RITA Pieve, il primo self service inclusivo d’Italia per abbracciare ogni forma di fragilità

rita pieve self service inclusivo

 

Includere significa garantire la piena accessibilità di luoghi, opportunità e servizi a tutti e tutte. Purtroppo, però, le occasioni e le barriere – mentali e fisiche – che portano tante persone a sentirsi escluse quotidianamente non mancano. Gesti semplicissimi per molti, come andare a fare la spesa o al ristorante, o utilizzare un bagno che non sia quello di casa propria, per altri sono ancora troppe volte motivo di disagio ed esclusione sociale.

Per fortuna, esistono iniziative che cercano di fare dell’inclusione non solamente una parola vuota di contenuti ma una realtà. È il caso del supermercato autism-friendly nato a Monza, un luogo unico nel suo genere pensato in ogni dettaglio per accogliere tutti e tutte. O ancora, di “Reggio Emilia Città Senza Barriere”, un progetto nato nel 2014 che punta a realizzare un nuovo modo di pensare la città “per” e “con” la disabilità, all’interno del quale si è sviluppato ed è nato anche RITA Pieve. Si tratta del primo ristorante self service in Italia completamente inclusivo, progettato e realizzato da CIRFOOD, impresa cooperativa italiana leader nella ristorazione collettiva, commerciale e nei servizi di welfare aziendale, con il supporto di C.E.R.P.A Italia Onlus (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità) all’interno del progetto CRIBA (Centro Regionale d’Informazione sul Benessere Ambientale).

Il locale ha inaugurato ufficialmente venerdì 18 giugno, alla presenza del sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, che ha affermato: “Con questo importante progetto di inclusione e accessibilità, CIRFOOD è riuscita a sviluppare innovazione comunicando valori e facendo cultura della nutrizione”. Oltre ad altri esponenti dell’azienda, della politica cittadina e delle associazioni, tra la stampa eravamo presenti anche noi per toccare con mano e raccontarvi al meglio questo progetto che, concretamente, cerca di avviare un cambiamento positivo nella società per promuovere una cultura degli spazi che parli – davvero – di uguaglianza.

RITA Pieve, il primo ristorante self service inclusivo in Italia

Il tema dell’accessibilità è ancora troppo spesso approcciato come un ostacolo da superare. Ma come ha affermato Annalisa Rabitti, Assessora alla Cultura, Marketing territoriale, Pari Opportunità e Città senza Barriere del Comune di Reggio Emilia, presente all’inaugurazione del locale e tra i promotori del progetto, in questo caso è stato visto come un’opportunità per progettare meglio e creare qualcosa di non solo realmente inclusivo, ma anche bello per tutti e tutte. “È il frutto di un lungo percorso partecipato, partito nel gennaio del 2019, nel contesto del progetto Reggio Emilia Città Senza Barriere, con un workshop esperienziale realizzato all’interno di un locale RITA, dove alcuni rappresentanti di CIRFOOD hanno lavorato, si sono confrontati e hanno pranzato insieme a un gruppo di persone con disabilità, toccando con mano le loro problematiche e facendo esperienza pratica di differenza” ha raccontato l’Assessora.

inaugurazione rita pieve

Da questo laboratorio “immersivo” – nato appunto con il coinvolgimento di persone che sanno cosa significhi sentirsi esclusi ogni giorno e quali sono le difficoltà da affrontare – è partita la progettazione di un locale in cui al centro ci fossero davvero le necessità della comunità. RITA Pieve rappresenta, infatti la punta dell’iceberg dell’impegno di CIRFOOD, volto a promuovere un vero cambiamento culturale basato sull’inclusione sociale per dar vita a una città sostenibile e vivibile, interamente al servizio dei suoi abitanti.

A questo proposito, Chiara Nasi, Presidente CIRFOOD, presente all’inaugurazione, ha affermato infatti: “Oggi sono veramente orgogliosa. Noi non facciamo solo ristorazione, ma ricerchiamo il benessere delle persone attraverso il cooperare, per cui il progetto RITA Pieve si sposa perfettamente con i nostri valori e la nostra storia. Cerchiamo di diffondere una cultura della responsabilità verso la comunità”.

