Se nella riviera ligure di Levante c’è la focaccia di Recco e a Genova a fügassa, a Sanremo (Imperia) e dintorni c’è la sardenaira. Di base è una focaccia dall’impasto del tutto simile alla cugina genovese, ma a distinguerla sono gli ingredienti che ne cospargono la superficie e ne caratterizzano colore e gusto. Il colore è quello rosso del pomodoro, aroma e gusto sono invece supportati da aglio, acciughe, capperi, origano e olive taggiasche. Dietro c’è una storia antica, che ha a che fare addirittura coi Romani e che ha interconnessioni oltre confine, in particolare con Nizza, ma che ha in Sanremo la sua patria d’elezione, al punto di esserne specialità a denominazione De.Co. E allora perché non farci venire l’acquolina e andare a scoprire insieme tutto sulla sardenaira?
Tante storie che confluiscono in una sola: il legame della sardenaira con Sanremo
Una traccia storica su com’è nata la sardenaira porta intorno al 1500, all’epoca del nobile ammiraglio e politico Andrea Doria, figura di spicco dell’allora Repubblica di Genova. Si deve proprio a lui la diffusione in tutto il genovese di una focaccia condita con olio, acciughe e cipolla preparata in suo onore. Ne era rimasto talmente conquistato da prendere il nome di pissalandrea o piscialandrea, a seconda delle zone e delle inclinazioni dialettali, che letteralmente sta per “pizza all’Andrea”. C’è però chi sostiene che una simile ricetta fosse già nota a Nizza come “pissaladiére”.
Secondo un’altra teoria, invece, il percorso primigenio della sardenaira porterebbe in Val Nervia, nell’entroterra dell’estremo ponente ligure. Qui, tra piccoli e graziosi borghi collinari come Dolceacqua, Apricale e Isolabona, sopravvive l’antica usanza del machetu, ovvero una sorta di pasta d’acciughe che sarebbe di diretta derivazione dal garum, tanto caro agli antichi Romani. Di fatto si tratta di acciughe, o sardine, pestate con sale e olio all’interno di vasi di vetro – un tempo di terracotta – detti arbanelle. Dopo averlo ricoperto d’olio e pressato con una pietra di fiume, si lascia macerare il composto per circa quaranta giorni, mescolando quotidianamente. Se ne ottiene il condimento tipico della machetusa, la focaccia ancora oggi protagonista della cultura popolare da queste parti e indicata come vera antenata della sardenaira.
Ad ogni modo, la svolta storica coincide con l’importazione in Europa del pomodoro. La sua entrata in scena ha avuto un forte impatto sulla cucina territoriale, portandolo a diventare elemento centrale di tante ricette. A partire dalla sardenaira, che sembra per certi versi un’evoluzione della machetusa: aglio, olio e acciughe restano a dare la loro spinta di sapore, ma il gusto è arricchito da capperi, olive e origano, mentre una pennellata rossa di pomodoro ne cosparge l’intera superficie e la rende immediatamente riconoscibile. Così si è radicata nella tradizione popolare della provincia ovest di Imperia, con particolare riferimento a Sanremo, di cui dal 2014 è specialità De.Co. (Denominazione Comunale).
Sardenaira: cos’è e come si fa
Sardenaira fa pensare per assonanza a sardina. E l’origine del nome sarebbe proprio questa: se oggi si usano più spesso le acciughe per condirla, un tempo era molto più frequente trovarvi le sardine. Sapidità e gusto, del resto, sono molto simili, specie nella versione sotto sale, e nel dialetto ligure non si fa distinzione tra le due specie.
L’altro ingrediente principe è il pomodoro, che da disciplinare è ammesso unicamente fresco o in polpa. La sua irruzione nella scena culinaria italiana ha rivoluzionato il modo di preparare tante ricette offrendo un elemento alla portata di tutti e capace di apportare colore e sapore, risparmiando su altri ingredienti. Così anche in questo caso: se le sue antenate erano focacce bianche cosparse dal saporito condimento di aglio, olio e acciughe, adesso la sardenaira si riconosce immediatamente dalla superficie più o meno rossa. Oltre al colore, il gusto dolce-acidulo del pomodoro ben si completa con gli altri elementi: la sapidità delle acciughe, irrobustita da capperi sotto sale e olive in salamoia, e l’aromaticità apportata dagli spicchi d’aglio in camicia e dall’origano. Ultimo, ma non certo per importanza, un attore immancabile nella tradizione ligure: l’olio, che va ad ungere l’impasto e di cui si aggiunge anche un giro a crudo, dopo averla sfornata. E quando si parla di olio a queste latitudini si fa preferibilmente riferimento all’olio EVO della DOP Riviera Ligure.
