Dal 18 al 21 maggio al Porto Antico di Genova si è svolta l’ottava edizione di Slow Fish, evento internazionale dedicato al pesce e alle risorse del mare organizzato da Slow Food in collaborazione, tra gli altri, con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Temi centrali sono stati ricerca scientifica, cambiamento climatico e microplastiche, con 15 delegazioni provenienti da tutto il mondo, 30 incontri pubblici, 5 conferenze con scienziati e ricercatori di fama internazionale, per un’edizione che il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti ha definito straordinaria.
Vediamo insieme alcune delle tematiche emerse a Slow Fish, manifestazione che sa coniugare la convivialità alla conoscenza scientifica e alle buone pratiche.
Slow Fish: iniziative per una pesca sostenibile
”La rete siamo noi”, questo il titolo dell’ottava edizione. Tra il ricco programma di laboratori, incontri e degustazioni, spiccano le conferenze sui grandi temi scientifici come cambiamento climatico, valorizzazione delle risorse e sprechi.
Una rete di volontariato contro lo spreco di pesce
È questa la proposta avanzata da Franco Andaloro, dirigente di ricerca dell’Ispra. Secondo la FAO, infatti, il 30% del pesce sulle nostre tavole viene buttato via, perché le varietà che scegliamo per i nostri piatti sono molto limitate. “Oggi la richiesta dei consumatori è concentrata su pochissime specie. Ciò spinge il pescatore a rigettare in mare quelle non valorizzate dal mercato (…). Contro gli sprechi si potrebbe potenziare la rete di volontariato per recuperare le eccedenze prima che queste diventino rifiuto, allora avremmo trovato un modo pratico di combattere lo spreco”, sostiene Andaloro. E sempre a proposito di spreco, stagionalità e acquacoltura, Cinzia Scaffidi, vicepresidente di Slow Food Italia sostiene che “bisognerebbe andare a fare la spesa con lo stesso atteggiamento con cui si va per funghi: non con la lista delle cose da comprare ma pronti ad adattarsi alla disponibilità”.
Ma c’è pesce per tutti?
Con questa domanda chef, nutrizionisti e comunità scientifica, hanno aperto le porte a Slow Food a quelle che sono considerate fonti alternative di Omega-3, i pesci stagionali e a ciclo vitale breve, poco conosciuti e meno costosi. Qualche esempio? Dal momento che il numero dei pesci nei mari cala vertiginosamente via libera a meduse e alghe in cucina. Durante la manifestazione, ad esempio, nell’ambito di Fish-à-Porter, il presidente del Comitato scientifico di Slow Fish Silvio Greco ha cucinato insieme allo chef Marco Visciola delle (ottime?) pelagie in tempura: “Ci sono moltissimi tipi di meduse commestibili. Prima di essere cucinate, le meduse vanno immerse in acqua bollente con un po’ di limone e di aceto per “sbollentarle” e dar loro la consistenza dei nervetti e per privarle della sostanza urticante”, ha specificato Greco. Se la ricetta non vi convince, sappiate che in Giappone l’insalata di medusa è considerata una prelibatezza. Si serve con verdure tagliate a julienne e semi di sesamo. Provare per credere.
Le risorse ittiche e il Mediterraneo
A Genova è stato presentato anche il nuovo report di Wwf, Gusti locali, mercati globali – Le risorse ittiche e il Mediterraneo. I dati fanno luce sui consumi ed evidenziano come il pescato che finisce sulle tavole europee sia importato, per la maggior parte proveniente dai paesi in via di sviluppo, soprattutto per quanto riguarda tonno, pesce spada e cefalopodi.
Inoltre, la biodiversità del Mediterraneo è minacciata dalla pesca eccessiva, per cui serve una consapevolezza anche da parte del consumatore: occorre, infatti, considerare che esiste il pesce di stagione, privilegiare il pescato locale, rispettare le taglie minime, scegliere animali a ciclo vitale breve e, ovviamente, alzare il livello di biodiversità dei nostri piatti.
Troppe plastiche in mare
A Slow Fish un ciclo di conferenze è stato dedicato ai rifiuti in mare. Secondo Legambiente il 96% dei rifiuti galleggianti è composto da plastica (di cui il 16% sono buste) e l’89% della fauna marina rischia di ingerirla. Si tratta soprattutto di detriti che con il passare del tempo e per effetto del calore diventano frammenti microscopici, nanoplastiche invisibili all’occhio umano che entrano a far parte della catena alimentare dei pesci e rilasciano in mare composti chimici tossici. Le conseguenze sono molto gravi, come ha sottolineato Alberta Mandich, endocrinologa ambientale del Dipartimento di scienze della terra di UniGe: “Infertilità, intersessualità, indebolimento delle barriere protettive dell’organismo sono effetti degli inquinanti che interferiscono con il sistema di produzione ormonale”. Per quanto riguarda i pericoli per l’uomo, gli incontri hanno chiarito che gli studi non confermano l’assorbimento di microplastiche da parte dei tessuti umani, anche se i dati tossicologici sono ancora pochi. Tuttavia, l’entità dei contaminanti nelle acque marine rappresenta un fenomeno allarmante.
Non è la solita mensa
A Slow Fish, in controtendenza con le recenti polemiche, come quelle riguardanti il pasto da casa, si sono valorizzati i tanti progetti virtuosi delle mense scolastiche legati al consumo di pesce. Al posto del pangasio inquinato, infatti, molti territori, dalla Liguria, alla Toscana, passando per le Marche e l’Emilia Romagna, hanno introdotto pesce fresco e locale, con risultati positivi in termini di filiera, gradimento e spreco. Queste storie di successo dimostrano che la sostenibilità può creare un circolo virtuoso e che la mensa scolastica può essere ancora spazio di educazione, innovazione e promozione della salute.
Slow Fish si è concluso con la presa in carico di impegni importanti, primo fra tutti quello del Ministro Maurizio Martina, a tutela del reddito dei pescatori e per la promozione di modelli sostenibili di salvaguardia delle risorse marine, grazie al decreto che ridisegnerà la piccola pesca artigianale italiana. Inoltre, Carlo Petrini, presidente di Slow Food, ha rilanciato l’idea di fare a Genova la casa di Slow Fish, con “una sede fissa, politica e fisica, per interagire con tutti gli attori del Mediterraneo”. Inoltre, in vista della prossima edizione, nel 2019, un altro obiettivo definito dal patron di Slow Food è quello di “contribuire insieme alle istituzioni affinché l’Italia si doti di una nave da ricerca oceanografica, bene comune indispensabile a promuovere la conoscenza dei nostri mari”
L’obiettivo ultimo, che sta alla base della manifestazione, è la sostenibilità della pesca, che necessita di un passaggio “da un’economia di rapina a un’economia di costruzione”. La quattro giorni genovese sembra aver dimostrato che ciò è possibile.