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Alternative al latte vaccino: meglio scegliere quello di altri animali?

Fra chi preferisce non bere latte vaccino, i tipi di latte alternativi di origine animale suscitano un interesse crescente, anche se si tratta di prodotti più costosi. La diffidenza verso il latte di mucca negli ultimi anni è aumentata, modificando di conseguenza i consumi relativi al settore lattiero-caseario e aprendo la strada ad altri prodotti sostitutivi. La dottoressa Luisa Zoni e il professor Enzo Spisni ci hanno aiutato a saperne di più sulle ricerche e sulle teorie secondo le quali il latte di mucca è nocivo e cancerogeno. In un’intervista a Maria Sole Facioni, presidente dell’AILI, abbiamo approfondito gli aspetti dell’intolleranza al lattosio, illustrando sia la diagnostica che l’alimentazione specifica per chi non può digerire questo zucchero tipico del latte.

Recentemente abbiamo approfondito le caratteristiche delle bevande vegetali alternative al latte, evidenziandone i pregi e i difetti. Questa volta, seguendo lo stesso metodo, ci occuperemo dei tipi di latte alternativi di origine animale, cercando di capire se in determinate condizioni possono essere preferibili rispetto al latte vaccino.

Tipi di latte di origine animale: quali sono le alternative?

latte alternativo

La diffusione e la riscoperta di quelli che oggi definiamo latti alternativi – ottenuti dalla mungitura di animali di razze particolari e spesso da piccole produzioni dipende da diversi ragioni, che possiamo classificare in due gruppi principali. Il primo di questi deriva dall’aumentata consapevolezza sulla filiera del latte della grande distribuzione, che ha spinto una fascia di consumatori attenti ai temi etici e ambientali a spostare le loro preferenze verso produzioni più simili a quelle del passato.

L’industrializzazione del latte

L’industrializzazione che negli ultimi cinquant’anni ha interessato il settore lattiero-caseario ha dettato uno standard per il latte di mucca, che inevitabilmente ha privilegiato le quantità prodotte rispetto alla qualità. Questo processo ha anche determinato la selezione genetica delle mucche da latte, che dal punto di vista produttivo dovevano rientrare in questa logica quantitativa. Il latte che oggi troviamo nei supermercati è munto da vacche ad alto rendimento di razza Frisona, animali che in regime intensivo riescono a produrre fino a 60 litri di latte al giorno, un volume estremamente elevato. Questi ritmi produttivi incidono negativamente sulla durata e sulla qualità della vita delle mucche, che vengono abbattute presto, spesso in seguito alle frequenti infezioni e ai problemi agli arti alle quali sono soggette. Va poi ricordato il considerevole impatto ambientale del consumo di latte, che dipende dai consumi e dall’elevata emissione di gas serra degli allevamenti bovini.

Le proprietà nutrizionali e organolettiche

Il secondo gruppo di ragioni che può spingere a preferire i latti alternativi dipende dalla ricerca di prodotti che, oltre ad essere genuini, abbiano anche caratteristiche nutrizionali e organolettiche superiori, o quantomeno specifiche rispetto a particolari usi ed esigenze. Come anche il professor Spisni evidenziava nella nostra intervista, il latte che beviamo oggi è diverso da quello che consumavano i nostri avi, a causa delle differenze fra i bovini e tra i metodi di allevamento e produzione. Dal punto di vista organolettico la differenza può essere più evidente, ma le ricerche non hanno ancora fatto luce riguardo alla variazione chimica dipendente dai metodi produttivi, aspetto complicato da indagare. Dal punto di vista nutrizionale, comunque, il latte di vacca Frisona ad alto rendimento è più leggero e più povero rispetto ai latti di razze bovine tradizionali, anche a causa dei grandi volumi prodotti.

L’industrializzazione del settore lattiero-caseario ha favorito l’appiattimento della biodiversità degli animali domestici. Quelle che oggi sono razze rare o quasi estinte, un tempo erano ben più diffuse nelle nostre campagne. L’attuale omologazione ha relegato molti prodotti tradizionali ottenuti da queste razze a una fascia ristretta ed elitaria del mercato, contribuendo a renderli di fatto dei beni di lusso, recentemente riscoperti e valutati come eccellenze gastronomiche.

Tutte le motivazioni che abbiamo ricordato concorrono nell’orientare una categoria di consumatori – numericamente limitata ma in crescita – verso un consumo di latticini quantitativamente ridotto ma qualitativamente elevato. Ecco perché i latti alternativi possono diventare un’opzione preferibile. Queste considerazioni ci portano direttamente alla valutazione dei pregi e dei difetti di alcuni di questi latti. Nei prossimi paragrafi vedremo se e quando questi alimenti possono essere una scelta migliore.

Latte di asina

Il consumo umano del latte di asina ha origini antiche, grazie a quello che, come vedremo, è il primo fra i pregi di questo prodotto. In Toscana sono in corso ricerche al fine di definire precisamente le proprietà di questo latte, in particolare di quello della razza autoctona amiatina, per la quale si stanno attuando progetti di valorizzazione.

Pregi:

Difetti:

Latte di capra

Anche il consumo del latte di capra ha origini ancestrali, specialmente nelle aree montane dell’Europa centro-meridionale. Negli ultimi anni questo latte è stato riscoperto, grazie ai pregi che stiamo per elencare.

Pregi:

Difetti:

Latte di pecora

Il latte di pecora è impiegato soprattutto per produrre formaggi, mentre il suo consumo diretto è molto meno diffuso. Fra i latti alternativi, si distingue per una caratteristica.

Pregi:

Difetti:

Latte di bufala

È un prodotto il cui consumo umano risale ai primi casi di addomesticamento e allevamento dei bufali, ovvero molto prima che iniziasse la selezione delle razze bovine. La sua diffusione è maggiore nel Sud-Est asiatico, area dalla quale questi animali provengono. In alcune zone d’Europa, fra le quali la Campania in Italia e la Transilvania in Romania, l’allevamento dei bufali è radicato e tradizionale. Il latte di bufala è destinato soprattutto alla produzione di formaggi a pasta filata, come la mozzarella, ma anche di quelli stagionati.

Pregi:

Difetti:

Non snobbiamo le mucche

Come abbiamo visto, il latte di mucca resta un alimento valido se confrontato con i latti di altri animali da allevamento. Per il consumo diretto da parte di soggetti adulti non allergici, il latte vaccino si conferma il più adatto. Fra i latti alternativi, tuttavia, vanno annoverati anche quelli di mucche di razze diverse dalla tipica Frisona che si descriveva precedentemente. Fra queste, possiamo citarne due italiane di pregio, recuperate e rivalutate negli ultimi anni, come la Bruna italiana e la Rossa reggiana. Quest’ultima è nota per una produzione particolarmente pregiata di parmigiano-reggiano. Al netto delle considerazioni nutrizionali, tuttavia, nel valutare la qualità di un latte i metodi di allevamento e produzione vanno considerati maggiormente rispetto alla specie o alla razza dell’animale dal quale il latte stesso è ottenuto.

Dopo questo approfondimento sui tipi di latte alternativi di origine animale, può essere interessante leggere il nostro articolo sulle bevande vegetali e le nostre interviste sulla nocività e sulla cancerogenicità del latte. Riguardo al tema degli allevamenti intensivi, per saperne di più possiamo consigliare i nostri approfondimenti sui polli da carne, sull’impiego di farmaci e sul rischio di resistenza agli antibiotici che l’abuso di queste sostanze può comportare.

 

Fonti:
Università di Pisa
USDA – Food Composition Database
CIWF – Compassion in World Farming

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