Ci siamo già occupati di frutta e ortaggi “riscoperti”, come nell’articolo di Giulia Ubaldi sui frutti siciliani antichi da salvare. Oggi vogliamo parlarvi del tortarello abruzzese-molisano, un tempo molto diffuso nelle zone costiere delle due regioni, poi quasi dimenticato e oggi recuperato grazie al lavoro di agronomi e naturalisti impegnati a preservare un patrimonio agroalimentare altrimenti destinato a scomparire per sempre. Per questo motivo abbiamo intervistato il naturalista Aurelio Manzi, co-autore di un libro dedicato proprio a questo ortaggio, che ha contribuito a recuperare nel territorio tra Molise e Abruzzo.
[elementor-template id='142071']Il tortarello abruzzese-molisano: caratteristiche e diffusione
Il tortarello abruzzese o molisano (Cucumis melo var. flexuosus) appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee ed è una varietà di melone non dolce, conosciuta fin dall’antichità e nota sia nel bacino del Mediterraneo, che in Asia Minore, Armenia e India. Con grande probabilità, si tratta del primo melone addomesticato, del quale, cioè, è stata introdotta la coltivazione. Il tortarello ha una forma allungata più o meno contorta, a seconda delle condizioni colturali: se cresce liberamente, come avviene nel caso di piante rampicanti, in cui il frutto si sviluppa verticalmente, appeso, resta dritto. Il tortarello è di colore verde scuro o verde chiaro, ha dei solchi in superficie, che è leggermente cerosa e liscia; per via del suo aspetto, è noto anche come “melone serpente”. Il frutto a piena maturazione può raggiungere i 90 cm di lunghezza e un diametro di 20 cm, nella parte centrale, più ingrossata.
Coltivazione e consumo del tortarello
A lungo è stato conosciuto come cetriolo tortarello, non come un melone: questo errore è dovuto soprattutto alla sua forma allungata, simile appunto a quella del cetriolo (Cucumis sativus), originario della regione dell’India, mentre osservando la pianta si nota subito che le foglie somigliano a quelle di melone. Anche la peluria presente su alcuni frutti è una caratteristica spesso presente, che il cetriolo non ha. La sua coltivazione in Abruzzo e Molise era molto diffusa fino alla Seconda guerra mondiale, quando ha cominciato a scomparire progressivamente.
La coltivazione del melone sembra risalire all’età del Bronzo, nel continente asiatico. Con grande probabilità, come spiegano Michele Tanno e Aurelio Manzi nel libro “Tortarello abruzzese-molisano”, le prime varietà a essere coltivate furono proprio dei meloni non dolci, dei quali fa parte anche il tortarello, attestato per la prima volta presso gli Egizi, il popolo ebraico e nell’antica Grecia. Sono molte, infatti, le testimonianze iconografiche o scritte della sua coltivazione: come spiega il naturalista Aurelio Manzi, “i greci mettevano dei modellini di tortarello nelle tombe, perché era simbolo di abbondanza, ma le raffigurazioni storiche sono numerose, anche in epoca romana”.
Il consumo del tortarello può avvenire in momenti diversi della sua maturazione: quando è ancora verde e molto tenero, in genere viene preparato in insalata, insieme ad altri ortaggi di stagione come i pomodori, mentre nello stadio più avanzato, quando le sue dimensioni sono ragguardevoli, la buccia di colore verde chiarissimo, quasi bianco-giallino, e la polpa tendente al rosa, il suo sapore si avvicina a quello dei meloni, sebbene non sia così zuccherino. In questo stadio può essere consumato al naturale, senza ulteriori condimenti, per esempio a fine pasto.
Il tortarello, inoltre, è molto più digeribile del cetriolo, con il quale viene spesso confuso; in Italia non si trova solo in Abruzzo e Molise, ma ci sono delle varietà tipiche anche della Sicilia e della Puglia.
Il tortarello siciliano
Questo ortaggio è coltivato soprattutto nella provincia di Agrigento e Catania ed è conosciuto come cetrangolo; la forma del frutto è affusolata, con la parte centrale più ingrossata, e la lunghezza raggiunge anche i 40 cm. La buccia è ricoperta da una leggera lanugine ed è di colore verde scuro, con dei solchi in superficie.
Il tortarello pugliese
I frutti del tortarello pugliese hanno dimensioni maggiori rispetto al siciliano, la buccia invece è sempre di colore verde scuro e una peluria diffusa sulla superficie (che presenta dei solchi, come le altre tipologie), che tende a scomparire con l’avanzare della maturazione. La lunghezza può raggiungere i 50 cm.
Il recupero delle colture tra Abruzzo e Molise
È difficile conoscere il numero esatto di frutti e ortaggi che sono scomparsi o stanno scomparendo: tuttavia, con i “frutti dimenticati”, nel corso del Novecento, nel mondo, è stato abbandonato circa il 75% della biodiversità (dati FAO). “A volte si tratta di varietà tipiche di un luogo geografico molto ristretto, per esempio di un solo paesino. Da naturalista mi sono avvicinato al problema e ho preso parte al recupero di molte varietà che stanno scomparendo – racconta Manzi – oltre al tortarello, anche un cocomero a pasta gialla, tipico dell’abruzzo costiero e collinare, diverse piante aromatiche come l’aneto e il cerfoglio, molto comuni nella zona alle pendici del Gran Sasso fino all’Ottocento e poi sostituite dalle altre aromatiche, oppure la pastinaca di Capitignano, in provincia de L’Aquila, un vero e proprio relitto colturale”.
Il recupero di frutta e ortaggi è possibile non solo grazie al lavoro degli studiosi, ma anche grazie ai piccoli contadini che ancora utilizzano queste varietà, come è avvenuto per la patata turchesa, sul Gran Sasso, oggi nuovamente diffusa e anzi largamente richiesta nei ristoranti. “Queste sementi non certificate scompaiono pian piano – spiega Manzi – come stava accadendo per il grano Solina in Abruzzo, circa 25 anni fa. Ora c’è un consorzio di produttori e c’è chi panifica con questo grano, molto importante dal punto di vista culturale perché rappresenta l’Abruzzo: il pane fatto con la solina è probabilmente quello che mangiavano i romani”.
Nel lavoro di recupero hanno un ruolo chiave anche le Banche del Germoplasma, che custodiscono il patrimonio genetico delle diverse coltivazioni: “grazie alla banca del Germoplasma vegetale del Parco Nazionale della Majella, stiamo recuperando un grano marzuolo che oggi non è più in coltura – spiega l’intervistato. – Era una varietà che si seminava a marzo in alto montagna e oggi l’Università di Perugia lo sta studiando per poterlo rimettere in coltura. Queste piante sono già adattate al territorio e sono più resistenti ai parassiti, quindi coltivarle richiede meno fitofarmaci, non a caso si tratta di produzioni biologiche. Inoltre – conclude Manzi – è un modo di recuperare il rapporto tra uomo e cibo, lo stesso tortarello è il primo melone a essere coltivato, è quello che mangiavano gli egiziani e i romani”.
Riscoprire queste colture ha una valenza duplice, quindi: non è soltanto un modo di preservare la biodiversità tipica di un luogo, ma anche una maniera di rinsaldare il legame profondo che abbiamo con il cibo e con la sua tradizione millenaria.
Conoscevate il tortarello abruzzese-molisano? Ci sono ortaggi o varietà di frutta tipiche della vostra regione che sono state ricoperte e che oggi vengono di nuovo coltivate? Raccontatecelo nei commenti.
Foto: Michele Tanno.
Altre fonti:
Il tortarello abruzzese-molisano, Aurelio Manzi e Michele Tanno