familiare, l’agriturismo Il Poggio di Maro a Badalucco, non ha deciso di ridare vita a questa produzione.

Come sempre, quello ligure non è un territorio facile: oltre alle frequenti piogge con conseguenti frane, non ci sono grandi distese di appezzamenti disponibili come in altre regioni, e in più i terreni sono spesso scoscesi. Ma una volta superati gli ostacoli, i prodotti della Liguria hanno sempre qualcosa in più: forse, sarà perché frutto di una piccola striscia di terra che i suoi abitanti cercano a fatica di valorizzare sempre al meglio.

Campania, Cilento

In Campania è ancora una volta il Cilento, patria della dieta mediterranea e riserva biosfera, a dare prodotti unici di una qualità eccelsa e indistinguibile, come ad esempio il Pomodorino di Rofrano, il cui marchio di garanzia è dato prima di tutto dal terreno, dal particolare clima. Hanno iniziato a Gioi, con lo Zafferano del Cilento e hanno continuato a Caselle in Pittari, con la piccola azienda di Luigi Loguercio Zafferano in Pittari. Eppure, in cucina è ancora poco utilizzato, poiché non fa parte della cultura alimentare locale; ma è solo una questione di (poco) tempo, perché basta un attimo per accorgersi di quanto anche l’ultimo prodotto arrivato sia degno di questo territorio.

Friuli Venezia Giulia, San Quirino

Quello che Walter Zamuner è riuscito a creare con lo zafferano è davvero una rivoluzione, una di quelle belle storie da conoscere e raccontare. Walter è stato il primo a produrre zafferano in Friuli, ma subito dopo di lui hanno iniziato a nascere altre aziende. Così, ha deciso di unire tutti i produttori, ad oggi quasi una decina, e fondare lo Zafferano del Friuli, ormai a pieno titolo tra le eccellenze della regione. Oggi lo vendono allo stesso prezzo, ad alti standard qualitativi, senza alcun tipo di concorrenza. E sembra fatto apposta per un piatto locale come l’orzotto! Inoltre, l’azienda di Walter lo utilizza anche per la preparazione di deliziosi cioccolatini.

Calabria: dal Pollino alla Sila fino a Reggio

Una terra aspra e feconda come quella calabrese non poteva di certo esimersi dalla produzione di questa spezia, soprattutto nell’ultimo periodo. Infatti, è di recente che sono nate piccole realtà qua e là, sparse in un territorio che coltivava zafferano già in epoca greco-romano. Oggi lo ritroviamo nel Parco Nazionale del Pollino, definito il polmone verde d’Europa; a Motta San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria, con aziende quali Orfei o Mallamaci; sulla Sila, dove a Castiglione Cosentino due sorelle, Maria Concetta e Benedetta Linardi, hanno dato vita all’azienda “Zafferano del Re” sui terreni di famiglia; e nella Piana di Sibari, dove si produce insieme a clementine, kiwi e riso. E infatti, uno degli abbinamenti migliori in cucina è proprio il riso di Sibari con il suo zafferano.

Umbria, Cascia

Ci sono scritti che testimoniano la presenza dello zafferano a Cascia fin dagli inizi del 1600. In seguito, la coltura è scomparsa, finché nel 1999 un gruppo di agricoltori, affascinati dalla storia di questa spezia e aiutati da tecnici e ricercatori, ha cominciato a piantare i primi bulbi. Il successo è stato abbastanza immediato: lo zafferano di Cascia è stato riconosciuto tra i prodotti agroalimentari tradizionali dell’Umbria e nel 2001 è nata l’Associazione dello Zafferano Purissimo dell’Umbria. Il marchio ricopre l’area del comune di Cascia e di tutti i territori della Valnerina, Valle Umbra e Valtopina.

Le ricette umbre di questa zona a base di zafferano sono principalmente tre: la minestra di farro e zafferano (la spezia è aggiunta a metà cottura); la ricotta speziata allo zafferano con zucchero e marsala, che può essere utilizzata anche per farcire altri dolci quali cannoli, torte o crostate; un liquore delizioso allo zafferano.

Sicilia, dall’Etna a Agrigento

Sarà ancora una volta l’influenza araba, come vi avevamo raccontato in occasione di cibo e migrazioni, ma in Sicilia lo zafferano, ingrediente di matrice nordafricana, si coltiva e si usa molto più di quel che si pensa. Anche qui le aziende sono aumentate negli ultimi anni, dallo Zafferano di Agrigento a quello dell’Etna, dove il terreno è particolarmente vocato alla sua produzione. Nell’entroterra, proprio nel centro della regione, vicino a Piazza Armerina, c’è l’Officina AgroCulturale Cafeci, dove una giovane coppia, Carmen Menzo e Michele Bianchi, coltivano uno zafferano di altissima qualità. “Lo zafferano fa benissimo all’umore, forse perché è il colore della felicità?” si chiede Carmen. “Comunque noi lo utilizziamo ovunque in cucina, perché sta bene in qualsiasi piatto, da paste e risotti a biscotti, torte, creme, yogurt… Ed effettivamente siamo felici!”

