A riaccendere l’attenzione sul caso dell’inquinamento da PFAS e altri PFC è Greenpeace, con un recente Rapporto sugli effetti di composti chimici pericolosi in 4 aree del mondo, tra cui il Veneto. La presenza in acque sotterranee, superficiali e potabili di sostanze perfluoroalchiliche, che interessa nel nostro paese una fascia di circa 150 chilometri quadrati lungo le province di Verona, Vicenza e Padova, era stata segnalata a partire dal 2013, in seguito ad alcune ricerche sperimentali su potenziali inquinanti effettuate su incarico del Ministero della salute. Da allora la Regione ha attivato una serie di interventi e di monitoraggi costanti sul territorio, ma il problema non pare ancora del tutto sotto controllo.
Dito puntato sulle aziende che impiegano PFC
L’organizzazione ambientalista punta ora il dito contro le aziende che utilizzano PFC. Oltre al Veneto, Greenpeace segnala la valle del Mid-Ohio negli Stati Uniti, la zona di Dordrecht in Olanda e la provincia di Shandong in Cina. Le aree vicine agli impianti chimici di produzione di queste sostanze, impiegate in numerosi processi industriali per via delle loro proprietà chimiche uniche, come la repellenza ad acque ed olii e l’elevata stabilità termica e chimica, rivelano altissimi livelli di contaminazione. Ad essere a rischio in Veneto, secondo il Rapporto, sarebbe una popolazione di 350-400mila persone.
Abbiamo chiesto a Sara Bogialli, professore di Chimica Analitica presso l’Università di Padova, di spiegarci cosa sono queste sostanze e che danni arrecano all’ambiente e all’uomo.
PFC, PFAS, PFOS, PTFE… cosa sono?
PFC (Perfluorinated compounds) e PFAS (Perfluorinated alkylated substances) sono due modi diversi di chiamare categorie di composti perfluoroalchilici. Diciamo che è stato adottato il termine PFAS dopo che ci si è resi conto che le sostanze accomunate dalle stesse caratteristiche chimico-fisiche erano tante, anche diverse da quelle descritte dai loro capostipiti (PFOS e PFOA). Il PTFE (Polytetrafluoroethylene) è la sigla del teflon, materiale polimerico molto utilizzato in tantissimi campi. Come molti altri materiali industriali, il teflon ha sicuramente residui di PFAS. È uno dei motivi per cui queste sostanze, a livello di tracce, si trovano un po’ dappertutto.
Da dove provengono queste sostanze e come si riversano nell’acqua?
Si tratta di sostanze industrialmente molto interessanti, perché sono resistenti chimicamente e fisicamente (resistono alle alte temperature e all’ossidazione, ad esempio) e in più hanno caratteristiche sia lipofile, sia idrofile. Questo vuol dire che sono molto versatili per tutti gli utilizzi da idrorepellenti o antigrasso (goretex, rivestimenti dei cartoni per la pizza, isolanti, etc). Sono spesso impiegati nell’industria dei circuiti elettrici, delle schiume antincendio e dei sensori, per fare solo qualche esempio. Ci sono indicazioni da tempo per eliminare gradualmente PFOS e PFOA (i due più conosciuti), ma il PFOS attualmente non ha un’alternativa valida per tutte le applicazioni industriali.
Danni all’ambiente e rischi per la catena alimentare
Nell’ambiente sono ubiquitari a bassissime concentrazioni, vuol dire che sono un po’ dappertutto, proprio per le loro caratteristiche di versatilità e inerzia. La differenza la fa però la concentrazione a cui possono essere presenti. Non è quindi facile rispondere a questa domanda. Molti si stanno occupando di definire gli effetti tossici di queste sostanze. Evidentemente non è così banale e solo negli ultimi tre anni le valutazioni si stanno traducendo in legislazione. Di certo nella legislazione europea c’è uno standard di qualità ambientale per le acque superficiali e sotterranee: è un limite di concentrazione massimo considerato obiettivo di buona qualità. Evidentemente sono riconosciuti effetti tossici nocivi per l’ecosistema. I livelli sono dell’ordine dei ng/L (nanogrammi/litro). Per dare un’idea, corrisponde più o meno ad una bustina di zucchero in 3 miliardi di litri d’acqua (circa 1200 piscine olimpioniche). Difficile anche da poter misurare! Date le caratteristiche descritte sopra, possono accumularsi nella catena alimentare. Certo, non abbiamo ancora indicazioni definitive sui livelli di concentrazione che potrebbero essere importanti ai fini tossicologici.
