“Shoyu? Mai sentito, non lo conosco”. Invece ti possiamo assicurare che non solo conosci questo condimento, ma lo hai anche assaggiato. Ebbene sì, perché lo shoyu non è nient’altro che la salsa di soia preparata seguendo il metodo di produzione giapponese. Un ingrediente capace di esaltare i sapori e donare complessità a qualsiasi piatto, dal sushi alle marinature, fino a entrare nel mondo dei dessert.
Ma da dove arriva questo condimento? E come si produce?
Origini e produzione di questa salsa ancestrale

Lo shoyu ha attraversato secoli di storia, affermandosi come un ingrediente essenziale, prima nella cucina orientale e poi in quella internazionale. La sua capacità di esaltare i sapori lo rende indispensabile per molte preparazioni: dalla marinatura delle carni fino all’accompagnamento di sushi e sashimi.
La sua origine risale alla Cina di circa 2500 anni fa, quando si sviluppò il primo metodo di fermentazione della soia. Con il tempo, la tecnica arrivò in Giappone, dove assunse caratteristiche uniche grazie all’introduzione di varianti che prevedono l’aggiunta di grano tostato. Il processo tradizionale prevede una lunga fermentazione naturale, ma la produzione moderna ha introdotto metodi che ne accelerano la maturazione.
Ma non è tutto: esistono ben cinque tipi di shoyu, ognuno con un sapore distintivo e caratteristiche particolari.
Le diverse tipologie di shoyu
Esistono diverse tipologie di shoyu, ognuna con caratteristiche peculiari. Il Koikuchi, dalla colorazione scura e dal sapore intenso, rappresenta la variante più comune e versatile. La Usukuchi ha una tonalità più chiara e una maggiore concentrazione di sale, particolarmente indicata per piatti delicati. Il Tamari, ottenuto quasi esclusivamente dalla soia, risulta più denso e adatto anche a chi segue una dieta senza glutine. Poi c’è lo Shiro, con un colore molto chiaro, permette di condire le pietanze senza alterarne l’aspetto. Ultima, ma di certo non meno importante, è la Saishikomi, detta anche salsa di soia dolce. Per produrre questa tipologia è necessaria una doppia fermentazione fatta all’interno di vasche in cedro giapponese.
Ogni tipologia si presta a un utilizzo specifico, garantendo una vasta gamma di combinazioni culinarie che si adattano sia a piatti tradizionali giapponesi che a interpretazioni moderne.
Ma quali sono i suoi usi in cucina?
L’uso dello shoyu in cucina

Nella cucina giapponese, lo shoyu viene impiegato per condire numerosi piatti. La sua presenza è imprescindibile nella preparazione del ramen e nelle salse d’accompagnamento per tempura e gyoza. Anche nelle ricette occidentali, questo condimento trova spazio nelle marinature per la carne e nelle emulsioni per le insalate. Alcuni pasticceri sperimentano il suo utilizzo nei dolci, sfruttando la sua capacità di intensificare i sapori.
La versatilità di questo condimento permette di creare contrasti interessanti e di bilanciare la dolcezza di alcune preparazioni. Con una lunga tradizione alle spalle, lo shoyu si conferma una scelta imprescindibile per chi desidera arricchire le proprie ricette con un tocco di umami.
È sicuramente una salsa deliziosa; ma fa anche bene alla salute?
Aspetti nutrizionali e benefici

Dal punto di vista nutrizionale, lo shoyu di alta qualità conserva enzimi e antiossidanti che favoriscono la digestione. Contiene proteine e una modesta quantità di micronutrienti benefici, sebbene sia necessario prestare attenzione al contenuto di sodio.
La scelta di un prodotto fermentato naturalmente e privo di additivi garantisce un profilo nutrizionale migliore. Il processo di fermentazione conferisce allo shoyu non solo il caratteristico sapore, ma anche benefici per la flora intestinale. Se consumato con moderazione, può rappresentare un’ottima alternativa ai condimenti più comuni, grazie alla sua capacità di esaltare il gusto senza appesantire le preparazioni.
Il valore dello shoyu
La sua versatilità e il suo inconfondibile sapore umami lo rendono un ingrediente prezioso, capace di arricchire piatti di culture diverse. Che si tratti di una semplice salsa d’accompagnamento o di un elemento chiave nella preparazione di una ricetta complessa, lo shoyu continua a dimostrare il suo valore in cucina.
Il suo impiego non si limita alla tradizione giapponese, ma si estende sempre più alla cucina internazionale, dimostrando come un condimento nato secoli fa possa ancora oggi essere attuale e indispensabile per chi ama sperimentare con i sapori.
Che ne pensi? Hai mai assaggiato altri tipi di shoyu? In quali ricette ti piace usarla?
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