Dalla soia fermentata è possibile ottenere alimenti con interessanti proprietà, tuttavia non ancora conosciuti quanto altri derivati da questo legume. Negli ultimi anni, comunque, diversi cibi vegetali di origine esotica si sono ritagliati spazi di mercato sempre più rilevanti, grazie alla diffusione del vegetarianismo ma anche all’apertura verso le tradizioni gastronomiche orientali. Dopo aver considerato e approfondito i pareri scientifici sulla soia, questa volta ci occuperemo dei prodotti che si ottengono con la fermentazione di questo legume e delle loro caratteristiche nutrizionali.
Soia fermentata: origini e produzione
La diffusione della soia (Glycine max) parte dall’Asia, in particolare dall’estremo Oriente, dove le coltivazioni e il consumo di questo legume hanno origini millenarie. In Occidente gli impianti iniziano nell’Ottocento, ma diventano rilevanti solo a partire dal secolo scorso.
Oggi la soia è fra le colture più diffuse al mondo, in particolare nel continente americano, con gli Stati Uniti, il Brasile e l’Argentina sul podio dei principali produttori. Come vedremo più avanti, però, l’uso della soia fermentata è tipico della tradizione orientale e solo recentemente è entrato nella dieta occidentale.
L’alimentazione del bestiame
È bene precisare che il grosso della produzione non è destinata al consumo umano diretto, bensì all’alimentazione del bestiame. La soia fermentata e altri alimenti pregiati, quindi, rappresentano una parte limitata di ciò che si ricava dalle coltivazioni. Questo aspetto, peraltro, viene spesso puntualizzato nell’evidenziare la maggiore sostenibilità delle diete vegetariane e vegane, in quanto destinare agli animali da carne un alimento nutriente e idoneo al consumo umano come la soia rappresenta uno spreco sul piano ecologico. Come ha sottolineato il WWF, a ciò si aggiunge il problema della deforestazione, messa in atto per fare spazio alle grandi piantagioni di questo legume, la cui produzione viene appunto destinata soprattutto ai mangimi.
Nelle derrate destinate agli allevamenti prevale nettamente la soia geneticamente modificata, che in Italia e in altri Paesi non può essere commercializzata per l’alimentazione umana. In via indiretta, quindi, mangiare carne significa consumare soia OGM, specialmente se si parla di allevamenti intensivi e produzioni a basso prezzo.
La soia fermentata fa bene
Ormai da anni la soia viene esaltata per il suo profilo nutrizionale, che annovera un alto contenuto proteico – circa il 36 per cento, superiore agli altri legumi – e preziosi grassi polinsaturi. A questo si aggiunge un buon apporto di fibre e minerali – calcio, potassio, magnesio, ferro e fosforo – ma anche di vitamina A, C e vitamine del gruppo B. Questo bilanciamento di nutrienti è utile nel contrastare l’osteoporosi, per il benessere dell’apparato digerente e del fegato, ma anche al mantenimento di corretti livelli di glicemia e di colesterolo.
La soia fermentata eleva questo quadro già positivo, risultando preferibile sul piano della salute. La fermentazione, infatti, migliora notevolmente la digeribilità della parte proteica, facilitando la digestione e l’assorbimento dei nutrienti.
Gli alimenti ottenuti con la fermentazione
È il momento di conoscere meglio i cibi che vengono prodotti grazie alla soia fermentata. Come vedremo, i nomi e le origini esotiche non devono costituire un freno per approcciarsi a questi prodotti dalle ottime proprietà.
Miso
È uno dei condimenti più popolari in Giappone e nell’estremo Oriente, utilizzato per insaporire le zuppe, ma anche per realizzare salse o condire le verdure. Per produrre il miso di soia i semi vengono fatti fermentare con l’aiuto del fungo koji (Aspergillus oryzae). Oltre alla soia fermentata, è possibile utilizzare orzo, riso o altri cereali e legumi, spesso combinati fra loro.
Il risultato del lungo procedimento è una pasta bruna, dalle caratteristiche variabili in base alla regione d’origine e alla stagionatura, fattori che insieme agli ingredienti influenzano notevolmente il gusto. Quello prodotto con la sola soia fermentata, chiamato Hatcho miso o “miso dell’imperatore”, al palato risulta forte e salato, e viene usato soprattutto per le zuppe.
Oltre alle già citate proprietà della soia, il miso è ricco di vitamine del gruppo B e di fermenti vivi utili al benessere intestinale, che per essere preservati non vanno portati ad ebollizione. Per l’alto contenuto di sale, invece, è sconsigliabile in caso di pressione alta. In sintesi, questo alimento può svolgere un’azione depurativa e protettiva, ottima per tutto l’apparato digerente.
Il miso si può acquistare nelle rivendite specializzate nei prodotti orientali, a un prezzo di circa 15 € al chilo. Solitamente si trova in forma di pasta densa, che può essere conservata in frigorifero per alcuni mesi.
Natto
Anche il natto è un alimento tradizionale del Giappone, dalle origini antiche, prodotto grazie alla soia fermentata. Questo cibo, molto versatile, può accompagnare il riso, le verdure, il sushi e le zuppe di miso. Il gusto, forte e caratteristico, non scoraggia i giapponesi dal consumarlo anche nella prima colazione. Per prepararlo si impiegano i semi di soia più piccoli, in modo che la fermentazione raggiunga più facilmente il cuore dei legumi. Successivamente, secondo la ricetta tradizionale, i semi vengono risciacquati e messi a bagno in acqua per 12-20 ore.
