Il lancio di FIHNK (Food Innovation Hub Network) è stato fra gli eventi più interessanti di Seeds&Chips 2019, il summit internazionale dedicato all’innovazione in ambito agroalimentare. Questa iniziativa mette al centro l’Africa, con l’obiettivo di avviare un ‘Rinascimento sostenibile’ che parta dall’economia agricola e dai sistemi alimentari, per consentire uno sviluppo equo, coordinato e diffuso, dove i giovani siano protagonisti. In che modo questo progetto vuole rivalutare il ruolo dell’Africa e avviare collaborazioni a vantaggio di tutti? Quali risultati si possono attendere? Per saperne di più, abbiamo interpellato Luigi Cavallito, chief operating officer per Seeds&Chips Africa e direttore del team di FIHNK.
Sviluppo agricolo in Africa: da Expo 2015 a FIHNK
Per comprendere meglio il progetto FIHNK e le innovazioni a esso associate, Luigi Cavallito ci aiuta a contestualizzarlo all’interno della quinta edizione di Seeds&Chips, il meeting ideato dall’imprenditore Marco Gualtieri e dalla quale questa iniziativa deriva.
Nel 2015, grazie a Expo, il dibattito sul cibo si apre anche ai soggetti comunemente non associati alle politiche alimentari: gli investitori, gli innovatori e i pionieri tecnologici, ma anche i contadini e i giovani studenti. In quello stesso periodo Seeds&Chips vedeva la luce, e negli anni successivi continuava a crescere, facendo incontrare questi attori così diversi e coinvolgendo personalità di grande rilievo internazionale, su tutte l’ex presidente statunitense Barack Obama.
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Come abbiamo visto nei nostri approfondimenti, gli obiettivi dell’Agenda delle Nazioni Unite sono strettamente legati al mondo del food, in particolare in relazione al contrasto alla povertà, alla fame, allo sfruttamento del lavoro e ai cambiamenti climatici.
Il summit concepito da Gualtieri, quindi, vuole proporsi come occasione d’incontro tra organizzazioni e soggetti interessati a creare una filiera agroalimentare efficiente, equa e sostenibile a livello globale. Dopo le prime quattro edizioni, però, era evidente la necessità di includere una realtà enorme e ancora poco coinvolta: l’Africa. Questo continente è il più giovane del pianeta, ha una crescita demografica molto forte ed è popolato da 1,2 miliardi di persone, con un’età media di soli 16 anni. Secondo le stime delle Nazioni unite, perdipiù, il numero degli abitanti dovrebbe raddoppiare entro il 2050. Impossibile, quindi, escludere l’Africa dalle discussioni sul futuro e sulla sostenibilità del sistema alimentare.
Da un lato, prosegue Cavallito, la situazione palesa la necessità di fornire cibo e sostentamento per tutti, a maggior ragione nei territori più poveri di risorse e infrastrutture, colpiti dalla fame e dalle guerre. Questo insieme di fattori, come noto, spinge a una migrazione di massa, che potrebbe acuirsi negli anni a venire.
Per il gruppo di lavoro di Seeds&Chips, la risposta migliore non poteva prescindere dal riconoscimento dell’Africa come una soluzione, e non come il problema, collegando tutte le energie positive locali con quelle globali.
Progetto FIHNK: come avviare lo sviluppo agroalimentare in Africa?
Senza pretendere di avere soluzioni immediate per questioni molto complesse, i primi passi di FIHNK sono coincisi interpellando i responsabili di alcune importanti realtà – quali l’Unione africana (UA), l’African Development Bank, la Fao, gli incubatori e le startup già esistenti – allo scopo di comprendere le necessità locali e avviare un circolo virtuoso di impresa e business etico.
Ciò che più manca, sottolinea Cavallito, “non sono i programmi spot in uno Stato o in un altro, ma un coordinamento efficace e moderno nella Babilonia di iniziative esistenti”. Pertanto, serviva un piano che sul campo potesse avvalersi di luoghi fisici, con la possibilità di far lavorare insieme gli stakeholder su soluzioni pratiche. Non meno utile, inoltre è una profonda operazione di educazione alla sostenibilità rivolta a famiglie, studenti e governatori locali. Secondo il direttore di FIHNK, “questo progetto può rivelarsi un successo anche perché non esistono iniziative realmente paragonabili. Quello che quasi tutti vedono come un grave limite – ovvero l’impossibilità di creare un coordinamento efficace – per il nostro team è una risorsa e un’opportunità, per condividere le buone pratiche e affrontare insieme i problemi ai quali trovare soluzioni”.
