di Martino Ragusa.
Esistono in natura quasi 1000 diverse specie appartenenti al genere “Salvia”, ma quella che viene comunemente chiamata così è – scientificamente parlando – la Salvia officinalis (cosiddetta perché apprezzatissima in erboristeria già dai tempi degli Egizi). Si tratta di una pianta aromatica che ha l’aspetto di un piccolo arbusto sempreverde, diffusa allo stato selvatico nell’area mediterranea e nelle regioni temperate, soprattutto sul mare. Per riconoscerla tra i cespugli della macchia mediterranea, cercate delle foglie grigioverdi, rugose e rivestite di una peluria biancastra vellutata; se è estate fatevi aiutare anche dai fiori, color blu malva.
Della salvia si utilizzano le foglie, sia fresche che essiccate, esclusivamente come aroma: dato che contengono un chetone complesso (il tuione) che a quantità massicce può risultare tossico, ci si accontenta dell’aroma e si evita come insalata. Tanto più che le foglie hanno un sapore intenso, che non si altera durante la cottura… Attenzione però a non esagerare, si tratta infatti di una pianta aromatica a profumo coprente.
In cucina
La salvia in cucina è protagonista un po’ in tutte le regioni temperate; da noi si utilizza soprattutto per aromatizzare carni bianche, il maiale arrostito e il fegato. Insieme ad altri aromi può finire anche in certe minestre, o zuppe. Altrove si trovano tracce di salvia in alcuni formaggi inglesi (i sage derby) e nella cucina fiamminga, dove aromatizza la cottura di carne e pesce. Anche se la salvia a foglie più piccole è quella più aromatica, si usa più spesso quella a foglia larga, perché viene più facilmente fissata agli alimenti in preparazione. Con i fiori, invece, si fa una tisana leggermente balsamica.
Qualche utile istruzione
La raccolta può avvenire durante tutto l’anno, ma all’inizio dell’estate è il momento migliore per l’intensità del profumo. L’essiccazione deve avvenire all’ombra e lentamente, in un luogo ventilato. Se conservate i fiori in barattoli con la chiusura ermetica si manterranno intatti per circa tre anni.
Storicamente il nome “salvia” testimonia le virtù che gli antichi romani riconoscevano a questa pianta: la radice della parola è la stessa del verbo salvare e della parola salus (cioè salvezza, ma anche salute). Pare inoltre che i romani raccogliessero la salvia solo attraverso un rituale preciso, senza utilizzare oggetti di ferro, in tunica bianca e con i piedi scalzi e ben lavati. In realtà la salvia non ha particolari qualità digestive, come popolarmente si crede, e le sono attribuiti molti effetti su cui non c’è concordia di vedute. Senz’altro contiene dei precursori dell’ormone che regolarizzano le mestruazioni e alleviano i disturbi della menopausa, ma per lo stesso motivo andrebbe evitata in gravidanza.