Il soldato giapponese che rifiuta di arrendersi decine di anni dopo la fine della seconda guerra mondiale è una forte metafora della resistenza a ogni costo, irrazionale ma un po’ romantica.
Gli Hiroo Onoda del TTIP
Leggo su Wikipedia che uno degli ultimi combattenti ad arrendersi è stato il tenente Hiroo Onoda, nel 1974. “Il tenente, in possesso della sua spada regolamentare, di un fucile e di alcune bombe a mano ancora efficienti, si arrende solo dietro esplicito ordine del suo ufficiale superiore, giunto appositamente sull’isola. Onoda era stato dichiarato legalmente morto quindici anni prima”.
Mi chiedo, in questi giorni, quando si arrenderanno gli Hiroo Onoda del TTIP. Perché ce ne sono, anche se sempre di meno. Ma andiamo con ordine.
Se si farà, quando si farà…
Il TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, è un accordo (se si farà e quando si farà) commerciale fra gli Stati Uniti e l’Unione Europea sul libero scambio. Gli economisti classici hanno esaltato questa possibilità perché coerente con la loro ideologia del libero scambio, dell’allargamento dei mercati e della concorrenza globale; e i governi se ne sono ubriacati subito, hanno cominciato a ronzarvi attorno come api al miele, e sono iniziate trattative serrate (poco trasparenti) per definirlo. Il nostro giornale ha spesso trattato il tema, cruciale per il mondo dell’agricoltura e della alimentazione. In fondo a questo articolo trovate i link utili, tra cui il contributo di Carlo Petrini e l’ultimo, due settimane fa, di Marisa Santin.
Sostenitori e contrari: a chi rimarrà il cerino in mano?
A opporsi ai TTIP sono state, per tanti anni solo le organizzazioni ambientaliste e nostalgici no-global. Sono dunque loro gli Hiroo Onoda nella giungla? Continuano a combattere ma intanto l’agricoltura europea e italiana sono state distrutte dall’accordo? Come la salute dei consumatori e i diritti dei lavoratori?
No. Sono gli altri. Perché ad aver vinto (per ora) sono stati gli oppositori al TTIP, o perlomeno chi chiedeva la salvaguardia di valori e diritti in quella trattativa. Incredibile. Un ribaltamento con tratti di irresistibile comicità: nell’ultimo anno, anche prendendo atto di riuscite manifestazioni di massa, si sono arresi quasi tutti i favorevoli – ministri, governi europei, opinionisti, economisti e, infine, persino i candidati alla presidenza degli Stati Uniti – in una gara a chi lasciare il cerino in mano. Speriamo non ci rimanga l’Italia.
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L’Europa si è già adeguata?
Un giorno, non molti mesi fa, ascolto una trasmissione radiofonica sul tema. Intervistano un economista sostenitore del trattato e specialista di diritto del lavoro. L’intervistatore chiede: “Qualcuno dice che il TTIP porterà a meno diritti per i lavoratori in Europa. Lei cosa ne pensa?”. L’esperto risponde: “È probabile. Ma questa paura poteva avere un senso anni fa quando la legislazione negli Stati Uniti prevedeva molti meno diritti per i lavoratori di quella europea. Ma ormai l’Europa si è adeguata agli Stati Uniti, e quindi non si corre più questo rischio”.
Fantastico. Siccome siamo andati indietro, possiamo restarci. L’esperto economista aveva cercato di usare un tono oggettivo, da analista spietato ma imparziale. Non era riuscito, però, a nascondere una certa soddisfazione, lo rivelava la sottile emozione della sua voce. Finalmente anche la legislazione europea sul lavoro aveva fatto passi avanti! Adeguandosi a quella degli Stati Uniti, molto meno vantaggiosa per i lavoratori! Tutti questi diritti, che barbarie!