Trentino-Alto Adige, Val di Ledro

Anche in Trentino non manca il nostro crocus: Silvia Cis ha trovato il clima ideale in Val di Ledro, tra i monti a 700 metri di altezza e l’aria del Lago di Garda, a pochi chilometri di distanza. Così, dopo alcuni studi in Abruzzo, ha aperto la sua piccola azienda agricola Pinabel a Bezzecca di Ledro, in provincia di Trento, con zafferano certificato bio.

Molise, Riccia e Campodipietra

In Molise è stata una piccola azienda familiare a coltivare per la prima volta lo Zafferano Molisano: Franco e Nicola Di Iorio, nei terreni tra Riccia e Campodipietra. La presenza dello zafferano in questa regione è legata in particolare a un piatto della tradizione: la scapece di pesce alla molisana, da non confondere con altre. Qui il pesce utilizzato, solitamente, è la razza, oppure le seppie, i calamari o il pesce palombo, a seconda della disponibilità; poi viene tagliato, infarinato, fritto e messo a marinare insieme a due ingredienti: l’aceto, che è fondamentale, come vi avevamo raccontato nell’approfondimento sulle marinature e lo zafferano appunto. La scapece di pesce viene generalmente venduta durante i mercati e le fiere, tradizionalmente in occasione di alcune festività.

Marche, dal Montefeltro a Matelica fino al Piceno

È stata una milanese, Silvia, a dare vita allo Zafferano del Montefeltro, un solido punto di riferimento per i produttori o gli aspiranti tali, che qui vengono sia per comprare bulbi, sia per corsi di formazione sul crocus. Ma nel Montefeltro non è più l’unica: sono nate nuove realtà, come quella di Luca Gambini dell’Agriturismo Cà Cecchino di Sassocorvaro, un luogo unico, dove si respira perfettamente il territorio del Montefeltro.

Andando verso sud, la zafferanomania non si arresta: dalla produzione di Matelica fino allo Zafferano del Piceno, che lo impiega anche nei biscotti allo zafferano puro in pistilli e nella nota Anisetta Rosati Superfine con puri pistilli di zafferano.

Piemonte

Lo zafferano piemontese si produce soprattutto sulle colline del Monferrato, coltivato da piccole aziende quali quella familiare Brusoni Gian Marco, sul confine tra la Provincia di Alessandria e quella di Asti o l’Azienda Agricola Corda Paolo nell’ astigiano, nata perché si è fortemente voluto riportare in Piemonte questa antica spezia. Ma in realtà c’è anche una nuova sede del nostro crocus: Caraglio, ora non più nota solo per la produzione di aglio!

Lazio

Insieme a lamponi e lavanda, anche lo zafferano viene da quella meraviglia di territorio che sono i Monti Cimini, in provincia di Viterbo, nella Tuscia. Oltre a Biozafferano di Caprarola, è appena nata una nuova azienda della giovane Valentina Tescari, esperta anche di foraging, che produce il crocus nei campi tra Bagnaia e Vitorchiano, sotto il Monte San Valentino.

Nella cucina viterbese lo zafferano si utilizza principalmente per un prodotto tipico del periodo natalizio: il pan giallo, giallo proprio a causa della colorazione della spezia. Ricordiamo che Viterbo è la città dei Papi, che ne andavano ghiotti, e che ai tempi utilizzavano la spezia anche per tingere.

Andando più a sud, verso la capitale, nella bassa Tuscia, si distingue l’azienda biologica Zafne di Olivia Labate: è questo lo zafferano davvero supremo di Nepi.

Veneto, dal bellunese ai Colli Euganei

Nel 2016, 60 produttori di zafferano in provincia di Belluno, tra Valbelluna, Feltrino, Agordino, Val di Zoldo e Cadore, si sono uniti nel progetto Zafferano Dolomiti. Pare che il crocus fosse già presente in Veneto fin dai tempi della Repubblica di Venezia, quando i bulbi venivano portati dai commercianti di ritorno dai viaggi in Medio Oriente, insieme al caffè. Effettivamente il territorio bellunese si presta particolarmente a questa coltura, per la forte escursione termica tra il giorno e la notte, che giova molto allo zafferano. Ma anche nella zona del Parco regionale dei Colli Euganei, in provincia di Padova, stanno nascendo nuove produzioni.

