Lo pregustiamo nel tardo pomeriggio, in genere tra le 18 e le 20, e diventa quasi di rito al venerdì, una volta usciti da lavoro, o nel weekend. Di cosa stiamo parlando? Ma dell’aperitivo, ovviamente! Un momento di relax e svago, da passare con gli amici e del quale, oramai, non possiamo fare a meno. Ma vi siete mai chiesti com’è nato questo appuntamento, talmente irrinunciabile che, durante i mesi di pandemia, sono nati addirittuva gli aperitivi casalinghi e online? Beh, noi sì, ed è per questo che oggi vogliamo raccontarvi dell’antichissima storia dell’aperitivo e di come questo si è evoluto nel tempo, dall’antica Roma fino ai modernissimi happy hour. Pronti a fare questo tuffo nel passato? Rigorosamente con un drink in mano!
L’inizio della storia dell’aperitivo: in origine fu greco…
L’etimologia del termine non lascia dubbi: viene definito ‘aperitivo’ dal latino aperitivus (“che apre”), una bevanda in grado di “aprire” lo stomaco stimolando la sensazione della fame. Da cosa proviene, vi chiederete voi, questo bizzarro significato? Eccovi accontentati: nel IV secolo a.C. il medico greco Ippocrate scoprì che, per alleviare i disturbi di inappetenza dei suoi pazienti, bastava somministrare loro una bevanda dal sapore piuttosto amaro, a base di vino bianco, fiori di dittamo, assenzio e ruta, e che a quanto pare aveva incredibili effetti benefici.
Da Ippocrate al Medioevo: il segreto sta nell’“amaro”
Tale intruglio, che poi prese il nome di vinum hippocratum, venne poi tramandato di secolo in secolo, fino a giungere nelle sapienti mani degli erboristi medievali. E furono proprio quest’ultimi a giungere a una sorprendente scoperta: a stimolare il senso della fame non erano tanto quei particolari ingredienti, bensì il sapore amaro che essi rilasciavano, che stimola il senso di fame molto più di quello dolce. E non è un caso che, ancora oggi, i principali drink che amiamo bere durante l’ora dell’aperitivo siano prevalentemente bitter, ovvero caratterizzati da un classico retrogusto amarognolo! Questa rivelazione, insieme alle scoperte geografiche, soprattutto rivolte a Est, e all’arrivo delle costose spezie, fanno nascere il cosiddetto “vino da aperitivo”, sempre più aromatizzato.
Come nasce l’abitudine dell’aperitivo? Una questione “reale”
Ma la storia ‘moderna’ dell’aperitivo, come oggi lo conosciamo e quindi come momento sociale e non come ‘cura’, iniziò qualche secolo più tardi, precisamente a Torino nel 1786. In una piccola bottega di liquori, il gestore Antonio Benedetto Carpano diede vita a quella che divenne poi la bevanda da aperitivo per eccellenza: il Vermouth, un delizioso vino aromatizzato con china, che di lì a poco avrebbe conquistato l’allora re d’Italia Vittorio Emanuele II.
Fu proprio quest’ultimo, infatti, a nominare il Vermouth con China Carpano, ribattezzato poi Punt e Mes (per quel suo “punto e mezzo” di amaro in più), l’aperitivo Ufficiale di Corte, come bicchierino da bere prima di mettersi a tavola, proprio per mangiare con più gusto. Da quel momento in poi il successo era scontato: la bevanda di Carpano si diffuse per tutti i caffè della città sabauda, accompagnato da stuzzichini a base di prodotti tipici piemontesi come formaggi, salumi e l’immancabile bagna càuda.
Da Torino a Milano: la nascita di nuove bevande nel XVIII secolo
Sempre in Piemonte, i produttori di vino Martini e Rossi creano poi il Martini Bianco (un Vermouth a base di Moscato ed erbe aromatiche lasciate a macerare). Intanto, il successo dell’aperitivo crebbe e, ovviamente, si diffuse anche in altre città italiane. A Milano, da sempre città all’avanguardia, si studiò una bevanda che potesse in qualche modo “competere” con quella piemontese. Ed è così che, Ausano Ramazzotti, un farmacista bolognese trasferito a Milano, creò il primo liquore da aperitivo non a base di vino. Si tratta dell’Amaro Ramazzotti, ricavato dalla macerazione e infusione della combinazione di ben 33 erbe, radici e spezie.
Ma non è finita qui, perché non possiamo parlare di aperitivo senza nominare il famosissimo Campari. Gaspari Campari acquistò a Novara, in Piemonte, un caffè, dove mise a punto la ricetta segreta del bitter, chiamato così per via del gusto particolarmente amaro (in tedesco la parola bitter significa appunto ‘amaro’). Ma poi trasferì il suo locale nella città meneghina, nella Galleria Vittorio Emanuele II all’angolo con Piazza Duomo, e iniziò a proporre il suo liquore prima dei pasti anziché dopo, come digestivo. Inutile dire che il successo fu immediato e da lì nasce la storia del Bitter Campari.
L’aperitivo oggi, tra evoluzione e nuove tendenze
Insomma, dal vino curativo dell’inappetenza a una molteplicità di nuove bevande, come lo Spritz, il Negroni, e altri drink più elaborati, oltre ovviamente ai numerosi vini, che trasformarono l’aperitivo in un vero e proprio rito che si è poi diffuso in tutta Italia, spopolando nei locali. Fino all’invenzione nei paesi anglosassoni, durante la metà del secolo scorso, dell’happy hour – letteralmente “ora felice”. Ma cosa si intende? A quanto pare, si tratta di un’espressione già in voga durante il Proibizionismo negli Stati Uniti, quando era bandito il consumo di alcolici. Per aggirare il divieto, prima di andare al ristorante dove l’alcol non sarebbe stato presente, pare che gli americani si recassero presso gli speakeasy, esercizi commerciali che vendevano illegalmente alcolici. A metà del secolo scorso, invece, nel mondo anglosassone con happy hour si intende una trovata pubblicitaria e promozionale di alcuni bar che, per cercare di attirare clienti nelle ore successive al lavoro, offrivano cocktail e bevande alcoliche a un prezzo scontato.
Facendo un balzo in avanti e tornando in terra italiana, a metà degli anni ‘90, sempre a Milano, l’imprenditore Vinicio Valdo ha avuto l’intuizione di lanciare la nuova formula che prevede l’accoppiata (vincente) di alcolici e buffet, trattenendo quindi i clienti nel locale offrendo loro cibo gratis affinché continuassero a bere. Nacque così l’aperitivo “alla milanese”, e da qui probabilmente si è poi arrivati a quello che è, oggi, il celebre ‘apericena’, in cui l’aperitivo si trasforma in un vero e proprio sostituto della cena o del pranzo, con una durata che supera di gran lunga quella originaria.
Insomma, l’aperitivo si è evoluto nel corso dei secoli, arrivando anche a cambiare quella che sarebbe la sua funzione originaria, ossia di “aprire” lo stomaco e preparare al pasto successivo. Oggi, quindi, bisognerebbe forse riavvicinarsi alle sue origini e trasformare l’aperitivo in un’abitudine sana, se fatta correttamente, oltre che in un “momento” di ritrovo sociale e di grande convivialità.
Conoscevate la storia dell’aperitivo? Anche per voi è un’occasione irrinunciabile?
Articolo scritto con il contributo di Deborah Ascolese.