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Torrone di Bagnara: l’unico torrone con l’IGP

 

Possono quattro ingredienti semplici come zucchero, miele, albume e frutta secca creare qualcosa di assolutamente unico e sfaccettato, che si è tramandato nei secoli e ha conquistato tutta la penisola? La risposta è sì, se si tratta del torrone: duro o morbido, con le nocciole o con le mandorle, a forma di “torronfetta o “gelato”, questo manufatto dell’arte dolciaria si è diffuso ovunque, dalla Campania alla Sardegna, dalla Sicilia alle Marche, dal Veneto alla Lombardia. Ma oggi, tra le cinque ricette più note di torrone, parleremo del solo e meraviglioso Torrone di Bagnara IGP, che racchiude in sé tutta l’arte degli antichi mastri torronai. Noi abbiamo già l’acquolina in bocca, e voi?

Storia e origini del Torrone di Bagnara

Torrone di Bagnara IGP origini

Che la ricetta del torrone sia antica, addirittura risalente all’epoca romana, è storia nota. Ma quando è nato il Torrone di Bagnara? Pare che si debba tornare indietro fino al 1700, quando – si narra – una nobildonna spagnola ha portato a Bagnara Calabra, in provincia di Reggio Calabria, una ricetta della sua terra, che poi è stata rimaneggiata nei secoli e da cui ha avuto origine questa particolarità di torrone. Leggenda a parte, sempre in questi anni numerosi documenti d’archivio testimoniano che i monaci dell’abbazia di Bagnara si dedicavano alla preparazione di dolci e, tra questi, una ricetta molto simile a quella del torrone odierno, che chiamavano “Martiniana”. Quindi, possiamo dire con certezza che sia nato nell’omonimo centro marinaro, e che sono stati i traffici e gli scambi commerciali di zucchero e spezie in cambio della vendita di legname a dare il via alla sua forma per come la conosciamo noi: la possibilità di legare la produzione locale di mandorle e miele con i prodotti provenienti dal commercio fa sì che nascano le “spezierie”, locali dediti alla fabbricazione di dolci. 

Per la prima, vera fabbrica di questo prodotto tipico dobbiamo aspettare la metà dell’Ottocento: infatti, è nel 1846 che viene citato espressamente il “torrone” come specialità di una famiglia di dolcieri in particolare, i Cardone, che ancora oggi sono in attività: il fondatore, Francesco Antonio Cardone, riprende l’antica ricetta dei monaci e la modifica, creando un nuovo scrigno a base di miele di zagara, albume di uova fresche e mandorle tostate che alla fine del secolo gli vale addirittura il titolo di “Fornitore della Real Casa Savoia”. Ma il prestigio di questo torrone è destinato a crescere sempre di più, soprattutto grazie alle numerosissime botteghe artigiane, le quali hanno creato una cultura manuale nella lavorazione che lo fa distinguere dagli altri “fratelli”. Infatti, nel 1885, N. Marcone scrive che “I torroni di Bagnara fanno il giro del mondo, e veramente sono tali da meritare siffatto onore”.

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Torrone di Bagnara IGP: caratteristiche e disciplinare 

A differenza dei suoi colleghi, come il torrone di Caltanissetta o quello di Cremona, il Torrone di Bagnara è l’unico a ottenere il riconoscimento IGP (nel 2014)  e, con esso, anche un rigido disciplinare per tutelarne il processo produttivo e la messa in commercio. Quali sono le caratteristiche che rendono così incredibile questo prodotto e che hanno fatto innamorare perfino la famiglia Reale?

Forse il suo segreto sta proprio nella semplicità degli ingredienti: come abbiamo spiegato all’inizio, il “Torrone di Bagnara IGP” deriva essenzialmente dalla “cottura e lavorazione di miele, zucchero e mandorle non pelate tostate, cannella e chiodi di garofano in polvere e con la copertura di zucchero in grani o cacao amaro”, così recita il disciplinare. Si identificano, inoltre, due varianti che differenziano per la copertura:

A parte queste differenze “esteriori”, il Torrone di Bagnara IGP presenta le stesse caratteristiche:

Il metodo di produzione del Torrone di Bagnara IGP

Come abbiamo visto, è proprio il metodo di produzione uno degli aspetti che rendono unica questa particolare varietà di torrone e che gli fa valere il prestigioso riconoscimento. Quindi, vediamo quali sono i passaggi.