Considerando le dimensioni e la complessità del continente, il coordinamento di FIHNK ha deciso di avviare il progetto in dieci Paesi rappresentativi delle diverse anime dell’Africa – Angola, Ghana, Egitto, Etiopia, Kenya, Marocco, Mozambico, Nigeria, Ruanda e Sudafrica – oggi suddivisa in otto aree di scambio economico.
Peraltro, il piano Agenda 2063 dell’UA, recentemente approvato, mira a creare una sorta di ‘area Schengen africana’ (libero movimento di persone), in una visione di più lungo periodo rispetto alla stessa Agenda 2030 delle Nazioni unite. In Africa, aggiunge Cavallito, esistono realtà economiche, monetarie, politiche, sociali e linguistiche assai diverse fra loro.
Lo schema operativo e i Food Innovation Hub
Sul piano operativo, FIHNK vuole avviare, entro il 2030, un Food Innovation Hub (centro di innovazione alimentare) in ognuno dei Paesi citati, dove costruire e propagare lo sviluppo, coinvolgendo tanto i governi, quanto le università e le fondazioni. Secondo le previsioni, questo avverrà grazie a un finanziamento misto – pubblico e privato – per coprire le spese per la creazione e il mantenimento delle attività dei centri per i primi dieci anni, dopo i quali gli hub saranno economicamente avviati e autonomi.
Questi centri saranno basi multidisciplinari per la connessione delle realtà operanti nel sistema alimentare, per favorire sinergie e sviluppare idee, tecnologie, sperimentazioni, relazioni e collaborazioni utili a una crescita diffusa, nell’ottica di un’economia circolare e sostenibile. Il progetto FIHNK vuole costituire un ecosistema dinamico e in grado di adattarsi ai nuovi problemi da risolvere che il futuro presenterà. All’interno di questa visione, i Food Innovation Hub dovranno quindi rappresentare i nodi della rete, nonché gli avamposti per propagare progresso e conoscenza.
Il primo centro pilota sarà creato in Ruanda, dove le condizioni risultano più favorevoli sul piano economico-sociale e politico. In questo Stato dell’Africa centrale, il Food Innovation Hub dovrebbe insediarsi entro un anno, partendo da una rete di soggetti interessati già attivi a Seeds&Chips, per far sì che queste persone abbiano uno spazio fisico per poter restituire alla popolazione locale soluzioni applicabili e accessibili. A tal proposito, non basta lanciare solo operazioni di business, ma occorrono anche iniziative culturali, aspetto che ha spinto FIHNK ad aprire una fondazione per coinvolgere i soggetti interessati che possono aderire, come la Fao.
Il progetto, quindi, si propone per il ruolo di coordinamento e contatto con tutte le realtà, anche alla luce dell’esperienza acquisita con Seeds&Chips. Il team multidisciplinare di FIHNK, inoltre, può contare sulle ricerche fornite dai soggetti partecipanti e dalle esperienze individuali. Fra le realtà italiane coinvolte, si possono citare il Politecnico di Milano – già impegnato nelle ricerche sull’agricoltura 4.0 – e quello di Torino, uniti nel progetto African Innovation Leaders. Molte altre sono le partnership alle quali si sta lavorando, e che verranno ufficializzate nei prossimi mesi.
In sostanza, il gruppo operativo – nato grazie a Seeds&Chips – sta cercando di individuare chi già sta operando in Africa, per proporre di usare FIHNK come piattaforma organizzativa, per supportare i talenti e le varie iniziative in essere. Non si tratta di un progetto no profit, ma di un’iniziativa imprenditoriale che vuole dimostrare le potenzialità di questo continente ai fini di una crescita sostenibile, dividendo gli utili equamente e creando esternalità positive per tutti. L’approccio, quindi, è razionale e proattivo, per uno sviluppo condiviso, ben lontano dalle logiche predatorie e di impronta coloniale che in Africa hanno fatto gravi danni.
