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Viaggio alla scoperta della cucina natalizia: tradizioni italiane dal Friuli a Ragusa

La preparazione del menù natalizio è un momento sacro in cui confluisce un sapere (e di conseguenza un sapore) unico. Secondo le usanze che si tramandano di generazione in generazione, i rituali gastronomici subiscono le personalizzazioni di nonne e mamme ai fornelli. In questo articolo troverete, quindi, la vera essenza del Natale Made in Italy: sarà un vero e proprio viaggio alla scoperta delle migliori ricette natalizie del nostro Paese.

Viaggio alla scoperta della ricette natalizie italiane

Natale in Veneto: cucina contadina, tacchinella asburgica e panettone

Risi e bisi Veneto

Non tutti sanno che alcuni tra i piatti tipici della tradizione veneta, come riso e fagioli e risi e bisi (riso e piselli), nascono come pietanze della tradizione contadina, ma sono stati in seguito adottati anche come consuetudine natalizia.
In particolare, nel trevigiano, riso, patate, cipolla e piselli sono cucinati spesso d’inverno, ma di frequente vengono serviti anche a Natale, insieme al baccalà, rigorosamente accompagnato dalla polenta.
Non sono del tutto svanite nemmeno le tradizioni asburgiche: a Natale, infatti, c’è ancora chi preferisce al cappone la tacchinella arrosta accompagnata con il radicchio di Treviso.

Ma proprio nella terra del pandoro, il veronese, c’è chi preferisce il panettone. Tuttavia, in questa città il vero dolce natalizio è il Nadalin, vaporoso e leggero panettone modellato a forma di stella, gonfio nel centro e basso ai lati. Dolce che viene preparato in casa per regalarlo ai parenti e amici più stretti.

Brovada, muset e trippe nel Natale friulano

Fonte immagine: commons.wikimedia.org

La notte di Natale, è tradizione irrinunciabile in Friuli riscaldarsi con le trippe in umido. Una volta usciti dalla messa di mezzanotte, i friulani si spostano nelle osterie aperte fino a tardi, oppure nelle cucine di casa, meglio se attorno allo spolert, la stufa in ghisa tipica della tradizione, per condividere il semplice piatto natalizio.

Il giorno successivo, invece, non potrà mancare un altro caposaldo della tradizione culinaria regionale: l’accoppiata brovade e muset. Si tratta del musetto del maiale, non troppo dissimile dal cotechino, accompagnato con le rape a colletto viola macerate nelle vinacce. Eh già, una casa friulana si riconoscerà, il giorno di Natale, proprio per via del forte odore della brovada che proviene dalla cucina.

Sapori mitteleuropei nel piatto a Trieste

Stessa Regione, ma tradizioni culinarie molto diverse. Infatti, a Trieste, il menù del 25 dicembre prevede gnocchi di susini e jota, una particolare minestra di fagioli, crauti e patate. Le signore della città iniziano a prepararla il giorno della Vigilia, mettendo a bagno i fagioli e cucinando i crauti con sale, pepe e cumino.

Il cuore del pranzo natalizio tipico triestino, però, è il dolce. Niente pandoro o panettone: meglio imbandire la tavola con la putizza, una preparazione introdotta – così narrano – da Ferdinando Massimiliano D’Asburgo nel 1864.
Si tratta di una specie di focaccia dolce arrotolata su se stessa e riccamente ripiena di cannella, noce moscata, chiodi di garofano, cioccolato, noci, pinoli, nocciole, mandorle tostate, uvetta. Talvolta viene aggiunto anche un tocco di rhum.

Dalla tradizione balcanica a quella ebraica, Trieste conferma la sua multiculturalità anche in cucina. Un’alternativa alla putizza è infatti il presnitz, tipico dolce triestino di tradizione giudaica ricco di frutta candita, frutta secca e rhum. Questo piatto affonda le sue radici nella Storia, infatti, deve il suo nome al “Preis Prinzessin”, il premio principessa che ha conquistato a Miramare la prima volta che è stato proposto.

