L’Andalusia è uno scrigno di bellezze paesaggistiche, testimonianze storiche, tradizioni locali e specialità culinarie, che ne fanno ideale meta per un’esperienza di viaggio a 360 gradi. A cavallo tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico, che dallo Stretto di Gibilterra spalanca le porte verso l’infinito, si tratta della regione più a sud della Spagna continentale, con una storia che ne spiega la ricchezza culturale. Proclamata comunità autonoma nel 1980, ha subito negli anni diverse dominazioni: a partire dal periodo romano-bizantino, passando poi per quello arabo-musulmano, fino alla cosiddetta reconquista da parte dei regni cristiani. Ogni popolo passato di qui ha lasciato una traccia, che si ritrova oggi sia a livello di testimonianze storiche, sia tra sapori e tradizioni da scoprire. Il tour enogastronomico dell’Andalusia che proponiamo di seguito ci porterà attraverso tutto questo.
Andalusia, un piccolo mondo a sé
Dal sole caliente e le spiagge della Costa de la Luz e della Costa del Sol ai boschi della Sierra di Aracena e dei Picos de Aroche, dai canyon del deserto di Tabernas (spesso scenario degli “spaghetti western” di cui Sergio Leone è stato maestro) alla punta innevata della Sierra Nevada: tutto questo fa dell’Andalusia un piccolo mondo a sé. Un mondo fatto di tradizioni popolari molto radicate, che si riflettono anche nelle specialità culinarie delle sue province.
Se nelle città costiere il pesce è protagonista, l’entroterra è dominio degli allevamenti suini e bovini soprattutto. Non è raro, infatti, percorrere le strade che corrono nel cuore di questa meravigliosa regione e imbattersi in distese di terra arsa dal sole, dove mandrie di tori pascolano liberi. Ecco spiegata la tradizione legata alle carni e agli insaccati, con l’Andalusia a distinguersi per le sue due DOP (Denominazione di Origine Protetta) in fatto di prosciutto (in spagnolo, jamon). La forte impronta contadina che caratterizza questa regione si ritrova poi in tanti piatti vegetariani, dalle parilladas de verduras (verdure di stagione miste cotte alla griglia) agli immancabili gazpacho e salmorejo, creme fredde a base di pomodoro.
Chi poi non ha mai sentito parlare di tapas? Pare che l’origine di questo termine e della cultura che vi è dietro, sia legata proprio all’Andalusia. Si tratta di piccole razioni di cibo, che sono espressione di una vera e propria cultura del mangiare, detta tapear. Non a caso, la maggior parte dei ristoranti ha anche un’area dedicata a chi vuol pranzare o cenare a base di tapas, con un servizio più informale e i clienti che mangiano in piedi o seduti su alti sgabelli con delle botti a fare da tavolo d’appoggio o, ancora, direttamente al bancone. Alcuni locali addirittura servono solo tapas, i cosiddetti tapas bar. Un modo di mangiare che si distingue dal pasto tradizionale e che permette di comporre una sorta di mosaico di sapori, assaggiando più cose e condividendo il cibo coi propri commensali.
Tanto da scoprire, tanto da gustare: pronti dunque a partire per questo ideale viaggio in Andalusia, tra sapori e tradizioni?
Tour enogastronomico dell’Andalusia: i sapori del mare… e non solo
L’Oceano Atlantico da una parte, il Mar Mediterraneo dall’altra e, come se non bastasse, un entroterra solcato da fiumi come il Guadalquivir: in un contesto del genere le specialità di pesce non possono mancare. E a distinguersi, in questo senso, sono soprattutto le città portuali, come Malaga, Cadice e Huelva.
