La sostenibilità è un concetto centrale nella vita quotidiana e d’impresa in Italia e in Europa oggi. Definita come la convergenza tra fattori ambientali, economici e sociali capaci di favorire un trattamento equo del pianeta e dell’ecosistema, dare concretezza a questo elemento significa compiere azioni per ridurre e arginare pratiche consolidate ma dannose. Gli sprechi alimentari, che avvengono sia lungo la filiera sia nelle case private, sono un perfetto esempio di ambito nel quale le scelte orientate al benessere individuale e collettivo possono fare la differenza. Ciò, in particolare, è rilevante poiché è un problema diffuso su scala globale. Lo conferma il Food Waste Index Report 2021 dell’UNEP, il programma delle Nazioni Unite dedicato all’ambiente. Scopriamo quali sono i principali risultati emersi dall’analisi.
Spreco alimentare nel mondo: il Food Waste Index Report 2021
L’UNEP, acronimo per United Nations Environment Programme, monitora da anni l’evoluzione di pratiche e azioni che danneggiano l’ambiente a livello mondiale ed elabora, ogni anno, un rapporto che fotografa la situazione. Presentato ad aprile 2021, il Food Waste Index Report è dedicato, in particolare, all’analisi dell’impatto dello spreco alimentare sull’ecosistema e i dati, secondo l’UNEP, sono preoccupanti.
Si stima, infatti, che una percentuale tra l’8 e il 10% delle emissioni di gas serra su scala globale siano dovute proprio al cibo che non viene consumato. Il che significa, come ha evidenziato Inger Andersen, Executive Director dell’UNEP in occasione della presentazione, che “se la perdita e lo spreco alimentare fossero un Paese, sarebbe la terza più grande fonte di emissioni di gas serra”.
L’UNEP aggiunge che il reale impatto del cibo prodotto e buttato non è ancora stato compreso e osservato nella sua totalità. Tuttavia, è comprovato che implica un impatto negativo in termini economici, sociali e ambientali, esattamente i tre elementi che, al contrario, permettono di definire la sostenibilità.
Quanto cibo si spreca nel mondo?
I principali dati raccolti dall’UNEP stimano che, nel 2019, sono state generate circa 931 milioni di tonnellate di spreco alimentare, del quale il 61% avviene tra le mura domestiche, il 26% lungo la filiera e il 13% nelle rivendite. Ogni anno, in media, vengono buttati 121 kg di cibo pro capite. Comparando la quantità di cibo che non viene consumato con quanto ne viene prodotto, le Nazioni Unite suggeriscono che circa il 17% di quanto viene coltivato, finalizzato e venduto viene buttato. In termini produttivi, implica che circa 1,4 milioni di ettari di terreno coltivabile sono, di fatto, impiegati per coltivare alimenti che non verranno mai mangiati.
Questo aspetto, evidenzia ancora il Food Waste Index Report, permette di comprendere perché lo spreco alimentare intacchi anche la tutela della biodiversità e abbia un effetto sul cambiamento climatico, accelerando fattori e processi chiave.
Inoltre, a differenza di quanto si riteneva in precedenza, lo spreco alimentare è un problema che riguarda tutte le classi economico-sociali in tutti i Paesi, senza differenze significative. Tradizionalmente, infatti, si pensava che nei Paesi dove il reddito medio è più alto si buttasse più cibo a livello domestico, mentre in quelli in via di sviluppo e più poveri si generassero più eccedenze in fase di produzione e trasporto. Questa distinzione si è rivelata un falso mito e, anzi, secondo l’UNEP, proprio da questa omogeneità di attitudine allo spreco che bisogna ripartire per contrastare il fenomeno e raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dall’Agenda 2030.
[elementor-template id='142071']Agire contro gli sprechi alimentari: gli obiettivi secondo l’UNEP
La strategia per agire contro gli sprechi, secondo l’UNEP, deve partire da una raccolta di dati più approfondita e ricca. Ad oggi, infatti, ci sono Paesi e ambiti rispetto ai quali è complesso avere un quadro attendibile della situazione e, di conseguenza, realizzare dei programmi di azione.
Altrettanto importante è il grado di consapevolezza rispetto al fenomeno. Tra i Paesi più virtuosi in questo senso troviamo Australia e Austria, seguiti da Canada, Cina e Danimarca. Colpisce la presenza dell’Italia tra gli Stati dove è maggiore la sensibilità e l’attività di contrasto allo spreco alimentare nel settore del retail, merito anche della Legge Gadda del 2016.
Perché è importante raccogliere dati sullo spreco alimentare?
L’UNEP nel Food Waste Intex Report individua una metodologia che applicherà anche in futuro proprio per misurare lo spreco alimentare in tutti i Paesi delle Nazioni Unite che sono incoraggiati a iniziare a raccogliere i dati in maniera coerente. Ad esempio, suggerisce di distinguere, all’interno di ciò che viene buttato, il cibo che sarebbe ancora commestibile e quello che non lo è. “Capire la natura del problema aiuterà a disegnare le soluzioni: se l’obiettivo è ridurre lo spreco di alimenti edibili oppure trovarne di sostenibili, allora la strada è quella dei sistemi circolari”, si legge nel rapporto.
Dalle stime, infatti, questa distinzione segna una differenza significativa tra i Paesi ad alto reddito e gli altri. Nel primo gruppo, infatti, molto di quanto viene scartato potrebbe essere facilmente consumato, ed è per arginare questo fenomeno che sono nati progetti virtuosi come Too Good to Go, Squiseat o Bella Dentro. Al contrario, nei Paesi più poveri la maggior parte dello spreco alimentare domestico sembra legato alle tecniche di cottura e al fatto che in questo modo si generano rifiuti che non potrebbero essere ingeriti in sicurezza.
Questo elemento è cruciale, secondo l’UNEP, perché laddove è stato possibile definire con maggiore precisione non soltanto l’ammontare dello spreco, ma anche la tipologia, si sono osservati dei miglioramenti nei comportamenti.
Il messaggio, dunque, è molto chiaro: agire per assicurare il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dettati dall’Agenda 2030 richiede una presa di posizione forte e concreta sul tema degli sprechi alimentari. Una questione che chiama in causa tutti perché, nonostante la carenza di dati a disposizione, le Nazioni Unite evidenziano che si tratta di un problema globale diffuso a tutte le latitudini e che tocca tutte le fasce della popolazione.
Combatterlo significa cambiare paradigma in ogni frammento della filiera e, come spiegava il dottor Matteo Ferrari, applicare direttamente sul campo una declinazione concreta di ciò che significa ‘sostenibilità’ senza che resti una parola vuota. La lotta contro gli sprechi, infine, tocca ciascun cittadino nel momento in cui compie delle scelte alimentari: evitare di buttare il cibo, soprattutto se ancora commestibile, fare la spesa con attenzione e approfittare di app e piattaforme che permettono di far arrivare gli eccessi a chi ne ha bisogno.
Voi cosa fate per ridurre gli sprechi?