Giornale del cibo

Addio Salmone Selvaggio: mangeremo pesce GM?

È diventato difficilissimo, se non praticamente impossibile, trovare nei supermercati tranci di salmone selvaggio. Fate caso ai cartellini del reparto pescheria: provengono tutti dagli allevamenti. Possiamo semmai scegliere tra quello scozzese e quello norvegese ma pensare di mangiare un salmone pescato in oceano o mentre risale la corrente di un fiume è quasi un’utopia. Cercando bene, è possibile trovarlo in busta, affumicato. Fra le circa 10 marche presenti alla Coop, ad esempio, di selvaggio ne ho trovato uno solo. Non era il più economico ma nemmeno il più caro, e potrebbe essere una buona scelta per il Cenone di Capodanno.

Comprare Salmone

Mangiare pesce di allevamento non è una cosa che ci sconvolge molto, forse non ci facciamo troppo caso o forse è una pratica che abbiamo in qualche modo già accettato. Certo è che gli allevamenti ittici hanno ben poco di naturale, ma in fatto di naturalità non siamo sempre equamente esigenti ed è ormai chiaro che il termine “naturale” in fatto di cibo lascia spazio a molte interpretazioni e zone grigie.

 

FDA: il salmone GM si può mangiare

Qualche settimana fa l’American Food And Drug Administration ha approvato – non era mai successo prima – un animale geneticamente modificato per il consumo alimentare umano. Si tratta proprio di un salmone, anzi di un supersalmone, perché i suoi geni ora – su gentile cessione di DNA da parte di un parente più grande, il Salmone Reale, e di una specie di anguilla oceanica abituata alle acque gelide – contengono istruzioni su come diventare adulto più in fretta e e su come non disattivare i propri ormoni della crescita durante i mesi più freddi.

L’autorizzazione della FDA, l’ente governativo americano per il controllo dei farmaci e dei prodotti alimentari, arriva a vent’anni dalla richiesta di immissione sul mercato del salmone modificato da parte dell’azienda che ne detiene il brevetto, la AquaBounty Technologies. Vent’anni per certificare che il nuovo pesce, che i critici chiamano frankenfish, non è pericoloso per la salute e non costituisce una minaccia per l’ambiente.

 

Supersize in solo 18 mesi

Il salmone AquaAdvantage, questo il suo nome, sarebbe infatti in tutto e per tutto uguale al pesce originale, tranne per il fatto che, appunto, raggiunge le dimensioni di un adulto in metà tempo (16-18 mesi anziché due anni e mezzo). Per scongiurare i rischi ambientali di contaminazione (qualche esemplare potrebbe scappare e incrociarsi con la fauna selvatica), l’AquaBounty dovrà allevare colonie di sole femmine, sterili, in vasche da terra ben isolate e lontane da habitat marini e oceanici.

Non avendo rivelato alcuna differenza biologica sostanziale con l’animale d’origine, la FDA non ritiene necessario che venga riportata l’origine in etichetta, sorvolando sul fatto che la scelta del consumatore potrebbe riguardare anche questioni di carattere etico e non solo di sicurezza per la salute.

Il salmone modificato arriverà sulle tavole degli americani solo tra un paio d’anni, il tempo di avviare la prima produzione, e difficilmente si farà strada verso il nostro continente dove vige invece l’obbligo di etichettatura sancito dalla UE e dove la maggioranza dell’opinione pubblica si oppone al consumo alimentare di OGM (in Italia, stando alle stime della Coldiretti, il 76% dei consumatori si dichiara contrario al biotech nel piatto). Ma la recente decisione della FDA ha sollevato molte preoccupazioni al di là e al di qua dell’oceano in quanto rappresenta un precedente che potrebbe aprire la strada ad altre autorizzazioni di questo tipo.

 

Basta che non sia OGM?

L’attenzione sugli OGM fra i consumatori è – comprensibilmente – sempre molto alta, alimentata da un vivace dibattito tra sostenitori e contrari. E questo è un bene in quanto ci stimola ad informaci e a scegliere consapevolmente in materia. Il flusso di opinioni è però a volte come una corrente che ci trascina e ci dice dove andare e a cosa prestare attenzione. Il rischio è di diventare ipersensibili a certi argomenti e distratti su altri: l’importante è che non sia OGM, pazienza se viene allevato in vasche artificiali, alimentato chissà come e in chissà quali condizioni. Insomma, neanche il tempo di riflettere sugli allevamenti ed è già quasi ora di preoccuparsi di OGM. Ma intanto, viene da chiedersi, che fine ha fatto il salmone selvaggio?

 

Gli allevamenti ittici: la testimonianza di Philip Lambery (Farmageddon) sul sistema intensivo

Secondo Philip Lambery, autore di Farmageddon, libro-inchiesta sui sistemi agricoli intensivi, gli allevamenti ittici sono ben lontani dal rappresentare una soluzione allo sfruttamento della fauna marina e oceanica. Al contrario, colonie di salmoni e trote vengono alimentate proprio saccheggiando gli oceani di aringhe, acciughe e altri piccoli pesci che poi l’industria trasforma in farine per la mangimistica.

Il rapporto tra il pesce pescato come mangime e il pesce che ne ricaviamo per la nostra alimentazione è negativo. Ci vogliono cioè tra le tre e le cinque tonnellate di pescato, che oltretutto sarebbe perfettamente commestibile anche per l’uomo, per ottenere una sola tonnellata di trote e salmoni destinati alle nostre tavole.

 

Il colore rosa-arancione della carne, che il salmone produce naturalmente cibandosi di crostacei e alghe, in cattività viene ottenuto tramite l’impiego di coloranti. Come la maggior parte degli allevamenti intensivi, inoltre, le vasche ittiche, vista l’alta concentrazione di animali in uno spazio ristretto, aumentano in modo significativo e difficilmente smaltibile l’accumulo di escrementi immessi nell’ambiente e rappresentano un habitat ideale per la proliferazione di parassiti (come il pidocchio di mare) che possono diffondersi nelle acque circostanti e attaccare la fauna acquatica locale, minacciando la sopravvivenza delle specie più esposte.


È ormai “accettato al di là di ogni ragionevole dubbio” – ammette Lymbery – che vi sia un rapporto diretto e inequivocabile tra l’installazione di enormi vasche ittiche davanti alle coste e lungo le valli fluviali della Scozia e la drastica diminuzione della fauna ittica locale. L’evidenza mostra che nel giro di pochi decenni i salmoni sono effettivamente scomparsi, segnando la fine di intere filiere legate al mercato ittico e il declino di molte rinomate località turistiche che avevano fra le loro principali attrattive proprio la pesca con la canna praticata un tempo nelle acque incontaminate dei magnifici laghi delle Highlands.

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