Basilicata, da Muro Lucano a Tricarico

A confermare un recente e diffuso interesse nei confronti dello zafferano, nel 2016 è nata la Cooperativa agricola Basilicata Zafferano per iniziativa di dodici produttori, che operano in provincia di Potenza e Matera, in particolare nei comuni di Muro Lucano, Castelgrande, Acerenza, Anzi, Satriano di Lucania, Tricarico. La Cooperativa è nata con lo scopo di valorizzare e diffondere la coltivazione dello zafferano lucano, nella profonda convinzione che solo l’unione possa costituire la loro forza, anche per ottimizzare i processi produttivi e aumentare la qualità. La Cooperativa collabora anche con la facoltà di Agraria dell’Università di Basilicata, che negli ultimi 3 anni ha testato il prodotto su dei campi sperimentali.

Anche qui in cucina, non è ancora molto utilizzato, poiché non fa parte della tradizione alimentare dei piatti lucani; ma di certo, il passo sarà breve e senza dubbio questa spezie conquisterà anche le tavole e i ristoranti della Basilicata!

Emilia-Romagna, Ventasso

Già nel diciottesimo secolo la coltivazione di zafferano era presente in questa regione, come testimoniano scritti di ordini religiosi dell’epoca. Poi la carestia del 1765 portò al suo abbandono, per lasciar posto ad altri prodotti. A distanza di due secoli, a partire dagli anni Novanta, anche l’Emilia-Romagna non rimane indenne alla generale zafferanomania che si diffonde in Italia. Così, iniziano a nascere piccole coltivazioni sia in Emilia, da Rottofreno vicino a Piacenza all’alta Valmarecchia fino Casola di Montefiorino in provincia di Modena; sia in Romagna dalle colline di Faenza, fino a Bagnara di Romagna. Nel 2011 è la volta dell’Associazione Zafferano del Ventasso, che unisce produttori di zafferano di montagna sull’Appennino Reggiano, nel comune di Ramiseto, alle pendici del monte Ventasso.

Puglia, da Foggia al Salento

Anche in Puglia si è tornati a coltivare zafferano, e non più solo olio, da Foggia fino al Salento, passando per la Murgia, dove ad esempio nel 2015, è nata l’azienda Zafferano di Puglia per valorizzare la produzione del territorio. In passato questa coltura era molto diffusa, soprattutto sul versante jonico, dove pare si tenesse anche un mercato annuale in suo onore.

Lombardia, da Milano a Brescia fino a Monteisola

Nella patria del risotto alla milanese non poteva mancare lo zafferano, anche se in realtà vi avevamo già raccontato che le origini di questo piatto non sono da ricercarsi nella disponibilità locale della spezia. Infatti, questo abbinamento risale a una leggenda del 1574, quando il pittore Mastro Valerio di Fiandra, usando lo zafferano per dipingere le vetrate del Duomo, decise buttarlo nel riso, non si sa se per scherzo o per dare nobiltà e colore, durante il matrimonio della figlia. Da quel giorno il sodalizio alimentare divenne indivisibile, tanto da trasformarsi in un simbolo di Milano.

Oggi non mancano le aziende che lo producono: da Zafferanza in Brianza a Zafferanami, a Varedo, in provincia di Monza e Brianza fino a Bergamo, dove Luisa e Giuseppe do Ol Sofrà hanno messo su una piccola realtà di produzione di zafferano di altissima qualità. Anche in provincia di Brescia, c’è Al Muràs della famiglia Grazioli, ai piedi del castello di Pozzolengo, paese immerso nelle colline Moreniche che formano un anfiteatro naturale ai piedi del Lago di Garda. Ma, ennesima dimostrazione della sua capacità di adattarsi ai territori, c’è anche lo zafferano di lago, a Monteisola.

Toscana, San Gimignano e Lucca

Il più noto zafferano toscano è quello di San Gimignano DOP, con una produzione consentita solo nel territorio comunale. Eppure, non mancano altri esperimenti degni di nota anche nel resto della regione, come ad esempio Clesia in provincia di Lucca, a Porcari, che oltre a vendere i bulbi, ha unito i pistilli alla loro produzione storica di miele, per un prodotto davvero eccezionale.

Per produrre all’incirca un chilo di zafferano sono necessarie almeno 500 ore di lavoro manuale. Allora, non è forse questa una coltura che più di altre ci ricorda quanto la presenza umana, per fortuna, in alcuni casi, possa ancora fare la differenza? Per tutti questi motivi, se conoscete altre aziende o altre zone di produzione, non esitate a segnalarcele: saremo lieti di continuare il nostro viaggio in questo favoloso mondo dello zafferano in Italia.

 

Tutte le foto sono di Giulia Ubaldi.

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