Giornale del cibo

Il Made in Italy dei semi antichi e la proposta per tutelarli

Claudio Rampinini/shutterstock.com

 

Quando pensiamo all’Italia e ai suoi tesori enogastronomici, pensiamo ai pilastri della dieta mediterranea, tra cui l’olio extravergine d’oliva. O ancora, alla pasta, ai suoi vini famosi in tutto il mondo, alla quantità di prodotti della terra come frutta e verdura locali. Ma come cantava la canzone, “per fare l’albero ci vuole il seme”: infatti, possiamo dire che la ricchezza italiana è ben radicata sottoterra e nei suoi semi autoctoni, molti dei quali antichi e trasmessi di generazione in generazione da contadini e agricoltori “custodi della terra” e alla base della cultura gastronomica del nostro Paese. Un patrimonio, però, che andrebbe tutelato e valorizzato maggiormente.

Proprio con questo scopo, anni fa è nata AVASIM, l’Alleanza per la Valorizzazione delle Antiche Sementi Italiane e del Mediterraneo, che nelle scorse settimane ha rilanciato la proposta di creare un vero e proprio “Made in Italy dei semi”, con l’obiettivo poi di avviare una candidatura all’UNESCO.

Kmat/shutterstock.com

Lo stato della biodiversità italiana 

La biodiversità è la ricchezza di vita sulla Terra ed è fonte di beni, risorse e servizi indispensabili per la sopravvivenza dell’uomo. Non è un segreto che l’Italia sia il Paese europeo con il più alto tasso di biodiversità, intesa come numero di specie e sistemi ecologici: complessivamente ospita oltre 70.000 specie tra flora e fauna. In particolare, stando alle ultime stime, la flora italiana comprende 8.195 specie di piante vascolari, con cui si intendono quei tipi di piante che hanno radici, fusti e foglie e che si alimentano grazie a un sistema vascolare responsabile della distribuzione dell’acqua e delle sostanze nutritive. Sul totale delle specie di piante vascolari si raggiungono percentuali di endemismo – specie tipiche ed esclusive di un determinato territorio – superiori al 16%.

I tassi di endemismo che contraddistinguono il nostro Paese comportano però una grande responsabilità in termini di tutela e conservazione. Parlando invece di agricoltura italiana, possiamo dire che i sistemi agronomici coprono oltre il 43% del territorio: il 25% della biodiversità agraria presente in Europa è costituita dall’agrobiodiversità di una sola regione italiana, la Sicilia. 

L’importanza dei grani e dei semi antichi

Tatjana Baibakova/shutterstock.com

Come accennato, però, questo patrimonio di biodiversità “nasce” sottoterra. Quello delle sementi antiche in Italia è infatti un settore fondamentale, che ancora oggi è affidato ad “agricoltori custodi” e spesso eroici, che da secoli si prendono cura di questa biodiversità e tramandando i semi nella loro purezza originaria, una riserva di biodiversità millenaria oggi ancora disponibile che va sottratta alla grave erosione genetica in corso. Dal grano alle brassicacee (come cavoli, cavolfiori, broccoli o cime di rapa), dagli ortaggi alla frutta, per non parlare poi dei vitigni e della varietà di erbe officinali presenti nel nostro Paese e che sono appunto colture autoctone.

Una filiera che è legata a doppio filo alla qualità, alla storia di luoghi unici, ai saperi e alle tradizioni dei contadini, alla cultura di scambio e di reciprocità tra comunità e generazioni. Ma questa ricchezza unica al mondo è minacciata. Uso di pesticidi e fertilizzanti, vaste aree coltivate a monocolture… l’agricoltura intensiva infatti è sia vittima che carnefice dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità del Paese, come ha raccontato il giornalista Stefano Liberti durante un’intervista. 

Come abbiamo detto anche nel caso del maslin, il nostro futuro potrebbe essere più legato al nostro passato di quanto pensiamo. Ecco perché è fondamentale proteggere le antiche sementi che rappresentano le radici della nostra cultura e possono garantire la sicurezza alimentare italiana. Come?

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Una proposta di legge per tutelare le sementi italiane

Recentemente è stato modificato l’articolo 9 della Costituzione: accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico italiano si aggiunge quella dell’«ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni». 

Proprio per salvaguardare l’insieme di tradizioni antiche, qualità e territorialità, AVASIM ha avviato una proposta che parte proprio dalla riforma dell’articolo 9, rilanciandola dopo che quest’anno la cucina italiana è stata candidata Patrimonio UNESCO. L’obiettivo infatti è di riaccendere i riflettori sull’attuale lacuna di tutela normativa di questo settore di importanza cruciale per l’Italia e che potrebbe rendere ancora più competitivo e distintivo il Made in Italy italiano, andando anche incontro a quella che è la richiesta dei consumatori italiani, più attenti alla provenienza delle materie prime.

La proposta è infatti quella di istituire un “Made in Italy dei semi”: i semi antichi saranno quindi considerati ‘beni culturali’ allo scopo di qualificare la loro originarietà e proteggerli. Come spiegano gli avvocati Alessia Montani e Fabrizio Luciani, fondatori di AVASIM, “Si tratta in definitiva di un caso tipico in cui un importante segmento del patrimonio nazionale colturale e culturale chiede immediato riconoscimento e protezione da parte del legislatore, anche in attuazione della recente modifica dell’art. 9 della Costituzione”.

Con questo obiettivo il 12 maggio a Noto, in Sicilia, si è tenuto il convegno “Grani antichi e altre sementi italiane, un patrimonio da tutelare e valorizzare”, il cui scopo è quello di studiare e formulare proposte concrete finalizzate all’attuazione di piani e politiche sui temi oggetto di studio. Per questo, è stato costituito un Tavolo tecnico-osservatorio permanente, che si occuperà di tre punti fondamentali:

MEE KO DONG/shutterstock.com

Un bollino per tutelare il Made in Italy dei semi antichi

Durante il Convegno è stata presentata anche la piattaforma MAMA SEEDS, che vuole essere un luogo digitale di riferimento per agricoltori ed esperti del settore per tutto ciò che riguarda le antiche sementi italiane. Ma non solo, perché si tratta anche di un bollino creato da Slow Food srl che racchiude i punti principali contenuti nel Manifesto AVASIM. È bene specificare che non si tratta di un vero e proprio marchio di qualità, ma di un riconoscimento valoriale che punta a “creare la prima filiera degli antichi semi, fondamentale per superare l’isolamento degli agricoltori e dei contadini custodi, per un’agricoltura sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale e culturale”, come scrivono sul sito.

Vi piacerebbe acquistare dei prodotti che siano interamente realizzati in Italia, con semi antichi autoctoni?

 

Fonti:

mase.gov.it
nnb.isprambiente.it
avasim.org


Immagine in evidenza di: Claudio Rampinini/shutterstock.com

 

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