Dal 9 maggio 2018, anche per l’Italia, cambiano le regole per l’attribuzione della scadenza del latte: un anno dopo l’aggiornamento dell’etichettatura, arriva anche la liberalizzazione dell’indicazione entro la quale consumare il latte fresco. Cosa aspettarci, dunque? L’abbiamo chiesto al dottor Agostino Macrì, docente all’Università Campus Biomedico di Roma, dove insegna “Ispezione degli alimenti”, collaboratore dell’Unione Nazionale Consumatori e curatore del blog Sicurezza Alimentare.
Scadenza del latte: dal 9 maggio via alla liberalizzazione
Come previsto dal decreto legislativo 231/2017 che recepisce in Italia le disposizioni contenute nel regolamento UE 1169/11 (lo stesso che disciplina le etichette alimentari), a partire dal 9 di maggio non sarà più determinata per legge la scadenza del latte.
“La legge italiana – spiega il dottor Macrì – prevedeva che il latte fresco dovesse avere una scadenza di 6 giorni al massimo. Con l’approvazione della norma europea, questo obbligo viene a cadere e ogni azienda può inserire la data che ritiene più opportuna.” Ma come verrà scelta in pratica? Ciò può dipendere da diversi fattori. Infatti, ciascuna casa produttrice di latte esegue sui propri prodotti delle analisi specifiche per valutarne il ciclo di vita e l’effettiva durata che dipende, appunto, dalla qualità batteriologica, dal sistema di confezionamento, dalla tipologia di lavorazione e dal metodo di conservazione.
Quello che possiamo aspettarci, come spiega l’intervistato, è che troveremo una data leggermente successiva rispetto a quella a cui siamo abituati: “qualsiasi indicazione sul consumo viene apposta sulla base dell’esperienza, è ovviamente possiamo fidarci perché il produttore non ha alcun interesse a segnalare una data sbagliata che metta a rischio la salute del consumatore.”
Una questione tecnologica?
L’esperienza e la responsabilità del produttore non sono i soli fattori che hanno portato a questa liberalizzazione. Gioca un ruolo rilevante anche l’innovazione tecnologica: “è evidente, infatti – specifica Macrì – che con il tempo è migliorata non solo la qualità del latte che possiamo trovare e acquistare, ma anche quella dei macchinari e delle tecniche utilizzate per la conservazione.”
A suo avviso è ragionevole, dunque, pensare che, rispetto a quando è stata immaginata la scadenza obbligatoria a sei giorni, esistono tecniche più raffinate per cui oggi il prodotto in commercio presenta garanzie maggiori.
Latte fresco, a lunga conservazione e latte crudo
La liberalizzazione della data di scadenza del latte riguarda, è bene precisarlo, il prodotto fresco, mentre per quello a lunga conservazione e quello crudo alla spina seguono regole differenti.
Quello fresco, infatti, non è completamente sterile, poiché vi resta una minima carica batterica che, dopo alcuni giorni, può eventualmente proliferare mettendo a rischio il mantenimento della qualità del prodotto. “Il latte a lunga conservazione invece – chiarifica il dottor Macrì – viene trattato in maniera drastica per distruggere tutti i microrganismi presenti ed è commercializzato completamente sterile.” Ecco perché la scadenza può raggiungere anche i 6 mesi, ma solo se la confezione resta chiusa e conservata in frigorifero.
“Il latte crudo, quello alla spina – aggiunge l’intervistato – viene preso direttamente dalla stalla e venduto appena munto, possiede una carica batterica ancora più alta rispetto al latte fresco, proprio perché non ha subito alcun trattamento.” In questo caso, non solo dobbiamo prestare attenzione a consumare il prodotto al più presto, ma dev’essere necessariamente bollito prima di essere bevuto.
Che validità ha la data di scadenza indicata sulla confezione?
Una questione fondamentale quando parliamo di date di scadenza e, in particolare, di alimenti come il latte è ricordare che il limite che leggiamo sull’etichetta vale dal momento in cui acquistiamo il prodotto, ma non una volta aperto. “Il punto – spiega Macrì – è che la responsabilità del prodotto sul mercato è del produttore, come stabilito delle vigenti normative comunitarie, ma una volta che la confezione è a casa la responsabilità passa al consumatore.”
Come fare, dunque, per assicurarsi di bere e utilizzare latte sempre sicuro? “Ricordiamo che una volta aperto, può venire a contatto con organismi ambientali che possono stimolare lo sviluppo della flora batterica e contaminare l’alimento” che, a sua volta, può perdere freschezza e integrità.
“Attenzione, dunque, a consumare il latte, di qualsiasi tipo, al più presto dopo aver aperto la confezione”, insiste l’intervistato. “Se siamo oculati, non corriamo dei rischi, perché ciò che acquistiamo nei normali canali di vendita è sicuro. Il problema si pone, nella maggior parte dei casi, quando gestiamo il latte in casa.”
La data di scadenza del latte, dunque, può aiutare a capire quando bere e utilizzarlo, ma bisogna sempre ricordare che è da considerarsi come “valida” finché non ci sono fattori esterni che danneggiano la confezione o non scegliamo di aprirla. A quel punto, tocca a noi essere consapevoli dei rischi che corriamo e, eventualmente, delle conseguenze dei nostri comportamenti. Conoscevate le indicazioni a proposito della scadenza del latte?
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