Giornale del cibo

L’importanza delle specie selvatiche per la biodiversità e la sicurezza alimentare mondiale: i rapporti IPBES e FAO

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La biodiversità può essere definita – in parole semplici – come la ricchezza di vita sulla Terra. La varietà delle specie viventi e l’interazione tra esse formano ecosistemi complessi che, quando sono in salute, ci forniscono l’essenziale per la nostra sopravvivenza. Ad esempio, il cibo che portiamo sulla tavola: l’impollinazione delle specie vegetali di api domestiche e selvatiche è fondamentale per l’agricoltura e garantisce circa il 35% della produzione alimentare globale. 

Eppure, questa ricchezza e varietà è sempre più minacciata dall’attività umana e dai cambiamenti climatici alimentando una vera e propria “crisi” che sta mettendo a rischio il nostro stesso futuro. A dichiararlo è l’ultimo rapporto IPBES, la Piattaforma intergovernativa scientifica e politica sulla biodiversità e gli ecosistemi delle Nazioni Unite. Ma non solo, anche la FAO (L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) lancia un allarme: alcune piante selvatiche, che troviamo utilizzate in migliaia di prodotti di consumo quotidiani e da cui dipende la sicurezza alimentare di circa un miliardo di persone, rischiano l’estinzione. 

Prendiamo in considerazione queste due importanti ricerche e torniamo a parlare di biodiversità e dell’importanza della gestione sostenibile delle specie selvatiche.

50mila specie selvatiche sono a rischio: il rapporto IPBES sulla biodiversità

Un lavoro durato quattro anni curato da 82 scienziati, che consta di circa 13mila riferimenti bibliografici. L’ultimo rapporto IPBES, pubblicato a luglio, è un documento importantissimo sullo stato della biodiversità attuale, in particolare sulle specie selvatiche.   

Sono 50.000 quelle che vengono usate dall’uomo come cibo, fonte di energia, fabbricazione di medicine, per l’ottenimento di materiali per costruire e molto altro ancora, tra cui:

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Tra queste, oltre il 20% (quindi, più di 10.000 specie) è impiegato per l’alimentazione umana, rendendo l’uso sostenibile delle specie selvatiche fondamentale per raggiungere la sicurezza alimentare e migliorare la nutrizione, in particolare nelle aree rurali e urbane di tutto il mondo.

Infatti, come si può ben immaginare, la sopravvivenza e il mantenimento di questa biodiversità è cruciale per gran parte dell’umanità: “Il 70% dei poveri del mondo dipende direttamente dalle specie selvatiche”, spiega Marla Emery, una dei tre supervisori del rapporto IPBES di quest’anno. Non solo, perché per una persona su cinque, piante, alghe e funghi selvatici sono fondamentali per il sostentamento e reddito. O ancora: “2,4 miliardi di persone si affidano alla legna da ardere per cucinare e circa il 90% dei 120 milioni di persone che lavorano nella pesca di cattura sono sostenuti dalla pesca su piccola scala”.  

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La vulnerabilità delle piante selvatiche secondo il rapporto FAO

Quasi nella stessa direzione va un’altra indagine. Il rapporto FAO ha preso in considerazione 12 piante selvatiche particolarmente emblematiche, valutando “i rischi e le opportunità del loro commercio”, sia a livello biologico che sociale per le comunità coinvolte. Migliaia di prodotti di largo consumo, infatti, contengono ingredienti – alcune volte “nascosti” – che provengono proprio da queste specie vegetali, senza che noi ce ne rendiamo conto. Ma facciamo degli esempi e vediamone alcuni usi alimentari. 

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Quali sono le cause?

Secondo il rapporto IPBES, il problema principale riguarda il sovrasfruttamento di queste risorse naturali. Ad esempio, recenti stime globali indicano che circa il 34% degli stock ittici marini selvatici è sovrasfruttato, e la caccia insostenibile è stata identificata come una minaccia per 1.341 specie di mammiferi selvatici, mentre si stima che circa il 12% delle specie arboree selvatiche sia minacciato dal disboscamento e dalla raccolta insostenibile. Il commercio illegale di specie selvatiche è considerato il terzo al mondo – dopo la tratta di esseri umani e il traffico di stupefacenti – con valori annuali stimati tra i 69 e i 199 miliardi di dollari. A questo si aggiungono i cambiamenti climatici che con fenomeni sempre più estremi – come siccità, piogge torrenziali, temperature estreme – mettono a rischio gli habitat di queste specie.

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Anche il rapporto FAO evidenzia le stesse problematiche. La domanda di ingredienti di piante selvatiche sta crescendo rapidamente, di oltre il 75% in valore negli ultimi due decenni. Di conseguenza, a livello biologico migliaia di specie raccolte sono minacciate a causa di una combinazione di sovrasfruttamento e perdita di habitat: del 21% delle specie di piante medicinali e aromatiche il cui stato di minaccia è stato valutato, il 9% è considerato a rischio di estinzione.

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Opportunità e soluzioni per una gestione sostenibile

Tutto è perduto? Forse no. Ma sia l’IPBES che la FAO sono concordi sul fatto che sia fondamentale agire subito. Per questo, una parte importante di entrambi i rapporti è dedicata alle opportunità e alle soluzioni (pratiche e immediatamente efficaci) per cercare di contrastare la perdita di biodiversità e al tempo stesso tutelare le comunità per cui queste specie selvatiche sono così fondamentali. 

Interessante è il fatto che non ci siano delle proposte generali che valgono sempre e comunque, ma consigli specifici studiati per ciascuna delle aree di sfruttamento, dalla riduzione della pesca illegale all’introduzione di certificazione per l’uso delle risorse forestali, o ancora imporre una redistribuzione equa dei ricavi legati allo sfruttamento della biodiversità. In generale, le parole d’ordine sono maggiore trasparenza e tracciabilità per garantire una sostenibilità maggiore della filiera.

Ma non solo. Ciò che emerge è l’importanza di considerare maggiormente e inglobare nelle politiche di gestione di tali risorse la conoscenza dei popoli indigeni, considerati “custodi della natura” che contribuiscono a mantenere alto il livello di biodiversità. I rapporti evidenziano come i modelli indigeni di gestione delle risorse selvatiche siano più funzionali ed efficaci – dal punto di vista del mantenimento dell’equilibrio uomo-ambiente – rispetto a qualsiasi altro. Valori come rispetto della natura, ricambiare ciò che si prende, evitare ogni forma di spreco, e una gestione più accurata e sostenibile dei raccolti, insieme a una distribuzione più equa sono quindi fondamentali.

 

Fonti:

fao.org
ipbes.net

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