“È un momento critico”. Così Tom Mueller sintetizza lo stato di forma del comparto olivicolo italiano. Schiacciato dagli scandali, umiliato dall’esplosione del falso made in Italy, frustrato dal clima e dalla Xylella, l’extravergine prova a rialzarsi con un’annata finalmente positiva, a leggere le prime proiezioni. Ma pare un fuoco di paglia, e Mueller, osservatore privilegiato forse proprio perché non italiano (“non sono esperto – dice -, sono esperto di esperti”), lo sa e ne spiega il perché.
Il giornalista americano disvelò nel 2012, col libro Extra Virginity, tradotto un anno dopo in italiano, un mondo che si pensava dorato ed è invece un intreccio di imbrogli, come le ultime inchieste hanno dimostrato: olio non tricolore smerciato come tale, extravergine che in realtà non lo è, prodotto difettoso deodorato e spacciato per olio di qualità. Mueller, che non ha abbandonato l’Italia ma anzi ci vive (in Liguria), diede il la col suo lavoro al criticato servizio del New York Times, le strisce che demolivano l’extravergine più famoso dal mondo, e di recente è stato intervistato dalla Cbs per il programma “60 minutes”, dedicato alla penetrazione dell’agromafia in tutte le filiere del settore. In quel frangente ha ricordato, giusto per riportare sulla terra chi pensa che il momento peggiore sia passato, che tre quarti dell’olio spacciato per italiano negli Stati Uniti in realtà italiano non è.
Extravirginity servì a scoperchiare un pentolone tutt’altro che immacolato. Qualcosa sembra cambiato da allora nell’approccio dei consumatori.
Tom Mueller . Pian piano sono venuti fuori più concorsi, c’è un’attenzione maggiore sulle qualità del vero e sul rischio del falso. C’è maggiore consapevolezza. Per quanto riguarda le autorità, invece, mi sembra sempre la stessa musica: e questa tentata depenalizzazione del falso made in Italy è per me un potenziale autogol.
Le inchieste di questi ultimi mesi sono state utili?
T.M. Gli investigatori e i pubblici ministeri hanno fatto e stanno facendo un lavoro egregio, il sostegno politico dietro manca in modo pressoché totale. Il parlamentare Colomba Mongiello fa la lotta giusta e lo stesso fa qualcun altro, poi c’è un vuoto. Addirittura c’è pressione nell’altro senso: chi nel ministero vuole depenalizzare e commutare un crimine in sanzione da 9000 euro non fa altro che facilitare la frode. E allo stesso tempo danneggia l’immagine dell’Italia del mondo e dà ragione al famigerato fumetto del New York Times: se il Governo dice “non sta a me controllare la qualità del made in Italy”, chi lo fa? E’ un’assurdità, un’oscenità. E le truffe ci sono ancora.
È un problema dunque essenzialmente politico?
T.M. Non è solo un problema del l’Italia, si parla di cibo industriale contro cibo artigianale, l’olio è un esempio lampante di questo problema ma ce ne sono altri. Il Governo spesso e volentieri dà sostegno ai grandi industriali: di per sé non ci sarebbe nulla di male, ma si tratta anche di quelli che stanno compiendo stragi come qualche settimana fa in Puglia: 7000 tonnellate di olio non italiano e magari con qualcosa che non va chimicamente, smerciati come olio 100% italiano. Questo è sputtanare l’immagine dell’Italia e fare danni gravi a chi produce bene. Cosa fa una parte del ministero? Spinge per la depenalizzazione. Questo per me puzza come olio rancido.
Diceva, nel 2012, che il nome dell’extravergine è distrutto. Conferma, a distanza di quattro anni, o qualcosa è cambiato?
T.M. Completamente. Il nome vuol dire sempre di meno. Il concetto legale c’è, ma in realtà non viene difeso.
La nuova attenzione verso l’olio può servire da paradigma per altri settori?
T.M. Sì, può essere un esempio se serve a definire bene cosa vuol dire qualità e comunicarlo ai consumatori. Vuol dire anche che il Governo dovrebbe dare sostegno alla qualità vera, senza dare spazio a chi la distrugge. È un discorso sia di educazione del consumatore che di incentivo a quella parte sana che produce qualità. Comunque è un bellissimo mondo quello dell’olio, ma prendiamo ad esempio il vino: i grandi vini non fanno concorrenza a quelli più modesti. Questo sarebbe fantastico, ci sta che ci sia un olio modesto: l’importante è che ci sia scritto. Questo non avviene.
Le truffe, come la deodorazione, sono sempre dietro l’angolo.
Purtroppo è così. Chi fa l’innovazione nella frode ti viene il dubbio che siano in parte anche quelli che fanno i test: i ladri stanno spesso tre passi avanti ai poliziotti.
L’interesse della mafia per l’agroalimentare, come mostra l’ultimo dossier di Coldiretti ed Eurispes, non cala, anzi. Le mani della grande criminalità organizzata sono anche sull’olio?
T.M. A Matteo Messina Denaro è stata sequestrata di recente una notevole quantità di terreni e strutture di produzione. Quindi sicuramente qualcosa c’è, se c’è un controllo di un certo tipo chi controlla guadagna. Secondo i pm che allora ho consultato non c’è un interessamento diretto. A parte questo, ovviamente, che mi sembra comunque un esempio forte.
Tom Mueller non indugia sul servizio del NYT che qualche problema creò anche a lui. Anche allora disse che c’erano degli errori grossolani, e ora non è il caso di rivangarli. Gli errori dell’Italia, però, rimangono immutati. La cronaca lo racconta, e il giornalista, che a forza di parlarne e assaggiarlo si è innamorato dell’extravergine italiano, quello vero, e del curioso mondo che gli gira intorno, è costretto suo malgrado a osservarne l’immutabilità.