  1. Per prima cosa, bisogna occuparsi della cottura dello zucchero: bisogna cuocerlo insieme alle mandorle non pelate, nella versione Martiniana, a fuoco diretto a una temperatura di 160/200° C, finché, mescolando meccanicamente, non raggiunge un colore marrone, definito “a manto di monaco”.
  2. Si aggiungono gli albumi o l’albumina d’uovo e si procede a cottura lenta: l’obiettivo è ottenere una massa zuccherina che si presenti, a temperatura ambiente, dalla consistenza vetrosa, facilmente “fratturabile” se sottoposta a pressioni. Questa caratteristica – chiamata “rottura vitrea” – è fondamentale per il raggiungimento del prodotto finale.
  3. A questo punto, si procede aggiungendo la cannella e i chiodi di garofano in polvere (si possono aggiungere anche la vanillina e/o oli essenziali di agrumi); nella versione “Torrefatto glassato”, anche le mandorle non pelate precedentemente tostate. Si mescola fino a ottenere un composto omogeneo.
  4. Finalmente, l’impasto può essere versato in apposite forme e lasciato raffreddare finché non si raggiunge una temperatura tale da permettere la manipolazione.
  5. Quando si è raffreddato, è arrivato il momento di porzionare il composto e conferirgli la caratteristica forma: questo passaggio può essere svolto manualmente, col coltello, oppure meccanicamente.
  6. Dopo il delicato processo di porzionatura, si passa alla glassatura: occorre, quindi, sciogliere lo zucchero semolato in acqua e oli essenziali di agrumi e farlo cuocere a una temperatura di 110/118° C fino ad ottenere uno sciroppo di zucchero. Nella versione del “Torrefatto glassato”, si aggiunge anche il cacao amaro in polvere.
  7. Ora si possono immergere le forme “nude” di torrone nello sciroppo e, poi, scolarle per eliminare l’eccesso. Qui, però, occorre fare una distinzione per le due varianti di torrone: per quello “Torrefatto glassato”, una volta asciugato il prodotto, si completa  la glassatura anche nella faccia inferiore del torrone, lo si pulisce dalle eventuali colature della glassa e lo si spennella con lo sciroppo (“nastratura”) per conferirgli la peculiare superficie esterna levigata; per quello “Martiniana” si passano le forme appena immerse nello sciroppo e leggermente scolate nello zucchero grezzo, evitando la formazione di grumi durante il raffreddamento e lasciandoli semplicemente asciugare a temperatura ambiente.

A differenza degli altri torroni frutto di cotture a bagnomaria o comunque a basse temperature, il Torrone di Bagnara IGP ha, quindi, caratteristiche organolettiche uniche che derivano da una tradizione antichissima, dal perfetto dosaggio degli ingredienti e da questo particolare sistema di cottura a fuoco vivo e ad alte temperature.

La zona di produzione

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Questo prodotto non sarebbe mai esistito se non fosse stato per le caratteristiche della zona di origine e le mani abili ed esperte dei mastri torronai. Come abbiamo visto, il luogo di nascita è Bagnara Calabra, una cittadina a pochi chilometri dallo Stretto di Messina: nel territorio circostante si coltivano soprattutto agrumi, e l’intera zona è famosa per la produzione di miele di zagara, proveniente dal fiore degli agrumi che abbondano sulla Costa Viola e in gran parte della Calabria, e di mandorle coltivate allo stato naturale, tutti ingredienti fondamentali per la fabbricazione del torrone. E ancora oggi, l’area geografica di produzione si ferma all’intero territorio amministrativo del comune di Bagnara Calabra, secondo il disciplinare.

Uno, nessuno, centomila: tutte le varianti del Torrone di Bagnara

Sono due, quindi, le versioni di Torrone di Bagnara che hanno ottenuto il marchio IGP: lo storico “Martiniana” e il glorioso “Torrefatto glassato”. Ma quante sono le varianti di questo torrone? Aprite bene gli occhi: se ne contano ben 27! Tra queste, un’altra molto famosa e apprezzata è il Fino Bianco Glassato, e da non perdere assolutamente è il brevettato Torrone Bacetto, un torroncino a forma di piramide rivestito di cioccolato fondente. E vogliamo parlare del Morbido al cioccolato, il Torroncino, il Gianduia, i torroncini ostiati, i Croccantini al latte e fondenti e le Carezze al rhum e al caffè? 

E se un tempo il torrone era un dolce principalmente natalizio, da mangiare durante le festività, adesso, dato il suo prestigio, si può trovare quasi tutto l’anno. Perciò, per i prossimi pranzi o cene con parenti e amici, avete mai pensato di stupirli con un semifreddo al torrone con salsa di pistacchi, oppure una zuppetta di torrone e cioccolato

 

Dal Settecento a oggi, il Torrone di Bagnara IGP ha saputo tramandarsi di generazione in generazione, e diventare un’istituzione di questi manufatti dell’arte dolciaria. Se siete indecisi tra quale variante provare per prima, noi abbiamo la soluzione: perché non assaggiarle tutte?

 

Fonti:

qualigeo.eu
politicheagricole.it

 

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