Fin qui abbiamo parlato del condimento, quello che vediamo in superficie. Ma cosa c’è sotto? L’abbiamo presentata come una focaccia e, di fatto, la sardenaria lo è. L’impasto di base è infatti lavorato in modo simile alla focaccia genovese. In passato c’era l’usanza di aggiungervi anche una parte di purea di patate per renderla più soffice ed è probabile che in alcune versioni casalinghe si faccia ancora così. Ma la sardenaira sanremasca, quella della De.Co., ammette solo farina, acqua, sale, lievito, olio e eventualmente pasta di riporto. Il modo di lavorare questi semplici ingredienti, insieme al rispetto delle fasi di riposo e di stesura e dei tempi di cottura, è determinante nell’ottenere fragranza, morbidezza e untuosità. Sono questi i tratti distintivi di una sardenaira fatta ad arte, mentre la forma può essere tonda o rettangolare, a seconda della teglia in cui si sceglie di stenderla e cuocerla.
La sardenaira come De.Co. comanda
Il riconoscimento della De.Co. ha portato alla definizione di un marchio e soprattutto di un disciplinare di produzione. Qui sono indicati gli ingredienti ammessi ed è codificata una ricetta, pur ammettendo la natura di specialità popolare, che in quanto tale si è tramandata tra le mura domestiche. Motivo per cui ogni famiglia può avere il suo modo di farla, alla maniera di altre specialità della tradizione gastronomica italiana, dalla caponata siciliana alla mesciua spezzina. Soltanto le attività che rispettano il disciplinare però possono chiamarla Sardenaira De.Co.; gastronomie, ristoranti, panetterie, ma anche operatori di street food: ovunque compaia il logo adottato dal comune di Sanremo, c’è la garanzia di assaporare la vera specialità simbolo di questo territorio.
La ricetta del disciplinare di produzione
Dopo averla raccontata e descritta, veniamo al dunque, ovvero la ricetta della Sardenaira De.Co. Ecco la ricetta tratta dal disciplinare di produzione del Comune di Sanremo:
Ingredienti per l’impasto
- 10 kg di farina 00 di media forza
- 5 l di acqua
- 1,2 l di olio d’oliva
- 220 g di sale marino
- 250/300 g di lievito
- 2 kg di pasta di riporto (facoltativa)
Ingredienti per il condimento
- pomodori freschi o polpa di pomodoro
- filetti di acciughe sotto sale
- olive taggiasche in salamoia
- capperi sotto sale
- aglio
- olio
- origano
Procedimento
- Impastare la farina con l’olio e circa 4 litri di acqua.
- Dopo circa cinque minuti, aggiungere il sale bagnandolo con 0,5 litri di acqua e continuare a lavorare il composto.
- Trascorsi altri cinque minuti, aggiungere il lievito e l’eventuale pasta di riporto. Proseguire con la lavorazione fino a ottenere una pasta liscia, morbida e omogenea.
- Lasciar riposare per circa venti minuti, dopodichè suddividere l’impasto in base al peso e al tipo di teglia che si sceglie di utilizzare.
- Oliare uniformemente la teglia e stendervi a mano la pasta fino ai bordi.
- Lasciar lievitare per circa un’ora.
- Cospargere la superficie della pasta coi pomodori precedentemente lavati e tagliati finemente o, in alternativa, con la polpa di pomodoro.
- Aggiungere, dopo averli opportunamente dissalati, i capperi, le acciughe, quindi procedere con le olive.
- Tagliare l’aglio in spicchi vestiti e disporlo sulla superficie alternandolo agli altri ingredienti.
- Spolverare tutto con l’origano e irrorare con abbondante olio.
- Infornare la teglia in forno preriscaldato a 210 gradi.
- Cuocere per circa 24 minuti, quindi sfornare e rifinire con una nuova spolverata di origano e un altro giro d’olio a crudo.
Come detto, non ci sono particolari prescrizioni sulla scelta del supporto per stesura e cottura dell’impasto. Può essere un tegame, una teglia o una placca da forno. Le più utilizzate sono quelle metalliche rettangolari con bordi non particolarmente alti. Quest’ultimo aspetto dipende molto dallo spessore che si vuole ottenere e che può variare da uno a qualche centimetro. Scelta che incide anche sul gusto, dal momento che una pasta di base più fine farà meglio risaltare il condimento in superficie.
L’indicazione sulla quantità di lievito è legata invece all’opzione facoltativa della pasta di riporto. Quest’ultima, infatti, permette di ottenere una buona lievitazione riducendo la percentuale di lievito, ma è una scelta consigliabile per mani più esperte. Per chi ha meno dimestichezza con gli impasti è preferibile iniziare utilizzando soltanto il lievito.
Sanremo dunque non è soltanto città dei fiori e del Festival della canzone italiana, ma è anche la patria della sardenaira. Eravate già a conoscenza di questa specialità e della sua denominazione comunale?
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