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Lo stoccaggio del carbonio nel suolo per combattere la crisi climatica

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Anche i terreni possono avere un ruolo significativo nel contrasto ai cambiamenti climatici. Come? Quando sono biologicamente sani e fertili sono in grado di trattenere quantità significative di anidride carbonica. Si tratta di un’opportunità poco conosciuta e che coinvolge direttamente le pratiche agricole, in gran parte responsabili dell’impoverimento della terra.

La possibilità di stoccaggio del carbonio nel suolo, quindi, andrebbe sfruttata al meglio, ma invece è limitata dallo scarso livello generale di fertilità della terra, in Italia come in Europa. Ma qual è lo stato di salute dei suoli e come migliorarlo per renderli più attivi in questa funzione così utile? Un dibattito organizzato dall’Accademia di agricoltura di Bologna ha trattato questo tema, coinvolgendo esperti e docenti universitari: ecco cosa è emerso.

Un suolo fertile e in salute trattiene anidride carbonica, ma i terreni italiani sono impoveriti

Il carbonio organico dei suoli è tra i principali alleati contro la presenza di CO2 in atmosfera, un ruolo da non trascurare se si vuole frenare la crisi climatica. Ma cos’è il carbonio organico? Si tratta di una componente costituita da residui vegetali e animali decomposti, fermentati e trasformati nel tempo dagli organismi viventi presenti nel suolo. Oltre a contribuire alla qualità e alla ricchezza del terreno, ne esprime appunto anche la capacità di trattenere anidride carbonica dall’atmosfera.

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La situazione dei suoli europei e italiani, però, depotenzia questa capacità, legata alla fertilità e alla salute complessiva del terreno. Recenti indagini della Comunità europea hanno evidenziato che i suoli coltivati​​ presentano concentrazioni di carbonio organico molto basse (17,8 g kg-1) se confrontate a quelle delle praterie e della vegetazione naturale (40,3 e 77,5 g kg-1). Si stima che circa il 75% di tutte le terre coltivate dell’UE abbiano concentrazioni in carbonio organico inferiore al 2%. Nella pianura dell’Emilia-Romagna, ad esempio, si scende anche sotto lo 0,8%, valori preoccupanti rispetto alle condizioni dei nostri suoli agricoli e alla loro effettiva capacità di contenere il carbonio in atmosfera.

Stoccaggio del carbonio nel suolo: un’opportunità per fermare la crisi climatica

Di questa possibilità non sufficientemente valutata per ridurre le emissioni di anidride carbonica si è parlato a Bologna nel convegno “Le nuove sfide dell’agricoltura: lo stoccaggio del carbonio nei suoli” organizzato in collaborazione tra l’Accademia Nazionale di Agricoltura e l’assessorato Agricoltura, Caccia e Pesca della Regione Emilia-Romagna. L’incontro ha riunito professori universitari e studiosi del settore pedologico a livello nazionale. Tra i presenti, Riccardo Valentini, esperto del ruolo attribuito alla risorsa suolo nella politica agricola dell’European Climate Change Programme, Giuseppe Piacentini, che ha presentato il ruolo di colture permanenti e foreste nel sequestro dell’anidride carbonica, e Giuseppe Corti, che ha parlato dell’influenza della sostanza organica sulle proprietà dei suoli.

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Cosa si sta facendo per mantenere e proteggere il carbonio organico, dunque? Nelle loro riflessioni, i relatori hanno sottolineato che dagli anni Sessanta del Novecento, in Europa come in Italia, i suoli hanno subito un declino della loro qualità, dovuta alla diffusione della modalità di fertilizzazione artificiale mediante concimazione chimica. Questo processo ha intaccato e impoverito il patrimonio organico, causando un degrado della stabilità di struttura del suolo, evidenziato oggi da una forte riduzione del contenuto in carbonio organico. Da questo aspetto dipende anche la facile dispersione delle sostanze nutritive essenziali per lo sviluppo delle piante.

Con l’approvazione della strategia Farm to Fork, il piano UE per un sistema agroalimentare equo, salutare e rispettoso dell’ambiente, la Comunità europea stabilisce, entro il 2030, il dimezzamento dell’uso di pesticidi e sostanze antimicrobiche e una riduzione del 20% dei fertilizzanti chimici. Questi ultimi, peraltro, erano tra le principali esportazioni della Federazione Russa, oggi soggetta a sanzioni in seguito all’aggressione militare dell’Ucraina. Sempre secondo Farm to Fork, occorre ridurre di almeno il 50% le perdite dei nutrienti, specialmente del carbonio organico.

