Un gusto salato e piccante, con una nota fresca, che ha conquistato i palati, tanto che sulle pagine del New York Times lo storico del cibo messicano Gustavo Arellano lo ha definito “uno stile di vita”: ma che cosa avrà di così speciale il tajín? Questo invitante mix di sale, lime e peperoncino, dalla sua messa in commercio, è stato utilizzato per condire praticamente qualunque pietanza, dai taco alla frutta fresca, come ananas e mango. Oggi vi racconteremo come è nato e cosa lo rende tanto versatile in cucina, ma prima è importante fare un paio di precisazioni. Non bisogna confonderlo, infatti, con la tajine e il tajine, rispettivamente la pentola dalle antiche origini e il piatto in essa cucinato nella tradizione nordafricana: quasi le stesse lettere, ma delle grosse differenze, a partire dalla pronuncia. In secondo luogo, dobbiamo concederci una piccola digressione: il tajín messicano, infatti, pur non essendo una salsa (è una polvere grossolana), ha origine proprio dalla lunga tradizione che questi condimenti hanno nella cucina del Messico.
Dove nasce l’ispirazione del tajín: l’importanza delle salse nella cucina messicana
Come abbiamo anticipato, facciamo un piccolo passo indietro. La cucina messicana è un crogiuolo di cibi e tradizioni diverse, che provengono sia dall’Europa che dagli antichi popoli precolombiani, e hanno dato vita a un vero gioiello: non è un caso, infatti, che sia diventata Patrimonio dell’Umanità per l’UNESCO. Le salse ricoprono al suo interno un ruolo importantissimo e rappresentano ben più di un mero condimento: sono parte della sua essenza. Vengono poste in tavola di modo che ogni commensale possa prenderne il quantitativo desiderato, oppure sono già nel piatto, e molte sono piccanti, perché il peperoncino è, come sapete, un ingrediente importantissimo di questa cucina.
Troviamo quindi il guacamole, la famosa salsa di avocado; la salsa verde, fatta con pomodori verdi messicani; la salsa roja (jalapeños, pomodori e aglio frullati, con aggiunta di olio, sale, un trito di cipolla e coriandolo) e la salsa negra (peperoncino e aglio tostati e frullati); il pico de gallo, o salsa fresca, a base di pomodori freschi tritati con cipolla e coriandolo. Un altro condimento molto famoso è a salsa ranchera, a base di pomodori messicani e aglio arrostiti, peperoncini serrano, non particolarmente piccanti, molto utilizzata in fajitas e burritos. Poi ci sono il mole poblano, il mole verde e altri mole, una vasta famiglia di salse che probabilmente derivano dalla tradizione azteca: aalcune hanno tra gli ingredienti il cioccolato, e sono utilizzati per cuocere la carne. O ancora, troviamo la salsa Veracruz, non molto piccante e ricca di ingredienti (jalapeños, olive, aglio, cipolla, capperi, olio d’oliva), la salsa habanero, fatta con i peperoncini omonimi e molto piccante e la salsa cascabel, che porta il nome dei peperoncini con cui è preparata, ideale su piatti di carne. Infine, ecco la salsa quemada, con pomodori arrosto, la salsa di frutta agrodolce e l’adobo, fatta con spezie, peperoncini e aceto di mele.
Ovviamente, non le abbiamo citate tutte, perché l’elenco è ben più ampio. Oltre il peperoncino, molte di queste preparazioni hanno in comune il succo di lime, ingrediente fondamentale anche nel tajín, che è stato appunto ispirato dalle salse messicane, ma che si presenta invece come una polvere e si ottiene triturando gli ingredienti.
Come è nato il tajín messicano e la sua diffusione
Il tajín è messicano e la sua ricetta risale al 1985, anno della sua “invenzione” da parte di Horacio Fernandez, un uomo lungimirante e appassionato della cucina del suo Paese. Si tratta di una storia di famiglia, in qualche modo, poiché l’ispirazione per questo condimento gli venne dalla salsa a base di peperoncini e succo di lime che sua nonna, Mamá Necha, preparava quando era piccolo, vera delizia per tutti. Abbiamo visto, infatti, che le salse sono il cuore pulsante del Messico, quando arriva il momento di sedersi a tavola.
Ma torniamo al signor Fernandez che, nella cucina della nonna, era tutto preso dagli odori e dai sapori che si sprigionavano dai piatti preparati dalla donna, ma soprattutto dalla salsa speciale. Una salsa, appunto: Fernandez, però, sebbene volesse riprodurne l’equilibrio di gusti, cercava qualcosa che fosse più pratico da trasportare, da versare sui cibi e ancora più versatile. Così, trovò il modo di essiccare al meglio i peperoncini (di tre varietà, árbol, guajillo e pasilla) e disidratare il lime, per non far perdere loro l’intenso aroma, li unì al sale e tritò il tutto, preparando il tajín ante litteram. Il suo nome, infatti, sarebbe arrivato durante un viaggio a El Tajín, un sito archeologico monumentale, situato nel sud del Messico. In quell’occasione, infatti, Fernandez scoprì che “aji” era il nome con cui i popoli che un tempo abitavano quella zone chiamavano il peperoncino.
Dalla commercializzazione al successo il passo fu abbastanza breve: neanche dieci anni dopo, infatti, il tajín varcava il confine, pronto a stuzzicare i palati statunitensi. Oggi ne vengono prodotte diverse varianti, come quella a base di habanero.
L’uso del tajín in cucina
Amato dai messicani, il tajín ha un gran numero di estimatori anche negli USA, e una miriade di utilizzi, come abbiamo già ricordato. In Italia si può trovare online o nei negozi etnici e può essere utilizzato sulla carne e sul pesce, sul formaggio, sulle contorni a base di verdure, sul mais bollito o arrostito, così come sulla frutta: molti, infatti, ne apprezzano il gusto su angurie, ananas e altri frutti tropicali, in un’insalata di frutta, addirittura su un frullato. La combinazione di peperoncino e lime è poi perfetta per guarnire cocktail come Margarita, Bloody Mary, oppure drink analcolici sempre a base di frutta. Un vero e proprio evergreen, insomma, che sembra destinato ad avere sempre più successo.
Avevate già sentito parlare del tajín messicano? Lo avete mai assaggiato?