Sacchetti biodegradabili per la frutta e la verdura: quali novità?

sacchetti biodegradabili a pagamento

Il 2018 iniziato da pochi giorni già ha scaldato gli animi, infatti con il 1 gennaio è entrata in vigore una legge, approvata nel mese di agosto, riguardo all’uso di sacchetti biodegradabili a pagamento nei supermercati. Si tratta, di fatto, di quelli che utilizziamo comunemente per servirci di frutta e verdura sfuse, del pane, di salumi e pesce.

La principale novità è che, come nel caso delle buste per la spesa classiche, il costo dei nuovi sacchetti verrà addebitato ai consumatori. Si tratta di un aspetto che ha fatto subito nascere le polemiche: sui social, e non solo, sono in molti a protestare contro questa norma e ad escogitare metodi alternativi, non sempre igienici, per ovviare a questa spesa in più.

Ma come mai è stata approvata questa legge che recepisce una normativa europea e qual è lo scopo di utilizzare sacchetti biodegradabili in sostituzione di quelli in plastica? E, inoltre, quanto peserà sulle famiglie italiane questo cambiamento?

La normativa europea per ridurre gli imballaggi

La legge che introduce questa novità è quella di conversione del D.L. n.91/2017 nella Legge 123/2017: di fatto, l’Italia si è trovata nella necessità di recepire una normativa europea del 2015 che chiedeva ai paesi membri di ridurre o prevenire l’impatto degli imballaggi e dei loro rifiuti sull’ambiente.

La direttiva in questione, ovvero la 720/2015, considera che “le borse di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron diventano più rapidamente rifiuto e comportano un maggiore rischio di dispersione di rifiuti, a causa del loro peso leggero”, pertanto gli stati vengono chiamati a prendere provvedimenti per disincentivarne l’uso. Nel gennaio del 2017, a tal proposito, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia proprio per il mancato recepimento di quella direttiva, una falla che è stata colmata proprio con la legge 123/2017.

Sacchetti biodegradabili: cosa prevede la nuova legge

spesa frutta verdura

L’obiettivo della nuova norma è duplice: da un lato, infatti, si vuole ridurre l’uso di borse di plastica, mentre dall’altro si promuove una campagna informativa atta a sensibilizzare i consumatori sull’impatto ambientale di queste scelte quotidiane.

In sintesi, si prevede che:

  • non sia possibile commercializzare sacchetti di plastica le cui caratteristiche non siano quelle previste per legge (ovvero, nel 2017, una percentuale di biodegradabilità non inferiore al 40%).
  • non sia possibile distribuire gratuitamente i sacchetti di plastica e che, anzi, il loro prezzo debba effettivamente risultare dallo scontrino.
  • sia ulteriormente ridotto l’impiego di sacchetti di plastica che non rispondano ai requisiti di biodegradabilità e compostabilità stabiliti dal Comitato europeo di normazione.

I sacchetti, dunque, devono avere spessore inferiore a 15 micron, essere biodegradabili e compostabili e certificati da enti appositi. Inoltre, a quota di biodegradabilità andrà a crescere fino a raggiungere una percentuale del 60% dal primo gennaio del 2021

È stata, inoltre, una scelta italiana quella di includere i sacchetti dell’ortofrutta, di salumi e formaggi tra quelli che vengono ceduti a pagamento: infatti, la direttiva europea, come anticipato, indicava semplicemente “il mantenimento o l’introduzione di strumenti economici nonché restrizioni alla commercializzazione” delle borse di plastica per ridurne la diffusione.

Prezzi e costi: che impatto avrà questo cambiamento sulle famiglie italiane?

spesa bambina sacchetti

Se l’approvazione della norma è passata inosservata, l’introduzione effettiva dei sacchetti biodegradabili a pagamento ha destato scalpore. I prezzi, non definiti per legge, si assestano in media attorno ai 2 centesimi a sacchetto, secondo quanto reso noto da Assobioplastiche che, impiegando i dati a proposito del consumo di frutta e verdura dell’ultima analisi di Gfk-Eurisko, ha calcolato anche che ogni famiglia italiana avrà bisogno di circa 417 sacchetti per un costo complessivo che oscillerebbe tra i 4,17 e i 12,51 euro all’anno.

Marco Versari, presidente di Assobioplastiche, ha dichiarato all’Ansa che queste prime indicazioni di prezzo sono confortanti poiché dimostrano che non sono state attuate speculazioni o manovre ai danni del consumatore. Infatti, il costo dei sacchetti resta tutto nelle casse di esercenti e grandi distribuzioni, e non si tratta, dunque, di una tassa.

#sacchetti sì o no: la polemica corre sui social

 

L’obiettivo, dunque, dell’introduzione di una norma che prevede l’uso di sacchetti biodegradabili a pagamento è chiaro, così come è noto agli addetti ai lavori che non si tratta di una novità improvvisa. Tuttavia i consumatori sembrano essere stati colti alla sprovvista.

