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10 varietà di lenticchie tutte italiane

Lo sapevate che le lenticchie sono il legume più antico coltivato dall’uomo sin dal 7000 a.C? E ce ne sono davvero di tutti i colori: da quelle gialle molto presenti nella cucina indiana e cingalese, a quelle nere, rosse, verdi e arancioni, fino alle più note marroni. A seconda della tipologia, si seminano tra autunno e inverno e si raccolgono durante il periodo estivo, anche se, come avrete visto, sono disponibili essiccate durante tutto l’anno. Eppure, le consumiamo sempre troppo poco, quando invece dovrebbero costituire un alimento privilegiato nella nostra dieta, perché povere di grassi, ricche di fibre e di proteine. Ancor più se abbinate ai cereali in piatti come riso e lenticchie finiscono per avere una composizione di aminoacidi pari a quella della carne.
Infatti, vengono chiamate anche “la carne dei poveri”; solo che, a differenza di quest’ultima, le lenticchie e i legumi in generale sono più sostenibili dal punto di vista ambientale perché necessitano di meno risorse naturali per crescere, tant’è che il 2016 è stato l’anno internazionale dedicato a loro. Insomma, ci è sembrato che ci fossero motivi a sufficienza per parlare delle varietà di lenticchie che abbiamo scoperto in Italia.

Varietà di lenticchie:  un grande patrimonio italiano

lenticchie italiane

Prima di iniziare l’esplorazione di questo mondo leguminoso, ci sono altri tre motivi per cui abbiamo ritenuto fosse importante conoscere bene le lenticchie e i loro tipi:

Dunque, non ci resta che conoscere e poi promuovere la salvaguardia dei nostri legumi locali, a partire dalle lenticchie, in modo che ognuno nel suo piccolo possa evitare costi di trasbordo inutili e fare una scelta più consapevole e sostenibile.  

E ora che la nostra scoperta della varietà di lenticchie abbia inizio.

1. La gloriosa lenticchia dei Papi

La chiamano così perché pare che papa Pio IX, dopo la perdita del potere temporale, si sia consolato con un piatto di lenticchie Onanesi che gli portò il cardinale Prospero Caterini da Onano, in provincia di Viterbo. Questa lenticchia, tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani, è tra le più antiche, con un passato glorioso e documentato: infatti, già uno statuto del 1561 prevedeva sanzioni per chi veniva sorpreso a danneggiare o a rubare leguminose. All’inizio del Novecento, invece, la troviamo protagonista di grandi esposizioni, da Roma, Parigi e Londra, fino a Buenos Aires; sarà perché cresce da sempre nei terreni che le sono più congeniali, ovvero quelli vulcanici, sabbiosi e leggeri?

2. La lenticchia incontaminata di Rascino

In provincia di Rieti, sul confine abruzzese, c’è un altopiano carsico, isolato e incontaminato ideale per la coltivazione di legumi: l’altopiano di Rascino. Qui si producono da sempre lenticchie, insieme a farro e biancòla, una varietà locale di grano tenero, favoriti anche dalla presenza di una sorgente importante, ovvero quella che origina l’acquedotto di Peschiera, una delle maggiori risorse idriche di Roma. In questa zona i pastori transumanti coltivavano sempre un po’ di lenticchie durante l’estate, poiché lo ritenevano l’alimento più nutriente e facile da conservare. A volte lo preparavano nel latte, soprattutto per i più deboli o gli ammalati; curioso che la stessa tipologia di cottura nel latte sia ancora oggi molto utilizzata in Sri Lanka con le lenticchie gialle.

3. La deliziosa lenticchia di Santo Stefano Di Sessanio

In questo incredibile e indimenticabile paese, per me il più bello di tutta Italia, crescono persino lenticchie. Siamo a Santo Stefano di Sessanio, sull’altopiano del Gran Sasso, dove questo legume, oggi Presidio Slow Food, si distingue per la forma minuta, il colore scuro marrone violaceo e la modalità di cottura direttamente in acqua fredda senza ammollo.

La loro esistenza compare già in documenti monastici del 998: pare che qui abbiano trovato il loro habitat ideale, fatto di inverni lunghi e rigidi, e di primavere brevi e fresche. Per gustare le lenticchie in quella che resta sempre la loro forma più essenziale, ovvero la zuppa, c’è il Ristoro degli Elfi, proprio nel borgo. Per acquistarle, invece, c’è l’Azienda Agricola Santavicca di Barisciano, immersa nel Parco Nazionale del Gran Sasso, in provincia de L’Aquila. Ma questa è solo una delle tante piccole realtà familiari che nella zona si dedica da anni alla coltivazione di lenticchie.

4. La lenticchia storica di Ventotene

Non è il solo, ma di certo la lenticchia di Ventotene è un buon motivo per visitare quest’isola stupenda. Appena giunti nel piccolo porto, verrete accolti da vari produttori che vi proporranno sacchetti colmi di piccolissime lenticchie; ma attenzione, prima di prenderle e correre a cucinarle, prendetevi del tempo e fermatevi ad ascoltare le storie che hanno da raccontarvi. Questo è il vero prodotto dell’isola, di qualità inestimabile, con proprietà organolettiche uniche, ma soprattutto avvolto da un’infinità di aneddoti curiosi. E poi godetevi una passeggiata tra i campi di lenticchie affacciati sul mare!