Le braci ardenti di Malagueta
Capoluogo dell’omonima provincia, Malaga è la città faro della cosiddetta Costa del Sol. La spiaggia di Malagueta non offre certo un mare dalle acque cristalline, ma sa sedurre con altre armi. Il richiamo del pesce cotto alla brace qui si fa irresistibile. La maggior parte dei locali sul lungomare sono dotati di bracieri dalle suggestive forme di imbarcazioni, da cui fanno capolino spiedi di sardoni o griglie di calamari interi, che sfrigolano e affidano alla brezza i loro odori. Anche il semplice stare a osservare le carni colorirsi e assumere le tipiche sfumature brunastre conferite dalla brace, ammirando la maestria con cui gli addetti alla griglia curano la cottura, è uno spettacolo.
Nel cuore della città ci sono poi locali dove si ritrova una proposta più varia e articolata, con le specialità di pesce (come il polpo alla piastra o i gamberi all’aglio) sempre protagoniste, ma affiancate anche da altri piatti tipici della tradizione andalusa. Tra questi, degno di nota è sicuramente El Meson de Cervantes. Menù vario e articolato, con proposte sia di carne che di pesce, e una cucina curata ne fanno un punto di riferimento a Malaga.
Cadice in punta d’oceano
La particolare collocazione geografica fa di Cadice una sorta di avamposto andaluso sull’Oceano Atlantico. Una città-isola circondata dall’oceano e che da esso sembra trarre respiro. Questo inevitabilmente si riflette anche sulla cucina tipica, che profuma davvero di mare. Un locale caratteristico a riprova di questo saldo legame è la Taberna El Tio de la Tiza. Situato in una piazzetta nascosta tra i fitti vicoli di Cadice, nel menù c’è tutto quanto il mare ha da offrire. Dai calamari, proposti sia alla griglia che fritti, alle cozze al vapore, sino alle soutè di vongole e altre specialità di pesce fresco alla griglia. Non mancano anche le cruditè e piatti tipici di altre regioni spagnole, come il pulpo a la gallega (polpo alla galiziana), di cui qui viene servita un’ottima versione. Una nota a parte la meritano però i sardoni arrostiti. Consistenti, carnosi e saporiti come raramente capita: semplicemente spettacolari! Qualcosa che vale la pena di provare, soprattutto in un posto così, dove turisti e autoctoni si ritrovano seduti gli uni accanto agli altri. Il popolo dei buongustai, del resto, non ha bandiere.
Huelva, città dei chocos
Huelva è una cittadina di circa 150 mila abitanti, capoluogo di provincia e curiosamente situata su una penisola di terra delimitata dai fiumi Tinto e Odiel. Pur non essendo una città direttamente affacciata sul mare, se ne avverte comunque la presenza. L’Oceano Atlantico, dopotutto, dista meno di dieci chilometri. E altrettanto influente è anche la cultura lusitana, col confine portoghese a soli cinquanta chilometri. Qui la tradizione culinaria è molto legata al pesce. A partire dai chocos, termine locale con cui ci si riferisce ai calamari. Talmente tipici di Huelva che con lo stesso termine si fa scherzosamente riferimento anche ai suoi abitanti. A Casa Miguel, locale ricavato all’interno del Mercado del Carmen, una specialità della casa sono i chocos con habas. Si tratta dei calamari serviti in umido in un guazzetto di fave e cipolla. Un sughetto che sa esaltare il calamaro, ammorbidendone la polpa e conferendogli una spinta di gusto. Al tempo stesso, le fave danno quel tocco di consistenza, che completa il piatto.
Altro piatto da provare è inoltre il bacalao a la roteña. Baccalà che viene preparato in un delizioso sughetto di cipolla, pomodori e peperoni. Esperienza da provare in un contesto spartano, ma dall’ottimo rapporto qualità/prezzo. Farsi un giro per il Mercado del Carmen permette poi di farsi una vera e propria cultura ittica. Sui banchi dei venditori di pesce, infatti, si ha modo di conoscere anche le specie meno note e apprezzarne la varietà e la freschezza.
