Il settore agroalimentare italiano sta vivendo un momento di notevole difficoltà, che prima ha risentito della pandemia, poi del caro energia e più recentemente dell’invasione militare dell’Ucraina. Riguardo a quest’ultimo drammatico evento, ovviamente nulla conta di più delle condizioni delle popolazioni colpite e dell’urgenza di un cessate il fuoco, tuttavia anche le ricadute economiche vanno considerate. Infatti, come ha dichiarato Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, la chiusura del mercato russo potrebbe determinare la perdita di migliaia di posti di lavoro, oltre a un significativo rialzo dei prezzi. Per consentire al settore di riorganizzarsi, alla luce di un panorama commerciale internazionale più ristretto e complicato, è quindi importante stimare i danni e impostare la ripresa. Riflettendo sulle considerazioni e sulle stime espresse da Coldiretti e da Filiera Italia, cercheremo perciò di comprendere meglio lo stato delle cose e le ipotesi strategiche per il prossimo futuro.
Caro energia e conseguenze delle sanzioni: gli aumenti
In pochi avrebbero potuto prevedere un evento tragico come l’invasione russa dell’Ucraina, con tutte le conseguenze gravissime per la popolazione che la cronaca di questi giorni ci sta presentando. La risposta occidentale all’aggressione militare si è concretizzata con un pacchetto di dure sanzioni per colpire l’economia e le finanze della Federazione russa – che potrebbe essere inasprito – con ripercussioni inevitabilmente anche a carico degli ex partner commerciali, ma le conseguenze economiche non si limitano a questo. Inoltre, la devastazione del sistema produttivo ucraino – fondamentale a livello mondiale per le esportazioni agricole di grano, mais e semi di girasole – contribuisce allo stravolgimento degli equilibri del mercato delle materie prime. A questo si aggiunge il forte aumento dei prezzi dell’energia, già in atto da prima dell’inizio del conflitto, e da questo ulteriormente incrementato.
Secondo le stime di Coldiretti, i prezzi del grano tenero hanno già raggiunto i massimi dal 2008 (37,5 centesimi al chilo e ancora in crescita, +40% dall’inizio della guerra), con inevitabili ricadute sul pane e sui prodotti da forno. In merito all’allevamento, del 17% è salito il prezzo del mais e del 6% quello della soia – Ucraina e Russia rappresentano anche il 19% delle forniture globali di mais per alimentazione animale – aumenti che stanno colpendo gli allevatori italiani, già gravati dai rincari per le derrate del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%), mentre i compensi restano bloccati su margini insostenibili. Il costo medio di produzione del latte ha raggiunto i 46 centesimi al litro, addirittura al di sopra dei 38 centesimi riconosciuti a una larga fascia di allevatori.
Luigi Scordamaglia di Filiera Italia ipotizza che, se questa situazione dovesse protrarsi, si rischiano ulteriori rincari, soprattutto sulla pasta, tra il 10 e il 20%, mentre sul pane non si dovrebbe superare il 5-10%. La disponibilità dell’olio di girasole, inoltre, è già diminuita, a danno delle filiere che utilizzano grandi quantitativi di questo prodotto. Infatti, se Russia e Ucraina normalmente mettono sul mercato un terzo della produzione globale di grano, per i semi di girasole si raggiunge l’80% dei quantitativi. Riguardo alla circolazione delle merci, il blocco delle navi sul Mar Nero costituisce un altro ostacolo agli scambi commerciali, che risentono globalmente degli stop locali, a maggior ragione se si tratta di porti importanti come quello di Odessa, città strategica oggi sotto attacco da parte dell’esercito russo.
La produzione di pasta e di pane sarà intaccata?
