Quando si parla di transizione ecologica, si intende un insieme di processi – che interessano la tecnologia come i comportamenti individuali – atti a rendere più sostenibile la presenza umana sul pianeta. In altri termini, si tratta di passare da un modello economico-sociale basato sullo sfruttamento intensivo delle risorse naturali a un altro che le protegge e le valorizza, puntando quindi sull’economia circolare. Già da tempo, anche il sistema agroalimentare è interessato da questi cambiamenti epocali, sulla spinta di scelte guidate dai decisori politici e grazie alla crescente sensibilità dei consumatori e delle aziende rispetto a questi temi.
Ma in che modo la transizione ecologica si sta riflettendo sull’alimentazione e sulla produzione di cibo? Per saperne di più abbiamo coinvolto il professor Paolo Corvo, sociologo e docente dell’Università degli Studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo, esperto di dinamiche sociali e nuovi trend nel settore alimentare.
Transizione ecologica e alimentazione: le abitudini stanno cambiando?
Negli ultimi anni la sensibilità dei consumatori per una spesa alimentare più sostenibile è aumentata, anche grazie al diffondersi della consapevolezza sugli effetti collaterali del sistema di produzione-distribuzione intensivo e globalizzato, temi che abbiamo trattato occupandoci di produzione della carne e deforestazione in Sud America. Peraltro, l’urgenza di mettere in atto una transizione ecologica anche nell’agroalimentare è stata da più parti sottolineata in occasione della COP26 di Glasgow. Tuttavia, finora nel concreto le decisioni politiche in questo senso non hanno rispecchiato in modo adeguato le evidenze sollevate dalla scienza, e quindi la necessità di ripensare tutto il sistema di produzione e distribuzione, come abbiamo appurato parlando con il professor Andrea Segrè. La dinamica virtuosa che getta le basi per questo cambiamento, infatti, deve essere indirizzata anche da politiche mirate, e in particolare sono risultate molto significative le iniziative dell’Unione europea, su tutte la recente strategia Farm to Fork.
Abbiamo chiesto al professor Corvo se la transizione ecologica – e in particolare l’urgenza di compierla in tempi relativamente brevi – si stia già riflettendo nelle scelte d’acquisto e se da parte di chi fa la spesa ci sia la reale disponibilità ad accettare anche delle rinunce rispetto alle abitudini precedenti. “Certamente il consumo critico e sostenibile sta interessando un numero crescente di consumatori, anche se si tratta di una quota ancora largamente minoritaria. Durante la pandemia, come sappiamo, si è ripreso a cucinare e molti hanno acquisito una maggiore consapevolezza della sostenibilità alimentare. Ciò si traduce in una significativa attenzione al benessere animale, alla filiera corta e al cibo di qualità. Per la prima volta, inoltre, è diminuito lo spreco alimentare”.
Come tutti i fenomeni di grande portata sociale, anche la transizione ecologica rispetto all’alimentazione si riflette in modo differenziato nelle diverse fasce socio-economiche, a questo proposito Paolo Corvo sottolinea che “i giovani sono i più sensibili alle nuove forme di consumo, ma il fenomeno dell’attenzione al cibo sostenibile è trasversale alle fasce di età. Tuttavia, esiste il rischio che solo alcune categorie di cittadini, quelle più facoltose, abbiano la possibilità di acquistare cibo di qualità, per il costo più elevato che lo caratterizza, in buona parte giustificato dal suo essere etico e sostenibile. Pertanto, è importante incentivare in ogni modo, anche a livello pubblico, il cambiamento nello stile di vita alimentare, ad esempio dando sussidi alla popolazione meno abbiente e promuovendo corsi di cultura alimentare”. A questo proposito, nel nostro approfondimento sulla sostenibilità economica del biologico abbiamo affrontato questi aspetti, ribadendo l’importanza di estendere il più possibile l’accessibilità del cibo di alta qualità anche alle fasce di popolazione più svantaggiate.
[elementor-template id='142071']Quanto è compresa la transizione ecologica e come si esprime nella quotidianità?
