di Martino Ragusa.
Dal latino torreo (abbrustolire), con riferimento alla tostatura delle nocciole e delle mandorle, il torrone era già conosciuto e consumato dalle classi agiate, come da quelle più povere, al tempo dei Romani, come dimostrano alcuni scritti di Tito Livio. Nel XVII secolo la fama di questo prelibatezza si diffuse ulteriormente grazie alla spedizione a Roma, nel periodo natalizio, a prelati ed altri personaggi illustri della capitale. Furono, tuttavia, i Borboni nel 1800 a valorizzare ulteriormente la “cupeta beneventana” facendolo diventare il prodotto natalizio per eccellenza e dando avvio ad una tradizione che si è tramandata nei secoli fino ai nostri giorni.
Il classico torrone di Benevento è un dolce dagli ingredienti di base assai semplici: bianco d’uovo, miele, nocciole e mandorle. Può essere di consistenza morbida o dura, bianco o al cioccolato, con diversi tipi di frutta secca (dalle mandorle alle nocciole). Ma la regola principale è che deve possedere quattro caratteristiche fondamentali: la dolcezza, l’asciuttezza, la tenerezza/durezza e la friabilità.
In esso, arte e tradizione, passato e presente, si fondono con armonia: la stessa cura e dedizione di secoli precedenti, infatti, è attualmente riposta per la lavorazione, la cottura e, ovviamente, la scelta delle materie prime. Diverse sono le tipologie: il più classico è il torrone di Benevento bianco alla mandorla, cupedia bianco alla nocciola, bianco morbido alla mandorla.
Esiste, poi, il Torroncino, da non confondere con il più classico Torrone, poiché ha una sua caratteristica intrinseca: la barretta piccola, croccante, a base di zucchero e nocciole, il tutto ricoperto di cioccolato.