L’entroterra carnivoro
Se nella parte costiera il pesce la fa da padrone, il vasto entroterra andaluso è legato a sapori più decisi e intensi. Non si contano gli allevamenti bovini e suini, che spesso si possono ammirare al pascolo libero, mentre si percorrono le strade che attraversano distese di campi incolti. Come quelle che portano nel cuore dei cosiddetti pueblos blancos. Un percorso tra strade tortuose, che si snodano in un suggestivo contesto di vallate, da cui di tanto in tanto fanno capolino piccoli borghi, come Arcos de la Frontera, Setenil de las Bodegas o la suggestiva Ronda. Quest’ultima, in particolare, è un vero e proprio gioiello da ammirare, con la parte moderna collegata alla città antica (di origini arabe) attraverso un ponte sostenuto da due piloni di roccia a strapiombo sulla sottostante vallata, dove scorre il torrente Guadalevìn. Il nome pueblos blancos è dovuto proprio al colore dominante delle costruzioni, la maggior parte delle quali è rivestita da bianche mura per riflettere in parte il calore di un sole particolarmente rovente a queste latitudini.
Siamo nella parte centrale della regione, tra Siviglia e Malaga, luogo ideale per assaporare un succulente solomillo, ovvero il filetto, generalmente di ternera (manzo) o di cerdo (maiale). Altra tipicità è il chorizo, un insaccato a base di grasso e carne del maiale tritata grossolanamente e insaporita con una miscela di spezie, tra cui la paprika. Viene poi leggermente affumicato durante la sua stagionatura. Ne deriva una carne molto sapida, che spesso si presta a essere servita in umido, in una sorta di zuppa insieme a fagioli o verdure. Allo stesso tipo di preparazioni si presta la morcilla, altro insaccato generalmente a base di sangue e frattaglie di maiale, che però si presenta diversamente nella tradizione andalusa. Qui, infatti, non viene utilizzato il sangue del maiale, ma altre parti come pancetta, guance e grasso. Ne risulta quindi un colore più chiaro e una differente resa a livello di sapore.
Andalusia, terra dei tori
L’Andalusia è notoriamente anche terra dei tori. Il toro è, di fatto, un simbolo di questa regione. A partire dalle sagome nere che si scorgono attraversandone le strade, in particolare quelle tra Siviglia e Cadice. Si tratta del cosiddetto toro de Osborne, cartellone di una campagna pubblicitaria lanciata negli anni ‘80. Osborne è il nome di una marca produttrice di vino Sherry con sede a El Puerto de Santa Maria, località della costa a est di Cadice. E di quelle installazioni pubblicitarie a sfondo nero che riproducono il profilo di un toro è rimasto traccia un po’ ovunque, nonostante oggi il nome dell’azienda sia stato rimosso. Così questi tori neri spuntano quasi minacciosi dai colli e dai campi andalusi, finendo col costituire un richiamo alla tradizione locale. Una tradizione con risvolti sanguinosi, come quelli legati alla corrida. Nonostante polemiche e divieti, in alcune città ancora oggi si tengono queste esibizioni, che vedono i matador sfidare i tori in un duello cruente. E praticamente in ogni città andalusa è presente una Plaza de Toros, al centro del quale è collocata l’arena. Anticamente era diffusa anche l’abitudine di macellare i tori uccisi durante la corrida e venderne le carni fresche in una sorta di mattatoio a cielo aperto negli spazi di accesso all’arena stessa.
Della centralità del toro nella cultura andalusa si trova traccia anche in alcuni piatti tipici del territorio. Su tutti, il Rabo de toro, ovvero la coda di toro. Si tratta di una sorta di spezzatino, con i pezzi di coda che vengono cotti in umido, generalmente con un sugo rosso di pomodoro e cipolla. La cottura della carne è a fuoco lento e dura diverse ore, in modo da ammorbidirla e fondere il sapore del grasso con quello della salsa di base, che viene aromatizzata con l’aggiunta di vino e spezie. La zona di Cordoba è forse quella più legata a questo piatto, anche se un locale dove rappresenta la specialità della casa è il Tabanco Las Banderillas di Jerez de la Frontera.
