A leggere le notizie di ieri e oggi riguardo al disegno di legge in discussione al Senato sui servizi di ristorazione collettiva ci si fa l’idea che l’unico punto sul tavolo riguardi la mensa obbligatoria e quindi la messa fuori gioco del “panino da casa”.
I principali quotidiani, infatti, sostengono che la nuova legge punti a negare la possibilità di scelta aperta con la sentenza di Torino, rendendo obbligatoria la mensa.
Il tema sul piatto della discussione, tuttavia, è più ampio: diritto al panino o a uno stato sociale di qualità?
Mensa come sinonimo di salute e diritti
Conosco a grandi linee il disegno di legge e penso che abbia molti punti qualificanti e positivi per la ristorazione sociale. Chi ha presentato il disegno di legge è mosso dall’intenzione di evitare che la mensa pubblica sia ridotta a una commodity, come accade con le gare al massimo ribasso, e cerca di garantire salute e diritti.
Anche l’articolo 5, da qualcuno contestato, è positivo. Esso dice che “i servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche” e su questo penso che nemmeno i sostenitori del “panino da casa” che, sempre secondo le cronache giornalistiche, sarebbero “insorti”, abbiano da ridire. Che tutti i bambini, senza distinzioni, possano mangiare a scuola alla stessa mensa è un vantaggio educativo importantissimo.
Diritto a uno stato sociale di qualità
Certo è necessario che il pasto sia buono, pulito e giusto, come recita un manifesto di Slow food. Che sia accessibile economicamente a tutti. In poche parole: che lo stato sociale sia di qualità. A chi si batte per il “diritto” del panino da casa dico che prima dovrebbe venire il “diritto” a un pasto completo buono, uguale per tutti i bambini, ed economicamente accessibile per le famiglie. Ritengo sia meglio battersi per il diritto a uno stato sociale di qualità che per un diritto individuale il cui costo, economico e formativo, ricadrà sempre, e negativamente, sulle famiglie.