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Da Alba a Norcia: tour delle città del tartufo in Italia

marco mayer/shutterstock.com

 

L’autunno è tradizionalmente considerato il periodo in cui il bosco offre i suoi doni migliori. Tra questi, il più pregiato è senza dubbio il tartufo. Ne esistono diverse varietà, che possono raggiungere costi esorbitanti e che si prestano sia come base per la realizzazione di prodotti enogastronomici – come oli, salse, paste secche aromatizzate e conserve – sia come ingrediente per impreziosire ricette e preparazioni culinarie. In questo senso, l’Italia può essere considerata a tutti gli effetti patria del tartufo. Non solo per la quantità e la qualità del raccolto, ma anche e soprattutto perché la ricchezza ambientale del nostro Paese fa sì che vi crescano tutte le varietà più apprezzate. Nell’articolo di oggi andremo a compiere proprio un viaggio tra le città del tartufo in Italia, scoprendo le località più note per la produzione di questo prezioso tubero.

Il tartufo, dono del bosco

Tartufo tipologie
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Partiamo col chiarire che cos’è il tartufo. Si tratta di un fungo ipogeo, ovvero che nasce e cresce sotto terra. Per coglierlo ci si serve dunque di animali in grado di fiutarne la presenza, tipicamente cani appositamente addestrati. Il tartufo emana, infatti, un caratteristico odore, che funge da richiamo per animali selvatici, quali il cinghiale, la volpe, il tasso e il ghiro, che contribuiscono poi a spargerne nel bosco le spore e favorire così la proliferazione della specie. Ha una forma irregolare, tipica dei tuberi, che è influenzata dal tipo di terreno in cui cresce: se è morbido, assumerà un aspetto sferico, se invece è piuttosto duro e pietroso, tenderà a presentarsi bitorzoluto. Il tartufo, del resto, vive in simbiosi con l’ambiente e soprattutto con la pianta da cui trae linfa. Le specie vegetali alle radici delle quali cresce sono tipicamente cerro, rovere, pioppo, quercia, nocciolo, carpino e tiglio. Costituito da un nucleo interno sodo e carnoso, chiamato “gleba”, e dal “peridio”, il rivestimento esterno che può essere liscio o rugoso, è composto prevalentemente da acqua e da una piccola percentuale di fibre e di sali minerali. Sebbene la distinzione più nota sia quella tra tartufo bianco e tartufo nero, in cui si fa riferimento al colore del peridio, esistono molte specie di tartufo.

Città del tartufo in Italia: le tappe irrinunciabili

Se è vero che esistono tante varietà di tartufo, è altrettanto vero però che le più pregiate e usate in cucina però sono poche, tutte presenti nel nostro Paese e spesso associate a particolari aree geografiche. Al punto da permetterci di intraprendere un ideale percorso tra le città del tartufo in Italia.

Alba (CN), la regina del Tartufo Bianco Pregiato

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Iniziamo da Alba, cittadina di circa 30 mila abitanti, nel cuore delle langhe piemontesi. In questa suggestiva cornice di colli solcati da filari di viti, intervallati da piccoli borghi storici, si estendono boschi dove trova terreno fertile soprattutto il rinomato Tuber Magnatum Pico. È questa la denominazione scientifica di quello che è comunemente noto come Tartufo Bianco Pregiato. Il nome stesso lascia intuire che si tratta della specie più ricercata, con quotazioni di mercato che, nel 2019, sono oscillate tra 250 e 380 euro all’etto. Cresce spontaneamente nell’arco temporale che va dalla fine dell’estate fino all’inizio dell’inverno. Come per la caccia, l’amministrazione regionale fissa ogni anno un calendario che definisce la stagione di raccolta: generalmente si tratta del periodo compreso tra la terza decade di settembre e la fine del mese di gennaio. È importante, infatti, osservare dei tempi di sospensione per permettere la maturazione dei corpi fruttiferi e la proliferazione della specie, come sottolineato dal Centro Nazionale Studi Tartufo e l’Unione delle Associazioni Trifolao Piemontesi, due realtà attive nella tutela del prezioso tubero.