Quali i danni sull’uomo?
Per quanto riguarda la salute umana, il più grosso studio pubblicato in seguito ad una contaminazione a concentrazioni importanti negli USA ha indicato alcune associazioni statistiche significative (cioè un aumento del rischio) con disfunzioni metaboliche (colesterolo, livelli di glucosio, pressione alta), renali e della tiroide. Possibili aumenti dei casi di tumori (testicolo e rene) riguarderebbero solo soggetti iper-esposti per ragioni professionali, come i lavoratori coinvolti. Però, e questo è importante prima di arrivare alla conclusione scientifica e dell’iter legislativo, non sono state ancora dimostrate relazioni causa-effetto e dose-risposta.
Che rischi corre in particolare la popolazione nelle zone interessate?
Nel caso del Veneto, una sorgente di contaminazione da reflui industriali che hanno contaminato la falda acquifera è stata individuata quando ancora non c’erano limiti di legge né indicazioni (2013). Da allora, appena si è avuto un rapporto ufficiale, è iniziato un percorso di interventi in emergenza. In sei mesi sono stati attuati i controlli da parte della Regione e nel 2014 si sono ottenuti dei valori-obiettivo per le acque potabili dal Ministero dell’Ambiente su proposta dell’Istituto Superiore di Sanità. Nell’emergenza, in mancanza di valori limite, si è utilizzato un approccio conservativo, più tutelante per la salute rispetto ai valori riportati dall’EFSA (l’Ente europeo per la sicurezza alimentare). Sono state adottate misure di mitigazione del rischio (nella fattispecie filtri a carbone attivo e utilizzo di fonti di acqua alternative erano le uniche soluzioni fattibili) e, a distanza di un anno, quasi tutte le frazioni interessate hanno avuto acqua distribuita con valori più bassi di quelli obiettivo.
Quali studi sono stati avviati per valutare possibili ricadute sulla salute?
Per quanto detto prima, è difficile scrivere nero su bianco che danni ci sono o ci saranno per la popolazione. Sono stati consultati tutti gli strumenti a disposizione della sorveglianza epidemiologica per verificare eventuali anomalie nelle incidenze statistiche di malattie. Attualmente viene monitorato, in progressione, tutto dell’ambiente e della catena alimentare. Ottantamila persone, tra quelle maggiormente esposte, sembra saranno “prese in carico” dal sistema sanitario della Regione Veneto per valutare possibili ricadute sulla salute umana. È chiaro che si tratterà di un caso studio, proprio perché ancora nulla di definitivo è stato detto sulla questione PFAS a livello mondiale. Ci sono molti studi in corso o ancora da interpretare.
Meglio nel frattempo non bere l’acqua dal rubinetto?
Per gli abitanti del luogo purtroppo l’esposizione potenzialmente pericolosa c’è stata in passato, prima degli interventi. Ora è sotto controllo, i livelli si abbasseranno gradualmente. Certo, come fonte alternativa i pozzi privati sono da evitare, mentre acque minerali possono essere preferibili a patto che non abbiano sorgenti nelle stesse falde acquifere.
Consigliere Guarda: un censimento di tutti gli scarichi
Rimane da capire quali aziende hanno provocato (o stanno ancora provocando) lo sversamento di alte concentrazioni di PFAS nelle acque dell’area interessata. Pochi giorni fa il Consiglio Regionale ha approvato una mozione per un censimento di tutti gli scarichi nei corpi idrici contenenti sostanze per perfluoroalchiliche. In questi due anni molti privati hanno dovuto chiudere i pozzi e pagare di tasca propria per effettuare i controlli imposti dalla Regione, mentre ancora non si conoscono i veri responsabili. “Analizzare le acque di tutti gli scarichi del territorio contaminato serve ad avere una fotografia chiara della situazione anche del comparto industriale che contribuisce all’inquinamento”, ha dichiarato Cristina Guarda, firmataria del provvedimento.
Per un approfondimento sui risultati dei monitoraggi svolti finora, leggi anche Emergenza PFAS Veneto, acqua contaminata in 60 comuni.