Quante volte andate a mangiare in un ristorante stellato e non riuscite a inquadrare il genere di cucina provata? Il pepe proveniente dall’altra parte del mondo, il frutto di quel continente o l’ortaggio d’oltre oceano la fanno ormai da padrona e per quanto l’esperienza gastronomica sia coinvolgente spesso accade che l’impronta della cucina italiana si perda lungo la strada.
Luigi Taglienti, nel ristorante Lume di Milano, ha fatto la sua scelta, (ri)proporre i sapori tipici e unici del nostro Paese, fare una cucina sì stellata, ma che parli una lingua sola, riconoscibile da lontano, autentica e radicata, di alto profilo e che nasca da intuizioni e soprattutto da ricordi.
Lo chef del Lume: Luigi Taglienti
Giovane cuoco ligure, ma di papà pugliese, nonno toscano e nonna molisana, Luigi Tagliente è oggi tra i più talentuosi chef contemporanei. Forte attaccamento alla cucina francese, il suo maestro riconosciuto è Ezio Santin; da giugno 2016 la sua dimora è in via Watt 37 a Milano, al ristorante Lume.
1 stella Michelin, vincitore dell’ambito premio OAD (Opionionated About Dining) come “Miglior nuovo ristorante europeo 2017”, il Lume senza dubbio fa parte dei ristoranti assolutamente da visitare nella città meneghina. Di Tagliente colpisce l’essere audace e riservato, di poche parole ma che il fatto suo lo sa, e come se lo sa. Dalla sua parte non solo la critica,che ne ha riconosciuto doti e meriti ma anche il pubblico femminile, che apprezza il fascino del giovane belloccio in grembiule bianco. Il suo posto è però in cucina, dove riesce a esprimersi attraverso un linguaggio proprio fatto di idee e punti di vista personali sulla cucina italiana. Per cui vi piacerà parecchio, oppure non farete una seconda visita al ristorante.
Ristorante Lume: i menù da provare
Chef Luigi Taglienti ha deciso nel 2018 di affiancare ai due percorsi degustativi che già propone nel Lume (il creativo e il classico dedicato a Milano) anche uno nuovo: “La mia Cucina Italiana”, un menù degustazione che vede al centro di tutto l’Italia, nuova avanguardia gastronomica e massima ispirazione dello chef ligure.
“Attraverso l’apporto dell’acidità e l’utilizzo del limone, che è diventato il mio marchio a fuoco, sono riuscito nell’intento di ricreare sfumature olfattive ed emotive, contestualizzando la tradizione alla contemporaneità, regalando all’esperienza un’alternanza di sensazioni tattili e gustative che conferiscono brio, velocità, forza e freschezza ai miei piatti”, spiega.
Ebbene, nel nuovo menù si incontra spesso un’acidità “contemporanea” attraverso i grandi classici della tradizione della penisola, come il saltimbocca alla romana, la lasagna tradizionale alla Bolognese, la quintessenza del tocco alla genovese, la torta di carciofi, la frittura di pesce morone al salmoriglio, il fegato grasso d’oca di Mortara in sfoglia di verza al vapore, affiancati da alcuni piatti signature dello chef come il bianco e nero di seppia, acqua olio limone e liquirizia, per concludere con il cappuccino di funghi con budino di fegati chiari. Piatti esaltati dalla loro semplicità a partire dalla vista che li valuta per pulizia, colore e composizione, al sapore che in bocca esplode sul filo conduttore dell’acidità, appunto. Linea sensoriale che ne fa una caratteristica e che a volte su alcune portate può anche risultare “estrema”, specialmente per i palati meno allenati e avvezzi.
[elementor-template id='142071']La parola allo chef
“Per me questo è un menù coraggioso, di fortissima rottura, che in nulla intende rinnegare le mie creazioni più ardite passate/presenti/future – che i miei clienti più affezionati troveranno sempre e che continuerò a creare – ma che vuole evidenziare quanto, negli ultimi anni, abbiamo banalizzato la nostra tradizione gastronomica, dandola per scontata, tralasciandone il suo immenso valore gastronomico, culturale e sociale, nonché il nostro dovere etico di innovarla. Ci siamo forse distratti, guardando troppo gli altri, altrove, laddove c’era la nostra lasagna tradizionale alla Bolognese che aspettava solo di essere fatta bene, a regola d’arte, ritrovando la corretta importanza culturale e il giusto e dovuto inserimento nelle carte dei grandi ristoranti italiani.”
Chef Taglienti nel suo Lume fa un lavoro egregio ed è difficile non assaporare la quintessenza del gusto italiano, ma non è l’unico. Se anche voi avete avuto un’esperienza in un ristorante stellato, raccontatecela nei commenti!