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Sostenere la salute dei suoli agricoli, la riduzione dei gas serra e la naturale cattura di carbonio

La strategia comunitaria riconosce l’impatto ambientale degli allevamenti zootecnici e della gestione dei letami e dei liquami, ritenuti responsabili di almeno il 20% dell’emissione di gas climalteranti. Per contrastare questa forma di inquinamento, secondo gli esperti occorre investire in tecnologie sostenibili in grado di simulare l’antico sistema delle concimaie. Si tratta quindi di utilizzare impianti di digestione anaerobica (processo biologico di degradazione in assenza di ossigeno) per trattare liquami zootecnici, residui organici agroindustriali e frazioni organiche derivante da raccolta differenziata di rifiuti urbani. Questa tecnologia, oltre a recuperare energia rinnovabile come il biogas, permette di controllare le emissioni maleodoranti e di stabilizzare le biomasse prima del loro impiego in agricoltura. Così facendo, si può agire nel solco degli indirizzi europei per la riduzione dell’inquinamento atmosferico da gas serra, al quale il metano contribuisce notevolmente. A tale proposito, il regolamento CE n. 1774/2002 individua nella digestione anaerobica uno dei processi biologici funzionali al riciclo dei sottoprodotti di origine animale con la produzione di materiali da utilizzare come fertilizzante o ammendanti per i terreni.

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Le buone pratiche agricole per integrare materiale organico

Per ricostituire la fertilità del suolo sono necessarie pratiche agricole mirate a reintegrare la struttura dei terreni, che possano quindi apportare materiali organici funzionali e disponibili per l’attività dei microrganismi. Occupandoci di agricoltura rigenerativa abbiamo approfondito questo modo di prendersi cura della terra, che seppure in periodi medio-lunghi risulta conveniente e redditizio sia dal punto di vista ecologico sia in ottica economica.

Scegliere trattamenti organici a base di letame, compost e liquami animali, ricchi di materia organica, migliora le specificità del suolo e contribuisce a costituire l’humus.

Gli espedienti nocivi e potenzialmente pericolosi

Talvolta, però, a queste pratiche agricole si preferiscono metodi non solo più sbrigativi e meno costosi, ma persino controproducenti rispetto all’obiettivo appena descritto. Essendo un elemento vivo, naturale e assai complesso nella sua composizione, il terreno necessita infatti di materiale organico idoneo e tempi lunghi di sedimentazione. I relatori hanno condannato strumenti inutili o peggiorativi che, in previsione dell’applicazione della nuova Politica agricola comunitaria, si stanno applicando con effetti speculativi, ai limiti o al di fuori della legalità. In particolare, è il caso dell’immissione di materiali che per il fatto di contenere carbonio vengono equiparati o spacciati per ammendanti e fertilizzanti.

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Tra questi prodotti gli esperti hanno citato il biochar (alla lettera “carbone biologico”), il cui utilizzo in agricoltura è stato regolato con modifica dell’allegato 2 del D.lgs 75/2010. Da quanto emerso, si tratta di un materiale ottenuto per pirolisi (applicazione di calore in assenza di ossigeno) di biomassa (in genere scarti legnosi), che produce materia poco fruibile dai microrganismi, e che rischia di accumularsi nei terreni come inerte, con effetti anche dannosi. Va quindi utilizzato con criterio, considerando bene le sue caratteristiche chimico-fisiche. Questo prodotto, peraltro, non si utilizza solo come ammendante dei suoli, ma anche per diversi altri scopi e in altri settori.

Potenzialmente più nocivo è l’impiego come fertilizzanti dei fanghi di depurazione e dei gessi da essi derivati, che se non adeguatamente trattati possono contenere inquinanti di vario tipo, quali interferenti endocrini, sostanze farmaceutiche, idrocarburi e metalli pesanti. Secondo gli esperti intervenuti al dibattito, queste sostanze, oltre a danneggiare i suoli e le colture, possono compromettere le falde acquifere, con danni di lungo periodo difficili da recuperare. L’utilizzo illecito dei fanghi e dei loro derivati, non a caso, è stato recentemente indagato dalla magistratura e da inchieste giornalistiche.

Come abbiamo visto, dunque, se salvaguardato e gestito in maniera attenta, il suolo può rappresentare un valido alleato contro le emissioni di anidride carbonica. Conoscevate questa capacità e della possibilità dello stoccaggio di carbonio nei terreni?

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