805 milioni di persone nel mondo soffrono la fame, mentre 1,3 miliardi di tonnellate di cibo – oltre un terzo della quantità prodotta – finiscono ogni anno nell’immondizia.
I numeri dell’alimentazione che la FAO ci mette sul piatto in occasione del World Food Day (16 ottobre) sono contraddittori, come sempre: se la matematica non è un’opinione, ancora una volta ciò che viene fuori è che per nutrire il pianeta basterebbero i numeri dello spreco alimentare.
E così, mentre il Papa nell’anno del Giubileo lancia l’Enciclica sostenibile, Governi e cittadini si impegnano a cambiare la rotta delle proprie abitudini alimentari firmando la Carta di Milano in occasione di Expo 2015.
I singoli Stati Europei, nel frattempo, non stanno a guardare: se la Francia, lo scorso maggio, ha già detto no a questo “schiaffo alla povertà” con una legge anti-spreco che proibisce alla grande distribuzione di buttare i prodotti invenduti ma ancora commestibili, i cittadini di Inghilterra e Italia si accodano lanciando (già da diversi mesi) petizioni online per chiedere ai loro governi provvedimenti simili.
No allo spreco alimentare in Italia: la petizione
La risoluzione francese in Italia è piaciuta molto a Carlo Petrini, guru della sostenibilità agroalimentare: come si legge in un articolo da lui firmato a maggio su Repubblica, secondo il presidente di Slow Food Italia, la legge sul reato agroalimentare è assolutamente da emulare.
D’accordo con lui, a quanto pare, più di 40 mila sostenitori della petizione contro gli sprechi alimentari lanciata qualche mese fa da Daniele Messina, dirigente della Fondazione Mps e appassionato al tema dello spreco del cibo, su Change.org.
Ciò che Daniele, con la sua “lettera” chiede al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Parlamento, alle organizzazioni di volontariato, a Catene di supermercati e GDO, è che ai grandi supermercati e alla Grande Distribuzione Organizzata venga imposto (proprio come è stato deciso in Francia) di donare il cibo invenduto ad organizzazioni di volontariato o mense per i poveri,“ il primo passo per correggere questo crimine verso l’umanità e avere un mondo più equo”.
Il contributo che il Bel Paese dà ogni anno allo spreco mondiale del cibo infatti, non è di poco conto: ai numeri degli scarti agroalimentari in fase di produzione e distribuzione, si aggiungono infatti quelli dello spreco casalingo. A dircelo è l’ultimo rapporto 2015 diffuso dall’organizzazione non profit Waste Watcher con la validazione scientifica dell’Università di Bologna-Distal: noi italiani sprechiamo oltre il 50% del cibo acquistato, per un valore di 13 miliardi di euro.
Spreco del cibo in Italia: basta una legge?
Un provvedimento legislativo è utile ad arginare lo spreco che avviene in fase di distribuzione, ma potrebbe non essere abbastanza. Come sentiamo spesso dire quando si parla dei problemi del nostro Paese si tratta prima di tutto di una “questione di mentalità” e di abitudini. Anche perché, ci dicono ancora una volta i dati di Waste Watcher, gli italiani sembrano non dire tutta la verità nient’altro che la verità sulle loro abitudini visto che, nei sondaggi effettuati su un campione composto da 1500 famiglie, lo spreco reale supera di circa il 50% lo spreco percepito e dichiarato dai nostri connazionali:
D’altro canto, noi italiani sembriamo renderci conto della rilevanza del problema e, interrogati, rispondiamo in questo modo:
Infine, non manchiamo di trasmettere le best practices ai nostri figli:
Stando così le cose, il provvedimento legislativo di un Governo attento alle risorse alimentari e contrario agli sprechi non può che convincerci a mettere in pratica ciò che, al momento, teorizziamo.
Per conoscere i dettagli della petizione (e, se volete, firmare), vi basta andare sul sito change.org.
E voi, pensate di essere complici dello spreco alimentare in Italia, o avete messo in atto tutte le best practices per evitarlo?