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Sakè: Origini, Usi e Costumi di una Bevanda millenaria

Quanti di voi sanno esattamente cos’è il sakè? Conoscete le sue origini, la produzione, gli usi e costumi legati a questa bevanda millenaria? Negli ultimi anni l’interesse per il fermentato di riso è cresciuto enormemente e sempre più spesso è possibile incrociare nelle liste dei ristoranti o sulle bacheche dei bar (ancora la minoranza al momento) bottiglie di sakè. Non c’è più da stupirsi quindi se sentirete qualcuno ordinare un calice di sakè al posto del vino o preferire un cocktail a base si sakè rispetto al classico gin.

I gusti si evolvono e vivono proprio sulla base della diversificazione e della contaminazione, anzi è fin troppo anomalo che soltanto recentemente, in un paese come l’Italia, un pubblico sempre più attento e vasto ne vada alla ricerca. Il contatto con un mondo così lontano e diverso dalle nostre percezioni occidentali ha bisogno però di una guida, e della sua divulgazione si occupa la SSA (Sake Sommelier Association, unica associazione specializzata nella certificazione di sakè sommelier operante fuori dal Giappone) che, in collaborazione con sakecompany.com, ha da poco presentato il suo secondo corso di sakè sommelier a Milano. Patrocinato dalla Prefettura di Yamagata (Japan), consiste in una tre giorni di full immersion al termine della quale, per coloro che supereranno l’esame, sarà assegnato il certificato ufficiale Sommelier SSA.

Ora proveremo a tracciare la carta d’identità del sakè sulla base delle nozioni apprese durante il corso SSA seguito da chi scrive.

Sakè: identikit di una bevanda millenaria

Presentazione

sakè

Il termine sakè è un sinonimo europeo di nihonshu, la parola che indica la bevanda alcolica ricavata dalla fermentazione del riso, oggi prodotta da circa 1200 cantine su tutto il Giappone. Può essere considerato il “vino giapponese” perché consumato a tutto pasto e il suo grado alcolico varia tra i 14 e i 20 gradi.

Produzione

È prodotto esclusivamente d’inverno (la fermentazione produce calore e il freddo dell’esterno aiuta il controllo della temperatura. Il problema non si pone nelle case produttive più grandi e tecnologizzate) con riso, acqua e kōji, responsabili di corpo, sapori e aromi.

Il riso viene raccolto nei mesi di settembre e ottobre e portato nelle cantine dove è lavato e scottato. Una parte viene cosparsa di kōji (Aspergillus oryzae, la spora che induce la saccarificazione) che trasforma il carboidrato del riso in zuccheri semplici (glucosio) permettendo la fermentazione.

Le fasi successive prevedono la creazione della madre del sakè (shubo) e la fermentazione (chiamata multipla parallela, tipica e unica nel sakè) che può durare anche fino a 32 giorni. La durata è decisa dal toji (il sakè master, il nostro enologo del vino) che la modifica a seconda del tipo di prodotto che vuole ottenere. Filtraggio, sedimentazione, pastorizzazione (in caso), maturazione, diluizione e in alcuni casi invecchiamento (in botti o bottiglia).

Tipologie di sakè

Premium rappresenta il 13% della produzione totale, fermentazione naturale, senza alcol aggiunto, in una parola: Junmai.

 

Premium con un’aggiunta minima di alcol

Come riconoscere un buon sakè

Indicatore di qualità

Il seimai-buai che indica la percentuale di rimanenza del chicco di riso nel prodotto finito dopo la raffinazione.

Indicatore del gusto

Il Sakè Mater Value (SMV) è l’indice che misura la densità del prodotto rispetto all’acqua e alla sua acidità. Va inteso come numero di riferimento per una indicazione relativa a quanto secco o dolce sarà il Sake. La scala varia da -10 (dolce)  a +10 (secco).

Il sakè cela un mondo affasciante e ampio tanto quanto quello del vino, e le suddette nozioni ne costituiscono solo una parte. Lorenzo Ferraboschi, Sakè Sommelier e Sakè Educator SSA, sarà la vostra guida italiana in questo incantevole universo qualora lo vorrete.

E voi avete mai pensato di diventare sommelier del sakè? Conoscevate già questo fantastico prodotto?

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