Giornale del cibo

Cinque ricette perdute (e ritrovate) dal Collio

Un antropologo ha il dovere morale di raccogliere e salvaguardare alcuni dati della vita popolare, come appunto le ricette. Ma l’antropologia non può limitarsi al solo “salvataggio” di ciò che è in via d’estinzione o “tribale”, singolare o bizzarro, quanto guardare un fenomeno, come ad esempio la cucina, in tutti i suoi aspetti, cambiamenti e movimenti, visto che si tratta di una materia viva e dinamica, che cambia in continuazione, almeno ogni dieci anni. Per questo abbiamo raccolto cinque differenti ricette dal Collio: alcune tradizionali ma abbandonate, altre rivisitate e personalizzate, altre ancora molto diffuse; tutte per darvi un piccolo quadro enogastronomico del Brda (Collio in sloveno) oggi a tavola.

Ricette Collio: cinque piatti della tradizione tra Friuli e Slovenia

Bisogna valorizzare di più le aree interne, come il Collio. Diversi gli Stati che nel corso della storia hanno tentato di controllare questa zona divisa tra Friuli-Venezia Giulia e Slovenia, così come troppe le guerre che a più riprese l’hanno assediato o le burocrazie che l’hanno stancato; eppure questo territorio è rimasto complice dei suoi abitanti, di chi non ha cercato una via per reprimerlo, ma solo modi differenti per esprimerlo. Oltre al più noto campo vitivinicolo, anche la cucina non è da meno: ecco cinque ricette dal Collio direttamente dalle case colliensi.

Gulasch Von GG3U

gulash ricetta collio

La prima è di Marco Treu, anzi di suo papà: “non posso non pensare a quell’odore di cipolla intriso di paprika che fin da piccolo annunciava l’arrivo del gulash di papà per il pranzo della domenica”. Così Marco ha chiesto per noi a Luigi detto GG3U, 82 anni, di mettere la sua ricetta nero su bianco, anche perché “dai ricordi passati di quando GG3U gestiva anche un’osteria, a metà degli anni ‘60, ai giorni d’oggi, il suo gulash è il numero uno di Gorizia”.

Ingredienti (porzione per 1 kg)

Preparazione

  1. Curate la carne togliendo pellicine e nervi evidenti, tagliatela a piccoli pezzi (per un boccone), stendetela a strati, spruzzatela con aceto di casa; quindi spolveratela con l’insaporitore per carni e successivamente tenetela in frigo per circa tre giorni.
  2. Cucinate in pentola a pressione la cipolla, il sedano e i chiodi di garofano, con acqua quanto basta, salando il tutto. A cottura ultimata usate il passaverdure grana grossa.
  3. Versate l’olio in adeguata teglia, quando è bollente (prova stecchino) versate le paprike, mescolate, quindi versate la carne preventivamente (al momento) leggermente infarinata (farina 00).
  4. Rosolate la carne quanto basta e dopo aggiungete le salsicce sgretolate. Mescolate di continuo. Attenzione: il tempo di rosolatura può variare a seconda della fiamma, ma accertatevi sempre che non stia seccando troppo.
  5. A questo punto versate la cipolla brodata (bollente). Procedete con una cottura a fuoco lento per circa 1ora e ½, controllate il grado di cottura della carne, la salatura e se serve tenete pronto il brodo per aggiunta.
  6. Verso la fine della cottura mettete un rametto di alloro. Consigliato in accompagnamento il Pane di Segale (Pagnotte da Pekarna Brumat a Nova Gorica).

Strucolo di patate, con Rosa di Gorizia, ricotta e Montasio

Se oggi ci è possibile leggere questa ricetta, è soprattutto grazie a due persone: il dottor Zottar, che ha svolto numerose ricerche da anni su questo piatto, e Michela Fabbro, cuoca del Ristorante Rosenbar. E, ovviamente, anche grazie a chi per anni l’ha cucinato a casa nelle versioni più disparate.

Lo strucolo è un dolce che arriva dall’Austria, probabilmente attraverso la Slovenia. Già dal nome, si può intuire la sua origine dallo Strudel Viennese; ma oltre alla questione linguistica, anche la forma ricorda il dolce che tutti conosciamo, visto che si tratta di un rotolo di pasta arrotolata con ripieno. Ne esistono infinite varianti: a partire dalla pasta che può essere con acqua e farina, sfoglia o con le patate schiacciate come gnocchi; nel ripieno che può essere dolce o salato, con formaggi, verdure quali spinaci, porri, piselli, cipolla o Rosa di Gorizia, come nella versione che vi proponiamo oggi di Michela; o infine nella cottura, che non avviene al forno, ma con una lenta bollitura al vapore.

Per avere un’idea di tutte le possibili declinazioni dello strucolo presenti oggi solo a Gorizia, Slavica Plahuta ne riporta ben cinquantasei nei suoi tre volumi di cucina Goriziana, “Jedi na Goriškem”, editi a Nova Gorica dal Goriškj Muzej.

