Parte dalle campagne di Bari e Nardò, in Puglia, la sfida al caporalato e allo sfruttamento in agricoltura di due associazioni che, in pochi anni, hanno dato vita a una importante realtà produttiva fondata su principi chiari: il riconoscimento dei diritti di chi lavora la terra, il rispetto dell’ambiente e delle colture, il mutualismo per cui l’unione dal basso è la strada da percorrere per rendere concreti questi valori. Tutto ciò si trova condensato nei vasetti della salsa di pomodoro Sfrutta Zero, le cui etichette mostrano i volti e i nomi di chi l’ha prodotta, tra cui Rosa Vaglio, presidentessa dell’associazione Diritti a Sud, che abbiamo intervistato.
Sfrutta Zero, un esperimento per pulire la filiera del pomodoro
Il contesto è quello della filiera di produzione dei pomodoro che, come evidenziato nel rapporto “Spolpati” di #filierasporca, è dominato da sfruttamento e illegalità. Ogni anno centinaia di persone, infatti, si spostano laddove ci sono i campi per partecipare alla raccolta, consapevoli che ci sia bisogno di manodopera, ma spesso a condizioni ben al di sotto di quanto previsto dalla legge.
E proprio da quanto prevedono le norme a proposito della retribuzione del lavoro agricolo, parte l’attività delle realtà che producono “Sfrutta Zero”: si tratta di due associazioni, Solidaria a Bari e Diritti al Sud a Nardò, che coltivano pomodoro con l’obiettivo di produrre la salsa assumendo con regolare contratto di lavoro chiunque partecipi all’attività.
Tutto è nato a Bari nel 2014 dove l’associazione Solidaria ha dato il via a un piccolo esperimento nel cortile di una scuola occupata: coltivare il prodotto simbolo di questa terra in maniera pulita. “Un anno dopo – spiega Rosa Vaglio, presidentessa di Diritti a Sud – ci siamo incontrati, ci hanno raccontato quanto stavano realizzando e ci hanno proposto di continuare insieme. Da allora la collaborazione procede su entrambi i territori.”
Chi sono i “contadini liberi” di Sfrutta Zero?
Uomini, donne, italiani, stranieri, migranti, precari: tutti trovano spazio e riconoscimento dei propri diritti nella produzione della salsa di pomodoro pulita e trasparente. Al punto che, da un’idea di Annalisa Martinucci, art director dell’agenzia Rebel di Galatina, sulle etichette di Sfrutta Zero si trovano i volti di chi ha partecipato alla produzione, il loro nome, la loro nazionalità e una qualifica, “contadino libero”.
“Non soltanto – aggiunge Rosa Vaglio – abbiamo voluto rendere trasparente anche il costo reale e concreto di ciascuna bottiglia: infatti si trova, in percentuale, quanto ogni passaggio impatta sul prezzo che il consumatore paga”, a cui si aggiunge una specifica fondamentale: lo 0% di sfruttamento. “Ci teniamo all’espressione fiera delle persone ritratte: c’è infatti una sostanziale identità tra prodotto, produttore e rivenditore.”
Attualmente sono cinque le persone, il “gruppo agricoltura”, che si occupa quotidianamente della cura delle 20.000 piantine che, tra luglio e agosto, ci consentiranno di raccogliere i pomodori di due varietà: quella classica e la salentina, un tipo di pomodoro autoctono che ben si adatta alle condizioni climatiche del Meridione, dove non piove spesso.
“D’estate sono in molti a spostarsi qui in Puglia per partecipare alla raccolta dei pomodori – spiega la presidentessa dell’associazione di Nardò – l’anno scorso abbiamo assunto 21 persone per le quattro giornate di raccolta, a cui vengono consegnate le buste paga, pagati i contributi e riconosciuto tutto ciò che è previsto dal Contratto collettivo che regola il lavoro in agricoltura.”
Il mutualismo per affrontare le difficoltà
Non è semplice per le due associazioni portare avanti un progetto così ambizioso in un territorio come quello pugliese, per questo motivo è stato naturale entrare in rete con altre realtà affini sia dal punto di vista agricolo che dei diritti. Sfrutta Zero è, dunque, parte di “Salento Km0”, una rete tutta locale di agricoltura naturale, e di “Fuori Mercato”, un network nazionale che si pone l’obiettivo di rappresentare un’alternativa concreta alla grande distribuzione.
“Le difficoltà – riflette l’intervistata – sono molte: il lavoro è impegnativo e sono tante le persone coinvolte, volendo poi retribuire tutti in maniera corretta non è semplice sostenere i costi. Ma crediamo molto nel mutualismo, è così che i piccoli devono fare: unirsi per realizzare insieme qualcosa di più grande e importante.”
Proprio l’idea di valorizzare la collaborazione e la solidarietà ha portato le associazioni che promuovono Sfrutta Zero a scegliere di devolvere una percentuale dei ricavi ad una cassa di mutuo soccorso, impiegata di volta in volta per sostenere le necessità prioritarie: “talvolta si è trattato di supporto concreto a qualche lavoratore, altre volte questi soldi sono stati impiegati per partecipare a corsi di formazione o convegni in tutta Italia.”
Infatti, la salsa Sfrutta Zero, il suo messaggio e chi vi lavora non si ferma in Puglia: la salsa di pomodoro viene acquistata in tutta Italia, grazie a una rete di distribuzione che include i gruppi di acquisto solidali, i negozi che scelgono prodotti bio e naturali, i mercati. “Qualsiasi luogo dove è possibile raccontare ciò che facciamo sul territorio: produrre cibo sano e difendere la salute del terreno, convinti che si possa e si debba fare solo con un lavoro giusto, tutelato e retribuito in maniera corretta.”
Conoscete altre iniziative che producono in maniera solidale e equa nelle terre del caporalato?
Fonte immagini: www.facebook.com/sfruttazero