Gli studi sulle sementi biologiche sono una frontiera recente, che mira a fornire a questo tipo di agricoltura varietà specifiche e più redditizie. Come abbiamo visto nel nostro articolo con il contributo del professor De Ambrogio, per diventare davvero il cibo del futuro alla portata di tutti, il biologico ha bisogno ancora di un’evoluzione che porti a un aumento della produttività e a prezzi più contenuti. Ma a che punto sono le sperimentazioni sui nuovi semi? E che caratteristiche avranno le varietà che utilizzeremo? Considerando i progetti avviati e i loro risultati, con questo approfondimento cercheremo di saperne di più.
Il bio è sempre più richiesto
Con un dibattito dedicato alla selezione delle sementi biologiche, il Sana 2019 ha offerto l’occasione di analizzare un aspetto rilevante nell’ambito di questo metodo agricolo, ancora poco conosciuto. Come ha puntualizzato Francesco Solfanelli dell’Università politecnica delle Marche, gran parte delle varietà coltivate provengono da agricoltura convenzionale, anche se è aumenta la richiesta di cultivar di frumento specifiche, sulla spinta della crescente domanda di prodotti bio.
Di questa evoluzione nella produzione e nelle preferenze dei consumatori, ha parlato Pasquale De Vita del Centro di ricerca cerealicoltura e colture industriali di Foggia (CREA-CI), sottolineando la presenza sempre più consolidata del bio in Europa: nel 2018 erano 11,9 milioni gli ettari di superficie destinata a questo tipo di coltivazione, pari al 6,7% del totale utilizzato nell’Unione. Insieme a Spagna, Francia e Germania, l’Italia si distingue per le estensioni coltivate e per il numero di produttori, mentre nel complesso queste quattro nazioni rappresentano oltre la metà del totale del bio europeo, che secondo l’Eurostat tra il 2012 e il 2016 è incrementato del 19%. Nel nostro Paese, invece, questa crescita progressiva ha raggiunto ben il 54%, tanto che oggi, nel settore, si contano oltre 80mila aziende – fra produzione e trasformazione – molte delle quali al Sud e nelle isole.
In questo contesto, il grano duro ha un valore notevole, coprendo da solo oltre il 41% dei cereali bio e circa il 10% dell’intera superficie nazionale investita a frumento duro, pur fermandosi al 6-8% della produzione complessiva in termini di volumi. Nonostante il trend positivo, De Vita ha sottolineato come la crescita delle superfici coltivate sia inferiore a quella del mercato, aspetto che motiva la significativa incidenza delle importazioni dall’estero, necessarie per soddisfare la domanda interna.
Sementi biologiche: perché il settore ne ha bisogno?
Come abbiamo visto nei nostri approfondimenti, l’agricoltura biologica non prevede l’uso di antiparassitari – fatta eccezione per i composti rameici – e concimi di sintesi. Partendo da questi presupposti, è facile comprendere perché il bio richieda piante con caratteristiche specifiche diverse da quelle destinate all’agricoltura convenzionale, per ottenere produzioni soddisfacenti, sia in termini di qualità – nutrizionale e sensoriale – che di quantità.
In particolare, le coltivazione dovranno dimostrarsi in grado di fare a meno di trattamenti protettivi e concimazioni chimiche, e a fare la differenza, quindi, saranno:
- la capacità di sfruttare al meglio l’acqua e le sostanze nutritive (azoto in primis);
- resilienza nella competizione con le infestanti;
- resistenza alle principali malattie, di origine virale e fungina, comprese quelle del seme.
Come ha sottolineato De Vita, in Italia è mancato un programma strutturato e coordinato per la selezione di sementi biologiche e lo sviluppo di nuove varietà di cereali, leguminose e specie orticole. Tra gli agricoltori, le conoscenze sulle piante da coltivare sono ancora scarse, e spesso la scelta non si fonda su criteri oggettivi, ma prevale l’orientamento per le sementi convenzionali più comuni o per i vecchi genotipi.
Ai fini di una produzione che non tralasci il dato quantitativo e il contenimento dei prezzi, secondo De Vita la reintroduzione di vecchie varietà e di grani antichi non può essere la via migliore. Allo stesso modo, anche l’uso dei genotipi selezionati per l’agricoltura intensiva – che prevede alte dosi di seme, concimazioni con composti azotati e controllo chimico di patologie e infestanti – non è funzionale al biologico.