Caratterizzato da un peridio giallo pallido, talvolta tendente al marroncino, e dalla gleba con tonalità dal bianco al beige solcata dalle tipiche microvenature bianche, il Tartufo Bianco Pregiato vanta un profumo costituito da 120 molecole volatili. L’aroma che sprigiona è delicato e complesso al contempo, capace di impreziosire numerosi piatti. In particolare, una specialità tutta piemontese sono i tajarin: sottili tagliatelle all’uovo da lessare al dente e far saltare poi in padella con una noce di burro, aggiungendo infine delle scaglie di tartufo. Allo stesso modo, si sposa perfettamente alla classica fonduta di formaggio o ai risotti. Un tipico risotto alla piemontese è in bianco, con un soffritto di burro e cipolla, la spinta speziata del pepe nero, la sapidità del Grana Padano e la grattugiata finale di tartufo. In ogni caso, per non disperderne l’aroma, il tartufo va sempre aggiunto a crudo, affettandolo con una lama affilata direttamente sulla pietanza da servire. Ogni anno la cittadina piemontese è teatro della Fiera Internazionale del Tartufo d’Alba, la cui 90° edizione è in programma dal 10 ottobre all’8 dicembre 2020.

Acqualagna (PU): tartufi per tutte le stagioni

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Un viaggio tra le città del tartufo in Italia non può prescindere dal fare tappa ad Acqualagna. Siamo nella provincia di Pesaro-Urbino, in quella porzione delle Marche che confina con la Romagna. Qui il fiume Candigliano, affluente del Metauro, apre una breccia tra i monti e regala uno scorcio di paradiso come la Gola del Furlo, che dal 6 Febbraio 2001 è Riserva Naturale Statale. In questo contesto naturalistico si estendono terreni boschivi capaci di regalare le quattro specie più pregiate di tartufo:

Non a caso, ad Acqualagna se ne commercializzano dalle 600 alle 700 tonnellate all’anno, che rappresentano circa i ⅔ della produzione nazionale totale. Il piccolo comune marchigiano è inoltre sede di numerosi eventi dedicati al tartufo, il più importante dei quali è la Fiera Nazionale del tartufo Bianco: tre fine settimana, solitamente a cavallo tra fine ottobre e inizio novembre, all’insegna di stand gastronomici, mercatini, show-cooking e altri eventi tematici. Altri appuntamenti di rilievo sono la Fiera Regionale del tartufo Nero Pregiato, in programma a febbraio, e la Fiera Regionale del tartufo Nero Estivo, che si tiene invece a luglio. Tra i piatti tipici, da citare le tagliatelle al tartufo bianco, che a differenza dei tajarin piemontesi prevedono l’aggiunta di brodo di carne e qualche scaglia di tartufo già nella base soffritta con burro e cipolle, i crostini, con fettine di pane abbrustolito da condire con un’emulsione di burro fuso, brodo, limone e tartufo, e la frittata al tartufo nero estivo.

Norcia (PG), dove il tartufo nero è di casa

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Parlare di Norcia può suscitare sensazioni da deja-vù, avendola già citata sia nell’articolo sui salumi italiani di maggior pregio, col suo Prosciutto di Norcia IGP, sia nel recente viaggio tra i formaggi italiani più tipici, con un accenno al Pecorino di Norcia del pastore. La cittadina umbra non può essere ignorata nemmeno quando si parla di tartufo: tra le alture dei Monti Sibillini, si trovano in particolare tre varietà di tartufo nero. A partire dal Tuber Melanosporum Vittadini, così chiamato in onore del botanico e biologo che per primo lo classificò. Meglio noto come Tartufo Nero Pregiato di Norcia, si raccoglie tra dicembre e marzo, ha forma tipicamente tondeggiante, peridio nero e gleba color nero-vinaccia, solcata da venature più chiare. Gli esemplari più piccoli sono di circa 20 grammi, mentre quelli più grandi possono sfiorare il chilo. Parente stretto del Nero Pregiato è il Tartufo Nero Invernale, classificato dalla letteratura scientifica come Tuber Brumale Vittadini. Esternamente del tutto simile al Tuber Melanosporum, ma dalle dimensioni in genere inferiori, all’interno rivela tonalità grigio-fumo, con venature biancastre più rade, anche se evidenti nei punti in cui confluiscono. Altra specie tipica dell’area di Norcia e della Valnerina è, infine, il Tartufo Nero Estivo. Chiamato anche “scorzone”, si distingue per il periodo di maturazione (da maggio a ottobre), per il colore nocciola della gleba e per odore e sapore che ricorda vagamente quello del fungo porcino. Considerato di minor pregio rispetto alle altre due specie sopra citate, ne esiste anche una variante invernale, nota come “Tartufo Uncinato”.