Ingredienti per 6 persone

Procedimento

  1. Preparate la classica pasta per gli gnocchi partendo da un chilo di patate crude.
  2. Soffriggete delicatamente, in un’ampia padella, il porro e la cipolla in olio evo aiutandovi con qualche cucchiaio d’acqua calda. Aggiungete la Rosa di Gorizia tagliata a listarelle, e lasciate appassire per un minuto, poi unite il giusto di sale e pepe.
  3. Lasciate raffreddare, unite la ricotta, un uovo intero, il pane grattugiato e amalgamate bene il tutto.
  4. Stendete su un foglio di carta stagnola la pasta degli gnocchi, ricavando un rettangolo di circa 40cmx20cm alta qualche centimetro; arrotolate la pasta ricavando un cilindro e chiudete le due estremità con una piccola pressione e incartate con la stagnola.
  5. Cuocete in acqua sobbollente o in forno a vapore per 40 minuti.
  6. Togliete lo strudel dalla stagnola e tagliatelo a fette, che posizionerete su un piatto. Versate sopra del burro caldo e coprite con del formaggio Montasio stagionato grattugiato.

Gnocchi di susine

Queste due ricette sono della signora Ivanka, mamma di Robert Princic, una bravissima cuoca che da sempre vizia la sua famiglia ogni giorno con le sue specialità. I Princic sono titolari di una delle migliori aziende vitivinicole della zona, la Gradis’ciutta: producono vini da anni, ma non hanno mai smesso di fare ricerca, sperimentare e mettersi alla prova. Ed è questo che li rende degli ottimi portavoci del loro territorio.

Ingredienti per 16 pezzi

Procedimento

  1. Per prima cosa cuocete le patate nell’acqua. A cottura ultimata, schiacciate le patate con uno schiacciapatate e fatele raffreddare.
  2. Preparate la pasta per gli gnocchi: impastate la purea di patate assieme all’uovo, al burro fuso, a 3 pizzichi di sale e a 250 g di farina 00.
  3. Nel frattempo tagliate a metà le susine, o le prugne, eliminando il nocciolo e aggiungendo un pizzico di zucchero. Dividete l’impasto in 16 parti ed formate 16 palline.
  4. Appiattitele in modo da formare dei dischetti di pasta. Al centro posizionate mezza prugna, avvolgete il tutto pizzicando la pasta, in modo da sigillarla.
  5. Cuocete gli gnocchi in acqua bollente salata, recuperandoli uno ad uno man mano che salgono a galla.
  6. Infine, gli gnocchi di susine si servono caldi, conditi con del burro fuso, pane grattugiato e dello zucchero.

Roberto Princic consiglia in accompagnamento il suo Gradis’ciutta Collio Bianco Bràtinis, uno dei vini che più di tutti esprime questo territorio complice, “ponca” come viene chiamato nel suo essere così marneo e calcareo, con Chardonnay, Ribolla Gialla e Sauvignon.

Prosciutto cotto nel pane

Questa preparazione, che inevitabilmente richiama Trieste, è per le grandi occasioni, come ad esempio per ospiti o festività, quali Pasqua.

Ingredienti

Preparazione

  1. Ponete la farina in un recipiente, unitevi il lievito precedentemente sciolto in poca acqua tiepida e aggiungete un pizzico di sale.
  2. Impastate bene e coprite con un canovaccio e lasciate lievitare in luogo caldo; quindi impastate nuovamente e stendete allo spessore di un centimetro.
  3. Avvolgete il prosciutto nella pasta di pane e fatelo arrostire nel forno a 220° per 2 ore e mezza circa.
  4. A cottura ultimata togliete il prosciutto dal forno, spaccate la crosta e tagliate a grosse fette che andranno servite fumanti, cosparse di cren grattugiato e accompagnate da un pezzo della crosta di pane.

La famiglia Princic consiglia l’abbinamento di questo piatto con il loro con Gradis’ciutta Friulano Doc Collio, 100% Tocai, il vino bianco forse più conosciuto e rappresentativo, un simbolo di questo territorio, che come sapete dal 2007 ha dovuto rinunciare, non senza difficoltà, a questo nome in favore dell’Ungheria. E pensate che viene citato per la prima volta in un patto dotale del 1632 di una nobildonna di San Floriano, che portava allo sposo “vitti di Toccai… 300”.

Fuje

Infine, ecco un dolce per concludere il nostro pasto colliano. La saggezza contadina ci insegna da sempre a non buttar via nulla, tanto che moltissime ricette povere partono proprio dagli scarti, polpette in primis. Così, anche l’acqua della cottura del prosciutto si utilizza per preparare un dessert, come ci racconta Marija, la nonna di Klementina Koren.  

Ingredienti

Procedimento

Con il pane raffermo e l’acqua del prosciutto realizzate degli gnocchetti di forma allungata, mischiandoli poi con zucchero e uvetta. Questi dolcetti, che vengono mangiati a fine pasto, senza che sia necessaria alcuna cottura, hanno il nome di “fuje”, che non è mai stato tradotto.

In alternativa alle ricette dal Collio, potete ripassare un altro piatto antico, sempre della stessa regione, ma più in particolare dell’area di Trieste: è la pasta butada, che vi abbiamo proposto sia nelle versione tradizionale che rivisitata, entrambe preparate dallo chef Alessandro Gavagna della Subida di Cormòns, ricordate?

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