La nuova consapevolezza sull’urgenza dei temi legati all’ambiente, che motiva gli sforzi per la transizione ecologica nell’alimentazione, deve necessariamente trovare un’applicazione pratica nella vita di tutti i giorni. In questo senso, è la possibilità di fare la propria parte con acquisti e comportamenti etici – tra i quali anche il risparmio energetico in cucina – a guidare le decisioni individuali. L’idea che le guida, in sostanza, mira a un bene comune superiore, pur trattandosi, se si parla di crisi climatica e salvaguardia dell’ambiente, di in un obiettivo non immediato. Corvo sostiene che “occorre riportare al centro dell’attenzione il benessere collettivo e il senso di comunità. Viviamo in una società iper-individualistica, dove il concetto di bene comune non è particolarmente diffuso. Si tratta di un’operazione non semplice e a medio termine, anche se quanto accaduto in questi anni di pandemia può avere risvegliato l’attenzione verso il destino comune dell’umanità”.
Riferendosi ai prodotti e alle nuove modalità di consumo che stanno emergendo, come abbiamo visto occupandoci di prodotti alimentari innovativi, il professore precisa che “nel settore del packaging si stanno studiando e realizzando interessanti soluzioni sostenibili. Inoltre, vorrei porre attenzione al mondo del delivery, che ha avuto un vero e proprio boom con il lockdown. In questo settore occorre vigilare, perché tutta la filiera sia caratterizzata da pratiche sostenibili, dall’imballaggio alle condizioni di lavoro dei riders. Rispetto al calo dello spreco alimentare riscontrato negli ultimi tempi, possiamo augurarci che questo trend virtuoso continui e si consolidi”.
Il ruolo delle aziende per la transizione
Per rendere possibile questo passaggio, così importante per il futuro dell’umanità e del pianeta, è fondamentale il contributo delle aziende e del mondo imprenditoriale nel suo complesso. Secondo Paolo Corvo “sono molte le aziende del settore agroalimentare che sembrano sinceramente interessate a pratiche sostenibili. In effetti, etica ed economia non sono incompatibili, come purtroppo pensa qualcuno, e possono coesistere in una proficua sinergia”.
Alcune realtà imprenditoriali, prosegue il professore, “si sono proposte sul mercato con formule innovative e sostenibili, ottenendo successi rilevanti”. In merito a questo, ad esempio possiamo citare l’abitudine di preferire i prodotti sfusi o con imballaggi minimi, la riduzione dell’uso della plastica, la lotta allo spreco in tutte le sue forme e il calo nel consumo di materie prime di origine animale, come abbiamo visto nella nostra intervista al professor Segrè.
“Fa piacere – prosegue Corvo – che molte di queste aziende siano di proprietà e gestione italiana, non per un sentimento nazionalistico, ma per la possibilità di dimostrare come anche nel nostro Paese vi sia una classe dirigente giovane e dinamica, aperta e attenta all’ambiente. In questo contesto, la tecnologia rappresenta un elemento fondamentale, purché non stravolga il fattore umano e i principi della sostenibilità. Le innovazioni tecnologiche possono rendere meno faticosi e usuranti alcuni lavori e riflettersi positivamente sulle pratiche di tempo libero. Andrà gestita con attenzione la transizione ai nuovi lavori, con importanti iniziative nell’ambito dell’aggiornamento professionale e della creazione di nuove competenze”.
Vera transizione o greenwashing?
Quando si parla di transizione ecologica rispetto alle aziende, si tende spesso a paventare il rischio di greenwashing, ovvero un ecologismo di facciata, che in realtà cela una strategia di comunicazione mirata a creare un’immagine falsamente positiva, spostando l’attenzione dall’impatto negativo delle proprie attività sull’ambiente. Il professor Corvo puntualizza che “di certo non mancano fenomeni di questo tipo e tra le imprese non è semplice distinguere chi intraprende percorsi sostenibili in modo trasparente e chi invece lo fa a fini di marketing e di puro business. In generale, occorre diffondere in modo adeguato i principi dell’equità e della sostenibilità, nell’impresa come in famiglia, nella scuola e in ogni ambito della vita sociale. La transizione ecologica sarà un fenomeno delicato e complesso, dovremo saperlo governare a tutti i livelli, auspicando che soddisfi soprattutto le esigenze dei più deboli e disagiati. Una responsabilità che dovrà essere assunta dalle istituzioni e dell’agire politico, ma anche dalla società civile e dai cittadini. Come consumatori saremo chiamati a scelte importanti: dovremo cercare di essere informati, liberi e consapevoli”.
Cosa ne pensate delle applicazioni della transizione ecologica rispetto all’alimentazione? Negli ultimi anni le vostre abitudini sono cambiate nel segno della sostenibilità?