Sui social, in questi giorni, non si parla d’altro. L’hashtag #sacchetti è in cima ai trending topics di Twitter dal 2 gennaio e la discussione è molto animata. C’è chi, sorpreso dalla novità, è pronto a tutto pur di non pagare i 2 centesimi a sacchetto, anche a pesare ed etichettare singolarmente tutti i prodotti acquistati (iniziativa, tuttavia, poco utile  poiché, per comodità, viene contata una busta per ogni codice a barre passato in cassa che faccia riferimento ad un alimento sfuso).

D’altro canto sono in molti a rispondere che si tratta di una cifra irrisoria e che questo cambiamento non avrà conseguenze così negative sulla vita di tutti i giorni. Opinione che, almeno a settembre, era condivisa dal 58% degli italiani: infatti IPSOS Public Affairs aveva già realizzato un’indagine per capire come i sacchetti biodegradabili sarebbero stati accolti in Italia. Il quadro che emerge da questa ricerca evidenzia una crescente sensibilità rispetto ai temi ambientali e al riciclo dei materiali, un’apertura verso questa novità e una disponibilità, secondo il 59% degli intervistati, ad accettare un costo di 2 centesimi per i sacchetti.

Infine, c’è anche chi, supportato in alcuni casi da articoli comparsi su alcuni giornali, ritiene  che questa norma vada a favorire i produttori di bioplastiche e, in particolare, la Novamont, un’azienda leader in questo settore e la cui amministratrice delegata viene definita come vicina all’ex premier Matteo Renzi. Se, da un lato, è ragionevole pensare che l’introduzione dei sacchetti biodegradabili vada a sostenere l’attività di chi li produce, considerare Novamont come l’unico beneficiario è eccessivo, poiché non si tratta del solo produttore di bioplastiche ed esistono altri competitor, italiani e non, che potranno trarre vantaggio da questa novità.

Si possono utilizzare i sacchetti portati da casa?

spesa sacchetti pagamento

In una nota del Ministero dell’Ambiente diretta alla grande distribuzione organizzata viene specificato, inoltre, che l’obbligo di pagare i sacchetti deve essere accompagnato dal divieto di riutilizzo nei supermercati delle buste compostabili per ragioni igieniche.

Il Ministero dello Sviluppo Economico, invece, secondo quanto riportato da Federdistribuzione, sembra contemplare la possibilità di utilizzare nei punti vendita dei sacchetti già in possesso dei consumatori.

Federdistribuzione, dunque, evidenzia che salvo indicazioni differenti previste dal Ministero della Salute, è possibile riciclare i sacchetti per ortofrutta, pane e gastronomia a queste condizioni:

  • utilizzo di sacchetti nuovi e integri
  • utilizzo di sacchetti conformi a quanto indicato dalla normativa ambientale e igienico sanitaria
  • utilizzo di sacchetti idonei al contatto con gli alimenti
  • utilizzo di sacchetti con lo stesso peso dei sacchetti ultraleggeri distribuiti nei negozi dal 1 gennaio 2018, stante l’impossibilità di ritarare le bilance di volta in volta in base al diverso imballaggio del consumatore.

Sulla questione è intervenuto anche il Ministero della Sanità che ha dichiarato che non si potranno riutilizzare i sacchetti perché ciò “determinerebbe infatti il rischio di contaminazioni batteriche con situazioni problematiche”. Per contro, il segretario generale del dicastero, Giuseppe Ruocco, ha dichiarato all’Ansa che “non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti”.

L’ultima parola in questo caso, così come a proposito dell’eventuale storno dei costi dei sacchetti biodegradabili per chi sceglie di apporre l’etichetta direttamente sul frutto o sulla verdura, spetta a ciascun esercizio commerciale.

raccolta differenziata

Quello che è certo è che possiamo impiegare i sacchetti biodegradabili a pagamento  per la raccolta differenziata dell’umido. Questa possibilità potrebbe rappresentare, nell’intera vicenda, una soluzione utile ad innescare un circolo virtuoso di riciclo e salvaguardia dell’ambiente. Tuttavia si tratta di un’opportunità trattata solo marginalmente sia da parte dei promotori dell’iniziativa legislativa a livello italiano che da chi sta prendendo parte al dibattito: sembra mancare, infatti, quella dimensione comunicativa ed educativa del provvedimento che dovrebbe mirare proprio alla sensibilizzazione del cittadino ad una condotta più ecologica e sostenibile.

Che la plastica abbia un impatto negativo sull’ambiente e sulle persone non è una novità. Infatti, per chi volesse approfondire l’argomento consigliamo la lettura di questo approfondimento dedicato alle plastiche per alimenti e questo tutto sui materiali per la cottura sottovuoto.

 

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