Secondo le stime, al di là dei prezzi, non dovrebbe essere compromessa la produzione di pasta italiana, in quanto il contributo di Russia e Ucraina nell’importazione di grano duro è marginale, e già in calo negli ultimi anni, rispetto alle richieste del settore. Dall’Ucraina non è stato importato grano duro nel 2021, mentre quello arrivato dalla Russia non raggiungeva il 3% delle importazioni e meno dell’1% sul fabbisogno totale dei pastai. Viceversa, l’Ucraina è tra i principali produttori mondiali di grano tenero, materia prima da cui si ricava la farina per pane, dolci, pizza e prodotti da forno in genere, ma anche mangimi per animali.
Tuttavia, tutto il settore legato ai prodotti basati sul grano da tempo sta vivendo una grave crisi. Il prezzo del grano duro, in particolare, negli ultimi 12 mesi ha visto un aumento dell’80%, a causa dei cambiamenti climatici, della speculazione internazionale e della corsa all’accumulo di beni essenziali da parte di alcuni Stati, e a tutto questo negli ultimi mesi si sono aggiunti i rincari per energia, prodotti petroliferi e materiali da imballaggio.
Siccità e non solo: le altre cause dei rincari
Oltre alle cause finora menzionate, i rincari sono dovuti anche ad altri fattori, a partire dalla siccità, sintomo dei cambiamenti climatici. Infatti, i prezzi erano già in forte salita prima della guerra in Ucraina, con l’aumento dei costi energetici, dei fertilizzanti – dei quali proprio la Russia, grande produttrice, ha bloccato l’export – e dei materiali per l’imballaggio. Per ciò che riguarda la carenza di acqua, è evidente a tutti la mancanza delle piogge che ha caratterizzato questo inverno, con un grave calo della portata del Po come di tanti altri fiumi italiani. Tutto questo risulta ancor più grave in vista della primavera, quando le coltivazioni avviano la ripresa dell’attività vegetativa. La carenza di acqua porterà ad accrescere la necessità di irrigazione per sostenere l’agricoltura, con ulteriori aumenti dei costi produttivi e del carico sull’ambiente.
Lo stop all’export agroalimentare italiano in Russia
Tra gli effetti collaterali della guerra in Ucraina, secondo Coldiretti, c’è anche il possibile blocco totale delle esportazioni agroalimentari italiane verso Mosca e Kiev, che nel 2021 hanno complessivamente superato il miliardo di euro. Pertanto, si aggraverebbero gli effetti dell’embargo voluto da Putin del 2014, in risposta alla sanzioni decise dall’Ue, dagli Usa ed altri Paesi, in seguito all’annessione russa della Crimea. Negli ultimi sette anni questo provvedimento – che colpisce frutta, verdura, formaggi, pesce, carne e salumi – è già costato 1,5 miliardi al nostro export alimentare. A questo, si somma il danno dovuto alla diffusione sul mercato russo di surrogati Italian sounding.
[elementor-template id='142071']Quali sono le soluzioni?
Come ha dichiarato Luigi Scordamaglia, la situazione dell’energia e la produzione agricola viaggiano in parallelo e per entrambi non è possibile superare il problema della dipendenza dall’estero nel giro di pochi mesi. Occorrono invece politiche pluriennali – potrebbe servire almeno un anno e mezzo – e oggi l’Unione europea paga per aver smantellato o indebolito certe produzioni di valore strategico. Pertanto, sul piano della politica agroalimentare è necessario aumentare la produzione nazionale di grano e cereali in genere, ma anche di carne e latte, nella direzione della sovranità alimentare. In caso contrario si rischierebbe di rivivere quello che è già successo con l’energia, come con l’approvvigionamento di gas e non solo.
Per i cereali va precisato che nel corso degli anni l’Italia ha diminuito le sue superfici di coltivazione: se in passato per il mais la produzione nazionale soddisfava la maggior parte della domanda interna, oggi l’importazione vale circa il 50%. Al momento, per fare un esempio, l’Italia importa il 64% del proprio fabbisogno di grano tenero per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais per l’alimentazione del bestiame: l’Ucraina, peraltro, è il nostro secondo fornitore di questo cereale (circa il 20%). Secondo Coldiretti – anche se non nell’immediato – il nostro Paese avrebbe le risorse, la tecnologia e le capacità per rendersi autosufficiente nella produzione di grano e di altre materie prime alimentari di base.