Creare un business equo, sostenibile e diffuso
Luigi Cavallito continua illustrando il substrato sociale e imprenditoriale dove il progetto si trova a operare. “Prima i giovani delle famiglie africane benestanti si trasferivano all’estero per studiare e lavorare, mentre adesso tendono a restare o a tornare in patria, mettendo in campo una grande voglia di riscatto”. Oggi, pertanto, le mere richieste di aiuto lasciano spazio a proposte per creare business insieme, in un’ottica di reciproco vantaggio, che abbina ‘visione e azione’, per citare Nelson Mandela.
“Le nuove generazioni africane non vogliono soluzioni preconfezionate e calate dall’alto, ma desiderano compartecipare alla progettazione di quelle che riguardano la loro vita”. Fondamentale, pertanto, è mantenere un approccio aperto e inclusivo, evitando forme di competizione che spesso si rivelano più dannose che utili, afferma Cavallito.
A lungo termine, perciò, FIHNK mira a costituire un tessuto economico-sociale innovativo, del quale possano beneficiare le generazioni future, come sottolinea l’intervistato. “La crescita sostenibile non è una destinazione ma un viaggio, un insieme di buone pratiche da assorbire e diffondere. Bisogna dimenticare i pregiudizi sbagliati di superiorità, per basarsi sulla collaborazione. Il nostro non è un progetto per l’Africa, è un progetto con l’Africa”.
Il lancio di FIHNK a Milano
Durante i quattro giorni di Seeds&Chips 2019 a Milano, a FIHNK è stato destinato uno spazio con un palco parallelo, dove si è subito testata una co-progettazione alla quale hanno partecipato più di cento soggetti, africani e non. Questo primo passo doveva verificare l’utilità di una rete di Food Innovation Hub, sfruttando il summit milanese.
Se il primo giorno della manifestazione è servito a presentare l’Africa dal punto di vista sociale e culturale, nella seconda giornata le conferenze hanno illustrato lo stato dell’arte e i problemi da affrontare, ma anche i soggetti in campo e le soluzioni percorribili. Dopo la descrizione dei centri per l’innovazione e le prime progettazioni della terza giornata, l’ultimo giorno del meeting è servito per registrare le considerazioni conclusive e coltivare il network creato, che nei prossimi sei mesi si cimenterà nell’ideazione condivisa del primo centro ruandese. Questo passaggio servirà anche per restituire un modello di Food Innovation Hub, evitando di avviare progetti senza un confronto con chi ne dovrà usufruire, un errore più volte ripetuto in Africa, specialmente nell’ambito educativo, sottolinea Cavallito.
In sostanza, FIHNK punta a creare piani e infrastrutture realmente utili e fruibili per la popolazione, testandone l’efficacia prima in un Paese piccolo e abbastanza evoluto come il Ruanda, per poi replicare il modello, adattandolo alle altre realtà africane. Le aperture dei centri per l’innovazione saranno graduali, e sempre basate sulle diverse situazioni delle dieci nazioni citate.
Relazioni internazionali e obiettivi
I dieci centri per l’innovazione alimentare di FIHNK dovranno aprire entro il 2030, con lo stesso limite temporale fissato dalle Nazioni unite per gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nel 2020, durante la prima edizione di Seeds&Chips Africa a Kigali, in Ruanda, questo piano decennale verrà annunciato ufficialmente.
Per raggiungere questa meta, risulta fondamentale un lavoro di mappatura, per migliorare progressivamente la progettualità. “Tra dieci anni vorremmo che tutto sia abbastanza avviato, per gestire e proseguire con più consapevolezza”, aggiunge Cavallito.
Ancora non è stata decisa la sequenza di apertura dei prossimi hub, aspetto per il quale sono determinanti il ruolo e la disponibilità nei singoli Stati, fondamentali per il successo complessivo del progetto, che necessita di condizioni di sicurezza e legislazioni favorevoli per operare al meglio. Ad esempio, se l’agricoltura di precisione richiede l’uso di droni e tecnologie satellitari, non possono presentarsi ostacoli normativi o burocratici a frenare queste innovazioni. Le ottime relazioni diplomatiche dell’Italia, ad ogni modo, stanno già avendo un’influenza positiva su FIHNK, il cui approccio pragmatico sta convincendo gli interlocutori africani.
Pensate che un piano con queste caratteristiche innovative potrà davvero lanciare uno sviluppo agricolo sostenibile partendo dall’Africa?