Parlare oggi di cucina arbëreshë è quasi impossibile, poiché gli arbëreshë sono in Italia da ormai cinquecento anni. Dunque, dopo cinque secoli, come si può definire un piatto come arbëreshë o calabrese, italiano o albanese? La realtà è sempre più complessa e la cucina è il risultato di contaminazioni e migrazioni avvenute nel tempo, che rendono illusorio e inconsistente parlare dei cosiddetti e tanto ricercati “piatti tipici”: significherebbe ammettere un’appartenenza o un’autoctonia assoluta che non esiste. Di certo, però, è allo stesso tempo innegabile che ci siano delle ricette antiche in via d’estinzione, tramandate da generazioni, che vengono da qualche parte, seppur lontano nello spazio e nel tempo, proprio come le shëtridhlat, un piatto complesso sia da dire che da fare!
La cucina arbëreshe
Gli arbëreshë sono emigrati in Italia, in regioni come la Calabria o la Sicilia, dopo la morte dell’eroe nazionale albanese Scanderbeg, con la progressiva conquista dei territori dell’Impero Bizantino da parte dei turchi ottomani tra il 1400 e il 1700. Sono partiti sia da Albania che da Morea e Ciamuria, nell’attuale Grecia: proprio per questo motivo è interessante rintracciare, in cucina così come in altri ambiti come la lingua, l’incontro tra elementi greci, bizantini e arbëreshë con quelli albanesi delle ultime ondate migratorie più recenti nel Novecento.
Senza voler qui soffermarci troppo su temi storici, poiché non ci pare la sede idonea, ci preme però presentarvi Anna Stratigò: nonna napoletana, madre di Busto Arsizio, padre arbëreshë, vive da ben 17 generazioni in una casa di Lungro, tra i maggiori centri della comunità arbëreshe. Grande studiosa della sua cultura, in particolare degli aspetti legati al cibo, ha ideato Arberia in Salotto, una forma di home restaurant: su prenotazione va nelle case come cuoca a domicilio per preparare antichi piatti arbëreshë in via d’estinzione, cantando canzoni arbëreshë, tutto in 45 minuti. Tra i piatti proposti, le shëtridhlat, un’antica pasta con cui è cresciuta, tramandata nella sua famiglia da tempo, che infatti chiama Prodotto D.O.F., ovvero di origine familiare. Si tratta una preparazione corale davvero affascinante, che soprattutto in passato portava le donne a riunirsi per preparare questo gomitolo di pasta.
Shëtridhlat: la ricetta arbëreshë di Anna Stratigò
Igredienti
Per la pasta
- 1 pugno di farina a persona (farina di grano duro e tenero in parti uguali)
- q.b. di acqua tiepida
- q.b. di sale
- q.b. di olio
Per il condimento
- q.b. di pomodori freschi
- q.b. di fagioli poverelli
- 1 peperone
- q.b. di origano
- q.b. di peperoncino
- q.b. di pepe rosso
Procedimento
Per la pasta
- Impastate le farine con l’acqua tiepida aggiungendo un pochino di olio e sale. Fate l’impasto e lasciatelo riposare in frigo per circa 30 minuti.
- Tolto dal frigo, lavorate ancora un po’ l’impasto e create una pagnotta; con il coltello fate un taglio centrale e formate un cerchio come se fosse un grosso biscotto. Lavorando con tutte e due le mani, assottigliate il cerchio fino a produrre un filo lungo molto sottile che non si deve spezzare. Per riuscirci , bagnate ogni tanto le mani con acqua e olio.
- Con l’aiuto della farina, appoggiate il lungo e sottile filo sulla mano a mò di gomitolo.
- Usando tutte e due le mani, stringete i fili appoggiati sulla mano con un movimento rotatorio. Girando continuamente, il filo diventa sempre più sottile e lungo, quindi rigirate sulla mano ancora una volta, sempre come un gomitolo.
- Quando il filo è abbastanza sottile, le shëtridhlë sono pronte per essere buttate in acqua.
Per il sugo
- Fate soffriggere l’aglio e aggiungete i fagioli poverelli (quelli piccolissimi tondi), cucinati nella pignata, aggiungendo un po’ di polvere di pepe rosso non piccante.
- Dopo poco aggiungete la passata di pomodoro fresco, un pizzico di origano e un peperone verde; fate cuocere per 20 minuti.
- Intanto a parte mettete l’acqua per la pasta in una pentola grande e larga, aggiungete il sale e qualche goccia di olio e quando bolle spezzate la matassa delle shëtridhle e calate nell’acqua. Quando saranno venute a galla due volte (si rigirano), colate conservando un po’ di acqua della pasta da aggiungere al sugo coi fagioli e rigirate un po’ di volte.
- Coprite con il coperchio la pentola e fate riposare qualche minuto: “la pasta si deve sposare col sugo!”, dicono. Molto importante è conservare ancora l’acqua con l’amido in modo da aggiungerla alla pasta se si asciuga troppo, perché va servita un po’ brodosa .
- Infine, se desiderate, potete aggiungere piccante a volontà.
Esiste anche una variante di condimento solo con i fagioli e senza pomodoro: una volta cotte le shëtridhlat, versate sulla pasta i fagioli e subito dopo un soffritto già pronto di olio, aglio, peperoni cruschi (quelli rossi asciugati al sole) fatti a piccoli pezzi con aggiunta di polvere di peperone rosso dolce. Amalgamate poi tutto con l’aiuto dell’acqua di cottura e servite fumanti. Anche in questo caso, chi desidera può aggiungere peperoncino piccante.
Fateci sapere se siete riusciti prima a pronunciare e poi a non rompere questo gomitolo di pasta. A noi non resta che augurarvi ju bëft mirë, ovvero buon pro vi faccia in arbëreshe!