Ripensare le politiche energetiche
Dal punto di vista dei sacrifici e dei provvedimenti economici, Luigi Scordamaglia ha sottolineato che “la guerra influirà anche nella nostra vita quotidiana, dobbiamo arrivare preparati sapendo che bisognerà ricorrere allo scostamento di bilancio per aiutare le famiglie e le imprese. Per farlo, l’Ue dovrà essere coerente, determinata e unita anche quando dovrà farsi carico di nuovo debito, che dovrà essere europeo e non nazionale. Inoltre, si dovrà puntare su un unico piano energetico Ue, una politica comune per l’energia che metta tutti i Paesi sullo stesso piano, con stoccaggi comuni e distribuzioni equilibrate, in sostanza un approccio da Europa veramente unita. Servirà anche uno straordinario piano di recovery per i Paesi che, come l’Italia, soffriranno maggiormente per questa situazione”. Pur non essendo la soluzione globale all’aumento dei costi dell’energia, puntare sul risparmio energetico in cucina, con uso consapevole anche degli elettrodomestici, è un ottimo passo per ridurre le proprie bollette.
Gli agricoltori italiani in soccorso della popolazione ucraina
Al di là della difficile congiuntura economica e produttiva finora descritta, l’emergenza umanitaria dettata dalla guerra impone prima di tutto di prestare soccorso alle persone. Tra le tante iniziative che il nostro Paese sta portando avanti in questo senso, anche i produttori italiani si stanno organizzando rapidamente, ad esempio con la spesa sospesa. Grazie a questa attività, nei mercati contadini di Campagna Amica è possibile acquistare olio extra vergine d’oliva, pasta, passata di pomodoro, frutta, verdura, legumi, prodotti da forno, farina, zucchero, formaggi, salumi e carne in scatola da inviare ai civili ucraini, per sopperire alla scarsità di generi alimentari in Ucraina e sostenere le decine migliaia di profughi che stanno arrivando nel nostro Paese.
Concettualmente, questa iniziativa riprende l’usanza campana del “caffè sospeso”, quando al bar si lascia pagato un caffè per il cliente che verrà dopo. Nei mercati contadini sono stati allestiti spazi dedicati alle offerte, in collaborazione con parrocchie, Comuni, associazioni e con l’aiuto dei giovani e delle donne di Coldiretti.
il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha spiegato che “nei mercati contadini di Campagna Amica hanno fatto la spesa nell’ultimo anno 20 milioni di italiani, ai quali vogliamo dare l’opportunità di partecipare direttamente insieme agli agricoltori a questa azione collettiva di solidarietà per alleviare le sofferenze di un intero popolo”. Intanto, quattro tonnellate di cibo Made in Italy raccolte dagli agricoltori italiani sono già in viaggio per l’Ucraina.
L’apertura di corridoi umanitari e la speranza di una tregua
Questa iniziativa solidale organizzata da Coldiretti e Campagna Amica cerca di trovare spazio in territorio ucraino, attraverso la possibilità di aprire corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili e il rifornimento di chi ha deciso di non lasciare la propria abitazione.
Il presidente di Coldiretti Prandini ha dichiarato che questo impegno “è il segno tangibile della solidarietà della filiera agroalimentare italiana verso la popolazione ucraina. Di fronte a una situazione senza precedenti si tratta di uno sforzo corale, che dimostra la capacità dell’Italia di unirsi e mobilitare risorse per sostenere un intero Paese in difficoltà”. Nonostante le difficoltà che il settore sta affrontando, l’Italia, che è leader europeo per valore aggiunto e qualità dell’agricoltura, non puo’ sottrarsi dall’impegno di rispondere alle richieste che vengono da un Paese dove cominciano a scarseggiare anche le scorte alimentari”.