5. La lenticchia più piccola d’Italia

Evidentemente le isole sono luoghi particolarmente votati per la coltivazione di questo legume, visto che anche a Ustica si coltiva una lenticchia eccezionale. È la più piccola d’Italia, di colore marrone scuro con sfumature verdoline, coltivata da sempre sui terreni lavici e fertili di questa piccola isola. Qui si seminano a gennaio e si raccolgono a giugno, quando le piantine sono secche e vengono ammucchiate in covoni nell’aia in attesa della trebbiatura.

Fino a poco tempo fa questa operazione si faceva ancora come una volta, ovvero si utilizzavano gli asini per calpestare le piantine con grosse pietre e con un tridente si lanciavano in aria in modo che il vento separasse la paglia dalle lenticchie. Con la nascita del Presidio Slow Food è stata introdotta sull’isola la trebbia che rende l’operazione più comoda e funzionale, senza cambiare lo stesso risultato: le lenticchie sono sempre ottime, tenere e saporite, pronte in poco tempo senza bisogno dell’ammollo. Come? Nel piatto dell’isola, gli spaghetti spezzati con lenticchie o in una semplice zuppa solo con olio extravergine d’oliva.

6. La lenticchia policroma di Mormanno

Nel polmone verde d’Europa, il Pollino, anche Parco Nazionale Protetto più grande d’Italia, è notevole l’impegno che stanno mettendo nella salvaguardia e nella promozione di questa lenticchia, più precisamente sull’altopiano Mormanno. Qui si coltiva da sempre questa varietà calabrese di lenticchia a seme piccolo e policromo, ovvero verde, rosa e beige, consumata tradizionalmente nel piatto povero per eccellenza: la zuppa. Basta far soffriggere uno spicchio d’aglio con un po’ di peperoncino (siamo pur sempre in Calabria!) in olio extravergine d’oliva, poi unire direttamente le lenticchie e continuare ad aggiungere acqua fino alla cottura. E infine servire con crostini di pane e un filo d’olio a crudo.

7. La celebre lenticchia di Castelluccio di Norcia IGP

Non ha bisogno di presentazioni, poiché la sua fama la precede, anche solo per il territorio in cui cresce. È la lenticchia della piana di Castelluccio di Norcia, in Umbria, una delle più suggestiva d’Italia, ricoperta di neve d’inverno e piena di fiori dai mille colori d’estate. Qui, la coltivazione di lenticchie assume sfumature epiche e leggendarie, date dai contorni naturali di questa area. La tecnica utilizzata è quella tradizionale da centinaia di anni, con aratura all’inizio di primavera e semina da marzo a maggio. Anche grazie alla loro buccia tenera e sottile, sono tra le più digeribili in commercio, oggi con certificazione di Indicazione Geografica Protetta.

8. La lenticchia verde e gigante Altamura

Abbiamo davvero rischiato di avere solo il pane di Altamura e di perdere la sua lenticchia verde gigante; invece oggi è ancora tra noi, anche grazie al Ministero per le Politiche Agricole e Forestali che di recente l’ha inserita tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Infatti, le lenticchie di dimensioni maggiori hanno subito un arresto anche perché è aumentato il consumo di lenticchie a seme piccolo, favorite da un minor tempo di cottura.

Tra quelle da riscoprire, la lenticchia verde di Altamura viene chiamata anche “lenticchia gigante”, perchè è la più grande di tutte; molto diffusa anche in Salento, si consuma principalmente come contorno, perché mantiene una consistenza molto compatta.

9. La grande lenticchia ferrosa di Villalba

Come quella di Altamura, appartiene alla varietà a seme grande, infatti ha vissuto la stessa crisi di produzione. Il periodo più florido di questa lenticchia è stato tra gli anni 40 e 50, quando circa il 30% della produzione italiana arrivava proprio da questo paese in provincia di Caltanissetta. Era particolarmente ricercata perché in quel periodo si preferivano le lenticchie grandi, ma anche per le sue caratteristiche organolettiche; le stesse che oggi hanno fatto sì che la sua coltivazione venisse ripresa, visto quanto emerso dalle analisi: la lenticchia di Villalba ha il livello più alto di ferro e proteine, unito a un basso tenore in fosforo e potassio.

10. Le lenticchie rosse del Montefeltro

Come tutto quello che viene prodotto in questa terra, anche le lenticchie sono una grande soddisfazione. Infatti, i legumi di Montefeltro si stanno facendo strada, con sempre più aziende produttrici impegnate nel recupero di varietà antiche. È il caso delle lenticchie rosse di San Sisto, un po’ più grandi del solito, già presenti nell’area feretrana al tempo dei romani come “lenticule” tra monasteri e abbazie. Anche lei non ha bisogno di ammollo e sta benissimo in un bel piatto di maltagliati.

Ora non vi resta che scegliere le vostre varietà preferite e poi provare dieci ricette originali con le lenticchie! Qualsiasi sia il risultato, saprete di aver fatto una buona scelta, sia per voi che in generale per l’ambiente.

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