Uno spazio bello per la comunità

RITA Pieve è quindi un luogo costruito ad hoc, che ha l’obiettivo di rispondere alle esigenze di un pubblico il più vasto possibile, indipendentemente da età o abilità. Sono molti infatti gli ostacoli – spesso invisibili – che alcune persone, quando si recano in un ristorante self service, si trovano di fronte, persone con disabilità fisiche e motorie per cui, ad esempio, già a partire dall’ingresso le barriere architettoniche sono un problema. Oppure, chi soffre di disturbi del neurosviluppo, come l’autismo, per cui luci troppo forti o stimoli sensoriali e acustici possono diventare fonte di disagio. Per loro è stata creata un’area calma all’interno del locale, in cui è richiesto ai clienti di rispettare il silenzio e ridurre al minimo i rumori per preservare il comfort acustico dell’ambiente.

rita pieve self service

Nel caso di RITA Pieve infatti, come ha spiegato nel discorso di apertura anche Maria Elena Manzini, Corporate Social Responsibility Manager presso CIRFOOD, “architetti e tecnici CIRFOOD hanno lavorato in stretta collaborazione con professionisti del CERPA per conseguire soluzioni inclusive e accessibili per tutti, ma in coerenza con quella che è l’immagine e il layout del nostro format di ristorazione”. Il tutto grazie anche alla partecipazione diretta di cittadini con diverse forme di fragilità: si è cercato quindi di progettare un locale con un nuovo approccio orientato al design inclusivo, dando vita a un punto di ristoro realmente accogliente e funzionale e, al contempo, bello dal punto di vista estetico. Si tratta di un aspetto distintivo e fondamentale dell’iniziativa, come ha evidenziato anche l’Assessora Rabitti raccontando come questo progetto abbia anche lo scopo di far comprendere come locali inclusivi siano realtà che arricchiscono tutti e non tolgono nulla a nessuno.

Cura nei dettagli per accogliere ogni fragilità

spazi inclusivi rita pieve

Tra le diverse soluzioni implementate e illustrate da Ales Debbi, District Manager CIRFOOD e responsabile di Rita Pieve, troviamo:

  • parcheggi riservati collegati all’interno del punto vendita con un percorso e delle mappe podotattili;
  • porta d’ingresso con sistema di apertura scorrevole;
  • un sistema di chiamata all’ingresso per attendere l’assistenza di un addetto in caso di necessità;
  • un banco self service che agevola il passaggio delle pietanze a diverse altezze;
  • all’interno del locale, spazi ampi con tavoli e sedie adeguati per tutti e tutte;
  • stoviglie ergonomiche che favoriscano la fruizione della pausa pranzo di tutti i clienti;
  • bagni con porta scorrevole a maniglia verticale per facilitare la presa a diverse altezze, così come gli appendiabiti e gli specchi, ed estensione dei sistemi di emergenza visivi e di chiamata di emergenza;
  • comunicazione interna per facilitare la lettura.

Un modello virtuoso da replicare

RITA Pieve è un locale in cui edilizia, comunicazione e design hanno collaborato insieme cercando di tenere conto di problematiche e necessità differenti.

“Questa esperienza ha dato modo di gettare solide basi per una nuova cultura dell’ospitalità e della cura, un processo in divenire che vedrà attivarsi anche la verifica d’uso degli interventi e la formazione. La partecipazione diretta dei cittadini, tra cui persone con disabilità, per la rilevazione e il confronto sulle esigenze” ha dichiarato l’architetta Pietra Nobili, Presidente del CERPA Italia Onlus. RITA Pieve è un esempio virtuoso e, come spiega Rossella Soncini, Direttore Area Emilia Ovest CIRFOOD, fa parte di un importante piano pluriennale di investimenti che CIRFOOD ha pianificato sul territorio e che sta realizzando per innovare il format commerciale RITA.

Come ha ribadito anche Leris Fantini, portavoce di CERPA, l’obiettivo quindi – e la speranza – è che si possa replicare il modello altrove e diffonderlo in tutta Italia per creare sempre più luoghi davvero inclusivi, in cui accessibilità, usabilità, sicurezza, comfort e riconoscibilità siano pensati per rispondere ai diversi bisogni. Perché la fragilità, come spiega, non riguarda solo gli altri, ma ciascuno di noi, e per questo è giusto che ci siano spazi belli capaci di accogliere tutte le persone.

Vi piacerebbe che ci fossero più luoghi come questo in Italia?

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