Tra i piatti tipici della zona, il tartufo trova spazio nelle beccacce alla norcina: volatili ripieni di una farcia a base di salsiccia umbra tritata, aromatizzata con timo, maggiorana, cannella e noce moscata, sfumati in padella con del vino e quindi portati a cottura con un ragù bianco di tartufo. Da citare anche il cosiddetto filetto del cavatore, in cui la carne di manzo è condita da un’emulsione di trito di vitello, uovo, fonduta di caciotta e scaglie di tartufo.

San Miniato (PI), la patria toscana del Tartufo Bianco 

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Terra nota per i colli e i boschi che popolano l’Appennino, la Toscana risponde presente all’appello delle città del tartufo in Italia. E lo fa grazie soprattutto a San Miniato, comune dell’entroterra pisano di circa 27 mila abitanti, rinomato soprattutto per la sua produzione olearia e vinicola. Altro prodotto d’eccellenza qui è però il tartufo, soprattutto il Tuber Magnatum Pico, protagonista della Mostra Mercato Nazionale del Tartufo Bianco delle Colline Sanminiatesi. Un appuntamento che, da tradizione, coinvolge l’intero paese, attraverso una serie di eventi, degustazioni, locali con menù ad hoc e la fiera dei prodotti enogastronomici e di artigianato. Sono tante, tuttavia, le manifestazioni legate al tartufo, come la Fiera Mercato del Tartufo Bianco della frazione Corazzano (organizzata intorno al primo fine settimana di ottobre), la Festa del Tartufo di Balconevisi (terzo fine settimana di ottobre) e la Mostra Mercato del Tartufo Marzuolo a Cigoli (a marzo). San Miniato detiene il primato del tartufo più grande mai rinvenuto: un esemplare di 2,52 Kg, donato nel 1954 all’ex presidente degli Stati Uniti d’America Harry Truman. In cucina, la ricetta bandiera è l’uovo al tartufo bianco di San Miniato: le uova, cotte al tegamino con un filo d’olio extravergine di oliva e sale, vengono ricoperte da lamelle di tartufo e accompagnate da una fetta di pane casereccio toscano.

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Le altre zone da tartufo in Italia

Abbiamo citato le città più note per il tartufo, legate a eventi di portata internazionale, ma l’Italia può vantare altre aree fertili da questo punto di vista. A partire dal Lazio, noto per il tartufo dei Monti Lepini, che si coglie nella zona compresa tra i comuni di Carpineto Romano, Gorga, Montelanico, Segni e Sermoneta, a pochi chilometri da Roma. Sempre a ridosso della capitale, troviamo Cervara, dove la terra calcarea dei Monti Simbruini è favorevole alla formazione di tartufi neri. Allontanandosi verso la provincia di Frosinone, abbiamo invece il tartufo di Campoli Appennino, orgoglio della Ciociaria e protagonista della Fiera Nazionale del Tartufo di Campoli. Altra terra di tartufi è l’Abruzzo, che vanta una diffusione di varie specie sull’intero territorio regionale: dai monti aquilani alle vallate che si aprono tra l’altopiano della Majella e il massiccio del Gran Sasso, fino alle pinete che si estendono lungo la costa adriatica. Oltre a quelle che si riproducono naturalmente nelle aree boschive, l’Abruzzo conta una significativa presenza di specie coltivate. Similmente, nel vicino Molise c’è un’intera area dove i tartufi proliferano in abbondanza: Carovilli, San Pietro Avellana, Pietrabbondante e Capracotta, nella provincia di Isernia, e Bojano, in quella di Campobasso. In Basilicata, infine, di particolare pregio è il tartufo bianco del Serrapotamo, prodotto incluso nel registro PAT del MIPAAF, legato all’area intorno al comune di Carbone. Siamo nella provincia di Potenza e più precisamente nel cuore del Parco Nazionale del Pollino, dove i terreni freschi e umidi che si sviluppano intorno al torrente Serrapotamo sono habitat ideale per la proliferazione soprattutto del Tuber Magnatum Pico. Tra i piatti più rappresentativi, il risotto caciocavallo e tartufo e la pasta alla chitarra con tartufo e zafferano, ricetta tipicamente abruzzese, che celebra l’ideale matrimonio di sapori con un’altra eccellenza locale: lo Zafferano dell’Aquila DOP.

 

A malincuore concludiamo questo viaggio tra le città del tartufo. Ma possiamo consolarci: la stagione più prospera per questo autentico dono della terra è alle porte e l’Italia, come abbiamo visto, ne è un’autentica miniera. Da dove vorreste iniziare il vostro percorso gustativo? Quali specialità a base di tartufo vi ingolosiscono di più?

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