Il culto del prosciutto
Un protagonista assoluto delle tavole spagnole e andaluse è senza dubbio il prosciutto, qui noto col termine di jamòn. La Spagna, del resto, detiene il primato mondiale sia in termini di produzione, con 38,5 milioni di capi prodotti all’anno, che di consumi, con una media di 5 kg annui di consumo pro capite. L’Italia, seconda nella graduatoria dei consumi, è praticamente doppiata. Una peculiarità dell’Andalusia, ma più in generale dell’intera nazione spagnola, è quella di consumare il prosciutto rigorosamente tagliato al coltello. Per questo è tipico imbattersi, anche nei supermercati, in file di intere cosce di suino appese. E nei banchi della gastronomia non esistono affettatrici, ma solo stalli con in posa la coscia di prosciutto, che viene tagliata manualmente nella quantità desiderata.
La Spagna è nota soprattutto per il Pata Negra. Considerato da più parti come la varietà di prosciutto di maggior pregio al mondo, si ottiene da maiali Bellota, una razza iberica al 100%. Bellota significa letteralmente “ghianda” e si riferisce al fatto che, nel loro periodo di vita allo stato brado, i maiali si nutrono esclusivamente di ciò che trovano nella dehesa, il bosco tipico di alcune zone della Spagna occidentale, tra cui l’Andalusia. E nella dehesa, oltre a erbe e legumi, i maiali trovano appunto le ghiande. Il loro particolare contenuto oleico, insieme ai vantaggi dell’allevamento in spazi liberi, conferisce alle carni del Bellota una consistenza e una sapidità che lo rendono unico. Il Pata Negra rappresenta la massima espressione di jamòn iberico. Con questo termine si fa riferimento al maiale nero autoctono. E si differenzia dal jamòn serrano, con cui si identifica, invece, il prosciutto ottenuto dal più tipico maiale bianco (o meglio rosa). L’Andalusia, in particolare, vanta due DOP in fatto di prosciutti. Uno è quella della Valle de Los Pedroches, nelle provincia di Cordoba, l’altra è Jabugo, dall’omonima cittadina delle provincia di Huelva. Ad Aracena, piccolo e grazioso borgo confinante proprio con Jabugo, c’è un interessante Museo del Prosciutto. Qui è possibile compiere un piccolo viaggio attraverso la tradizione che lega questa terra all’allevamento dei maiali e alla produzione del pregiato prosciutto che ne deriva. Non solo, acquistando il biglietto d’ingresso al museo, si ottiene anche un buono per una serie di degustazioni presso varie taverne e locali cittadini.
Andalusia, sapori e tradizioni della cultura contadina
L’elemento cardine della cultura andalusa, anche nelle specialità culinarie, è la tradizione contadina. Non a caso, tra i piatti che difficilmente mancano nei menù di ristoranti e tapas bar ci sono gazpacho e salmorejo. Entrambe creme a base di pomodoro, che vengono facilmente confuse. Non dagli autoctoni, naturalmente, che ben ne conoscono le differenze.
- Il salmorejo, tipico soprattutto della provincia di Cordoba, è una crema di pomodoro passato con olio, aglio, aceto e sale, insieme alla quale viene frullato il pane. Questo accorgimento gli conferisce più densità, ingentilendo il gusto, con l’acidità del pomodoro che viene smorzata. L’aggiunta di pane, inoltre, stempera il rosso del pomodoro, determinando quel color salmone, da cui deriva appunto il nome. Viene servito a temperatura ambiente con tocchetti di prosciutto crudo in superficie a dare sapidità e un elemento di consistenza diversa. Talvolta si aggiungono anche spicchi di uovo sodo.
- Il gazpacho è, invece, pomodoro frullato con aglio, olio, aceto e sale, con l’eventuale aggiunta di peperone e cetriolo. Si presenta quindi color rosso acceso e in forma liquida, al punto che viene spesso servito al bicchiere e consumato rigorosamente freddo.