[elementor-template id='142071']Caratteristiche della selezione varietale biologica
Per chiarire il quadro generale, bisogna sottolineare che, a causa della scarsa disponibilità di varietà bio, attualmente più della metà dei cerealicoltori biologici ricorrono alla deroga, utilizzando sementi convenzionali. Se in futuro questa possibilità fosse eliminata e la disponibilità di semi dedicati non aumentasse, il settore potrebbe trovarsi notevolmente danneggiato. Quindi, per sostenerne il corretto sviluppo, nel 2012 una collaborazione tra associazioni europee e Istituto di ricerca per l’agricoltura biologica (FiBL) ha definito i principi fondamentali del miglioramento genetico per il bio, in seguito inseriti nelle direttive della Federazione internazionale per l’agricoltura biologica (IFOAM).
- Le sementi biologiche selezionate devono essere fertili, ovvero in grado di autoriprodursi.
- Il miglioramento genetico si esegue entro condizioni corrispondenti ai principi del bio.
- Le cellule e i genomi devono essere rispettati in quanto unità, col divieto di operare interventi tecnici e ogm.
- Per la creazione di ibridi, vanno rispettate le barriere naturali.
Sementi biologiche e ricerca: i progetti avviati
Alla luce di queste considerazioni, è evidente quanto sia importante l’impegno scientifico per mettere a disposizione sementi biologiche ad alta qualità tecnologica, nutrizionale, sanitaria e organolettica, per soddisfare una domanda che, come detto, è in forte crescita sul mercato internazionale. In questo senso, le attività del CREA-CI di Foggia hanno lo scopo di implementare le conoscenze sulla produzione di grano duro bio, favorendo il trasferimento delle innovazioni alle aziende agricole e agli operatori della filiera. Questo può avvenire attraverso:
- identificazione e sviluppo di nuove varietà;
- messa a punto e ottimizzazione di tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale;
- definizione di metodi efficienti per tracciare e controllare materie prime e prodotti da esse derivati.
Liveseed
In questo filone si inserisce anche Liveseed, descritto da Francesco Solfanelli, un progetto europeo quadriennale avviato nel 2017 e formato da 49 partner – istituti di ricerca, miglioratori genetici, aziende sementiere, associazioni del settore bio e autorità nazionali – distribuiti in 18 Paesi comunitari. Attraverso il miglioramento della trasparenza e della competitività, l’iniziativa è mirata a massimizzare l’uso di sementi biologiche, obiettivo perseguito grazie a una serie di azioni orientate all’innovazione e al trasferimento delle conoscenze. In questo senso, occorre armonizzare i regolamenti sul biologico tra gli Stati Ue, aspetto talvolta sottovalutato ma fondamentale per le sue conseguenze sulla produzione e sul mercato.
Seminare il futuro
La fondazione senza scopo di lucro Seminare il futuro, illustrata da Federica Bigongiali, si occupa dello sviluppo di nuove sementi per l’agricoltura biologica e biodinamica, valorizzando l’intero processo di selezione, con un uso sostenibile delle risorse naturali e umane coinvolte. Il seme è inteso come bene comune, tanto che, per evitare la privatizzazione dei profitti, la gestione dei diritti delle varietà è vista appunto all’interno di un organismo no profit.
Sementi e agricoltura biologica: opportunità e sfide
Finora le varie iniziative come quelle citate – molte delle quali indipendenti e autonome, sostenute da investimenti privati, imprese o associazioni – hanno portato in Europa alla coltivazione di oltre cinquanta nuove varietà di cereali, e più di duecento fra nuove orticole e piante da frutto. Il settore, tuttavia, richiederebbe maggiori investimenti per sfruttare a pieno il potenziale del bio europeo.
Come ha affermato Maria Grazia Mammuccini di FederBio, per lo sviluppo del biologico è necessaria una strategia complessiva, perché “il consumatore riconosce un valore alla qualità e alla sostenibilità del processo produttivo. Pertanto, in un’ottica di sviluppo competitivo, di redditività per le aziende e di benessere per l’ambiente e per il consumatore, il modello di produzione basato sui principi del bio sembra essere ideale.”
Com’è noto, l’agricoltura è in prima fila nelle sfide imposte dai cambiamenti climatici e dall’aumento globale della popolazione, che richiedono una significativa trasformazione dei sistemi produttivi, in generale da orientare verso una maggiore resilienza, indipendentemente dalla metodologia colturale. L’integrazione tra operatori del settore e mondo scientifico è imprescindibile, così come il superamento delle falsità sul bio e della diffidenza ideologica nei confronti delle innovazioni genetiche e delle biotecnologie.
Sapevate che la ricerca sulle sementi biologiche è decisiva per lo sviluppo di questa forma di agricoltura?
Altre fonti:
Liveseed
Seminare il futuro
Federazione internazionale dei movimenti per l’agricoltura biologica (IFOAM)