Nella bassa padana mai lasciare sola la polenta: ecco le stortine

La polenta, diffusa tradizionalmente dalle Marche al Piemonte e in tutta la pianura padana, diventa il piattone del Natale nella bassa padana solo se accompagnato con le stortine, anguille cotte alla brace e marinate in aceto. Questi pesciolini, vengono conservati durante l’anno in una scatola, aggrovigliati: per questo prendono il nome di stortine.

A Modena, invece, si preferisce puntare sull’abbondanza: perché rinunciare a lenticchie e zampone, accompagnati da fagioli e purè? Un menù impegnativo e gustoso che viene replicato anche a Capodanno. Del resto, melius est abundare quam deficere, sostenevano già gli antichi Romani.

Dall’Emilia alla Calabria le lasagne cambiano colore

Anche le lasagne sono una ricetta natalizia di rito, con il delizioso ragù alla bolognese e la besciamella. Rotolando verso sud, però, cambiano e si trasformano. Nelle Marche: diventano vincisgrassi che, pur essendo tipici di tutto il periodo delle feste, non possono mancare in un vero menù di Natale tradizionale. Si differenziano dalla versione tradizionale per il tipo di ragù, più grossolano, e la densità della besciamella, più soda.

Qualche centinaio di chilometri più a sud, in Molise: la tradizione rivoluziona le lasagne che conosciamo. La specialità qui è la sagna in brodo, timballo di lasagne cotte nel brodo di gallina ed imbottite con uova, pecorino e scamorza, la carne della gallina a tocchetti, il tutto ben innaffiato di brodo e messo in forno.

In Calabria, invece, nelle lasagne non possono mancare salsiccia, carne di maiale, uova, pecorino, caciocavallo e, naturalmente, passata di pomodoro.

Basilicata: baccalà i roie manere e foco carricato rainda a ciminera

Ciò che differenzia la cucina lucana del Natale da quella di tutti i giorni non è l’abbondanza delle porzioni, ma la qualità e varietà dei condimenti. Accanto agli addobbi e al presepe, non può mancare il baccalà cu’ piccilatiedd. Anche in altre regioni si consuma il baccalà, è vero, ma in Basilicata a fare la differenza è, appunto, il condimento: una volta lessato, viene condito con zafarane (peperoni cruschi) in pastella, fritti sia con il sale che con lo zucchero. Immancabile, poi, anche la frutta secca, servita in grandi quantità a grandi e piccini.

Da tradizione sono le donne a cucinare, ma sulle carni grigliate, il compito spetta agli uomini di casa. Sono i capi famiglia gli addetti ai fashtidd (in alcune zone chiamati anche gnummariell): involtini di carne di agnello ripieni di interiora e avvolti con grasso e alloro. Oggi sono un piatto privilegiato, ma un tempo erano considerati il piatto dei poveri perché ricavato dagli scarti dell’agnello.

La cordula sarda soppianta (a volte) il porceddu

Credevate che in Sardegna a Natale si mangiasse il porceddu? In realtà c’è un altro secondo della tradizione di cui forse non avete ancora sentito parlare: la cordula sarda. In alcune famiglie si mangia anche come antipasto e dà garanzie di sazietà: si tratta dell’intestino dell’agnello, che una volta avvolto su se stesso, viene fatto cuocere in pentola con abbondanti cipolla e piselli.

In Sicilia la scacciata fatta in casa la fa da padrone

Momento topico del Natale catanese è il banchetto delle scacciate, anche note come impanate nel siracusano e scaccia nel ragusano. Si tratta di un lievitato a metà tra il pane e l’impasto della pizza, farcite a piacimento. Non che non si mangino durante tutto il resto dell’anno, ma il 25 dicembre sono fatte rigorosamente in casa. I condimenti possono essere i più vari: broccoli, salsiccia e formaggio tuma, oppure patate, pomodoro, cipolla e salsiccia.

Se vi è piaciuto il nostro viaggio all’insegna delle ricette natalizie italiane, date un’occhiata all’articolo sui dolci natalizi regionali: troverete una marea di squisiti spunti da portare in tavola!

 

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