Altre specialità tipiche legate alla cultura contadina dell’Andalusia sono le ricche parilladas de verduras, con gli ortaggi di stagione grigliati e conditi semplicemente con olio e un pizzico di sale grosso, e gli espinacas con garbanzos. Qui gli spinaci sono saltati in padella e uniti ai ceci, speziati con pepe e cumino. Un abbinamento di consistenze e di sapori che funziona, a patto di non essere troppo sensibili all’invadenza del cumino. Non si può concludere il capitolo delle specialità vegetariane, tuttavia, senza citare pimientos del padròn e patatas bravas. Pur non essendo strettamente legati all’Andalusia, sono presenze quasi fisse nei menù dei locali spagnoli di ogni latitudine. I pimientos del padròn sono dei peperoni verdi dolci, di piccole dimensioni e leggermente appuntiti, che vengono serviti interi dopo essere stati fritti in padella con olio e sale. Lasciati poi riposare pochi minuti, diventano croccanti esternamente. Una consistenza piacevole, che sa sprigionarne al meglio il gusto. Le patatas bravas sono invece patate fritte e accompagnate da una salsa a base di pomodoro, aglio, cipolla, talvolta con l’aggiunta di maionese per dare cremosità, e infine speziata con Tabasco e paprika. La modalità con cui vengono fritte le rende particolarmente croccanti all’esterno e tenere nella parte interna, mentre la salsa conferisce piccantezza.
Tra sapori e tradizioni della cultura contadina andalusa ci sono poi i revueltos, ovvero le uova strapazzate in padella. Revueltos che esistono in tante versioni, a seconda degli elementi fatti saltare insieme alle uova. Tra le più classiche, quelle con asparagi, con prosciutto a tocchetti o coi funghi di stagione. L’uovo, del resto, è una risorsa che abbonda nelle campagne dell’Andalusia e i suoi abitanti hanno imparato a farne tesoro, rendendolo una colonna portante della loro alimentazione. Allo stesso modo dell’olio d’oliva, di cui l’intera regione vanta una straordinaria produzione. Sono, infatti, oltre un milione e mezzo gli ettari di coltivazioni di ulivo, con ben dodici DOP, nove delle quali concentrate nelle province confinanti di Granada, Cordoba e Jaén. Va da sé che l’olio qui sia il grasso di gran lunga più usato in cucina.
Sherry & co.: la proposta vinicola andalusa
Sulle tavole andaluse abbonda, soprattutto nella stagione estiva, il tinto de verano. Si tratta di una miscela di vino e gazzosa, cui viene aggiunta una fetta di limone. E’ una variante più semplice e leggera della nota sangrìa, generalmente irrobustita con un superalcolico (il rum, ad esempio) e insaporita con note speziate (cannella, chiodi di garofano) e pezzi di frutta fresca. Se il tinto de verano spopola per la vivacità e il senso di freschezza che trasmette, un’altra bevanda tipica a base di vino è invece il più strutturato vino Naranja. Letteralmente “vino arancia”, è un prodotto in cui il vino viene aromatizzato attraverso l’infusione di scorze d’arancia. Ne risultano un colore tendente all’arancio e una netta impronta aromatica, che gli conferisce un gusto dolce e delicato, capace di mitigare l’impatto del tenore alcolico piuttosto sostenuto. Si tratta, infatti, di un vino tendente al liquoroso, che lo rende più da meditazione che da tavola. Il vino Naranja è una specialità autoctona, che vanta addirittura una DOP, ovvero il Vino Naranja del Condado de Huelva.