In seguito, la soia viene cotta a vapore per sei ore, oppure utilizzando la pentola a pressione. A cottura avvenuta, i fagioli vengono mescolati con il Bacillus subtilis per innescare il processo fermentativo, che avviene a 40 gradi centigradi per 24 ore. Infine, il natto viene fatto raffreddare e poi tenuto in frigorifero per una settimana.
Il natto è ricco di proteine, ma contiene anche fibre, calcio, ferro, vitamine B2 e soprattutto vitamina K2. È proprio il contenuto di quest’ultimo nutriente a caratterizzare l’alimento, anche rispetto agli altri ottenuti dalla soia fermentata. Grazie al suo profilo nutrizionale, è considerato un cibo utile per contrastare il rischio cardiovascolare e favorire il benessere delle ossa. Inoltre, il contenuto di lieviti e fermenti aiuta la flora e le funzioni intestinali, sostenendo il sistema immunitario. In quanto privo di glutine, può entrare anche nella dieta dei celiaci.
Anche il natto si può trovare nei negozi specializzati nei prodotti orientali, pur essendo abbastanza raro e costoso. Per prepararlo in casa è necessario un apposito starter per avviare la fermentazione.
Tempeh
Il tempeh, detto anche “carne di soia”, è originario del Sud-est asiatico, in particolare dell’Indonesia. Per prepararlo, i semi di soia vengono ammorbiditi, ridotti in poltiglia e parzialmente cotti. In seguito, vengono aggiunti aceto e Rhizopus oligosporus, un fungo utilizzato per avviare la fermentazione, processo che si svolge stendendo il composto per circa 24 ore, a 30 gradi centigradi. L’eventuale formazione di spore non altera il gusto e la qualità del tempeh, il quale può sprigionare un leggero odore di ammoniaca, che però non deve essere troppo avvertibile. Il gusto, complesso e intenso, ricorda vagamente quello della carne.
Il processo produttivo conserva i pregi della soia, migliorandone la digeribilità. Il tempeh è indicato per essere consumato da solo o per insaporire il riso e i sughi, ma anche per farcire il pane. Si conserva in acqua salata, può essere congelato e spesso viene tagliato a fette.
Esistono diverse varietà di tempeh, tipiche di alcune aree tropicali asiatiche. Quello stagionato è più quotato sul piano culinario, mentre il bongkrek dell’isola di Giava, preparato insieme alla noce di cocco, pur essendo molto apprezzato per il suo sapore, non può essere venduto a causa di una possibile contaminazione batterica in grado di generare tossine nocive. Nonostante l’illegalità, la produzione artigianale e la commercializzazione clandestina di questa particolare tipologia di tempeh restano piuttosto diffuse.
Una porzione da 100 grammi di tempeh indicativamente contiene:
- Calorie: 166 kcal
- proteine: 20,7 g
- grassi: 6,4 g
- carboidrati: 6,4 g
- fibre: 4,1 g
Oltre a un buon apporto di proteine, questo alimento fornisce fibre, grassi polinsaturi e minerali.
Tamari
Il tamari è una particolare salsa di soia fermentata, molto sapida, impiegata per condire il riso e le portate a base di verdure. La versione giapponese si distingue da quella cinese – di origini più antiche – per il contenuto di frumento. Questo condimento, diverso dalla comune salsa shoyu, oltre a essere adatto ai celiaci ha proprietà digestive e antiossidanti. Essendo anche ricco di sodio, però, va usato con moderazione.
Scegliere bene i prodotti di soia
A dominare il mercato dei prodotti a base di soia, tuttavia, non sono i prodotti pregiati e salutari che abbiamo appena citato. I best seller sono gli hamburger e gli altri “surrogati” dei cibi di origine animale, in genere alimenti di basso pregio, che non di rado contengono additivi, aromi ed esaltatori della sapidità, come il glutammato. Anche la scelta dei prodotti a base di soia, quindi, andrebbe ponderata bene, valutando attentamente gli ingredienti e i processi produttivi. Da questo punto di vista, gli alimenti derivati dalla soia fermentata sono da preferire, sia sul piano gastronomico sia in chiave salutistica.
Pur essendo una materia prima ricca di nutrienti nobili, comunque, la soia non è un alimento indispensabile. Molti legumi della tradizione mediterranea, infatti, possono alternare o sostituire ottimamente il consumo della soia, che spesso tende a essere eccessivamente presente nella dieta di chi rinuncia alla carne. Pertanto, anche se si segue un’alimentazione vegetariana o vegana, vanno evitati gli errori di questo tipo. Resta valido il consiglio di variare il più possibile la gamma di quello che si mangia, senza fossilizzarsi solo su pochi prodotti.
Dopo questo approfondimento sulla soia fermentata, può essere interessante leggere i nostri articoli sui consigli per la spesa vegan e sulle bevande vegetali alternative al latte vaccino.
Altre fonti:
Food Composition Database – USDA
Soy Report Card – WWF