Andalusia è però soprattutto terra di Sherry, il vino fortificato importato qui dai coloni inglesi. Si ottiene a partire dalle cosiddette uve palomino, che nella zona compresa tra Jerez de la Frontera, Sanlucar de Barrameda e El Puerto de Santa Maria trovano le condizioni climatiche per rendere al meglio. Non a caso, l’area è nota come il triangolo dello Sherry. La composizione del terreno e l’influsso delle brezze calde che arrivano dal mare permettono alle uve di sviluppare delle muffe fondamentali durante il processo di fermentazione. A questo punto avviene la “fortificazione”, ovvero l’aggiunta di acquavite, che blocca la fermentazione e agisce da conservante naturale. Poi c’è la fase dell’invecchiamento, che ricorda molto quella dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Il vino viene fatto invecchiare all’interno di botti di legno poste su tre livelli verticali. Si inizia dalle botti poste più in alto e, nel tempo, viene poi travasato al livello inferiore. Fino al terzo e ultimo, quello a contatto col suolo. L’invecchiamento può durare anni e dà origine a un vino liquoroso, tendenzialmente secco, nonostante ci siano anche versioni di Sherry dolce, dal volume alcolico minimo del 15%. A Jerez de la Frontera sono presenti molti richiami alla tradizione dello Sherry, ormai talmente radicata che nell’immediata periferia della città è tutto un proliferare di aziende dedite alla sua produzione. Molte di queste sono visitabili e consentono di degustare e acquistare direttamente in loco i loro prodotti.
Tarta de queso, gelati, e altre dolcezze
L’Andalusia non è patria di grandi dolci. Sono altri, come abbiamo visto, i sapori protagonisti. I più golosi possono contare, tuttavia, su alcuni grandi classici ormai entrati nella tradizione spagnola. A partire dalla tarta de queso, la variante autoctona della cheesecake, che a queste latitudini è quasi immancabile tanto nei menù di ristoranti e locali, quanto nelle vetrine delle pasticcerie. Si presenta, in genere, con un alto strato di crema al formaggio, a scapito della base biscottosa, ridotta ai minimi termini e in cui non si percepisce molto la presenza del burro. La tarta de queso alla spagnola risulta quindi un dolce fresco e quasi sempre presentato con un leggero strato di composta di fragole o di frutti di bosco. Può capitare, tuttavia, che venga servita in purezza, ovvero con la superficie bianca e la confettura a parte.
Altra torta gettonatissima qui è la tarta de zanahoria. Una torta di carote all’americana, molto sviluppata in altezza e con l’impasto a base di carote, cui spesso si aggiungono noci pecan, cannella e, in alcune varianti, scorza d’arancia. Viene poi ricoperta in superficie da una glassa di crema al formaggio, inserita anche come farcitura per definire gli strati interni. Tipicamente andaluso è, invece, il tocino de cielo, una sorta di creme caramel dalla preparazione semplicissima. Gli ingredienti sono solo acqua, zucchero e tuorlo d’uovo. Servito freddo, si presenta come un lingotto o una torretta di colore giallo acceso e dalla consistenza compatta e budinosa, con la superficie cosparsa di caramello.
Il gelato andaluso
In Andalusia può infine capitare di gustare un gelato degno di questo nome. Tra le tante sedicenti gelaterie artigianali, molte delle quali sbandierano richiami all’Italia, è facile imbattersi in esperienze che, dopo sole due leccate, ti fanno già rimpiangere i goduriosi coni nostrani. Ci sono però delle felici eccezioni, in particolare nella città di Cadice. Bajo 0 è una gelateria a conduzione familiare, con gusti elaborati, ma capaci di mantenere le promesse di densità e cremosità che suggeriscono guardandoli oltre la vetrina dove sono esposti. Allo stesso modo, De Plocia propone una selezione di gusti che, a parte qualche classico sempre presente, variano di giorno in giorno. Se già questo è un buon indizio di freschezza degli ingredienti utilizzati, l’esperienza gustativa toglie ogni dubbio. Avvolgente, intenso, sa coccolare il palato, dove il gusto non svanisce via anonimo, ma persiste e ti lascia la piacevole sensazione di un prodotto davvero artigianale.
Vivere l’Andalusia tra sapori e tradizioni è un’esperienza che arricchisce. Ti lascia dentro l’impressione di una terra ricca di un sapere antico, che si ritrova nelle abitudini dei suoi abitanti, tanto fieri della loro cultura quanto ben disposti a condividerla. Una terra generosa, come il sole che la abbraccia e che rappresenta, in fondo, il suo tesoro.