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Origini e ricetta della Sóppa Inperièl, la zuppa “imperiale” emiliana

Foto di Alessia Rossi

 

Quando le giornate iniziano ad accorciarsi e si chiudono le finestre per impedire al freddo di rotolare dentro le case, quando magari fuori comincia a salire la nebbia e si tirano fuori coperte e maglioni pesanti, ecco, è durante quelle sere che si ha voglia di un comfort food che scaldi i cuori e i pensieri. E cosa c’è di meglio di una minestra in brodo? Anzi, rettifichiamo: cosa c’è di meglio della zuppa imperiale? Considerata una delle migliori specialità gastronomiche bolognesi (in generale, emiliane), a dispetto del nome si tratta di una minestra e non di una zuppa, come vi racconteremo fra poco. Anche se all’epoca non era ancora noto il concetto vero e proprio di “comfort food”, chi la cucinava era ben consapevole delle sue virtù ricostituenti, perché molto nutriente, sostanziosa e in grado di scacciare dolori (e malumori). Che aspettiamo allora? Andiamo a scoprire le origini, le caratteristiche e, soprattutto, la ricetta della zuppa imperiale per provare a farla a casa durante le fredde serate invernali. Tranquilli, per realizzarla a casa non vi servirà essere cintura nera di mattarello. Continuate a leggere l’articolo e scoprirete perché.

La Sóppa Inperièl: alle origini del nome

Un nome altisonante per una zuppa, non vi pare? Cerchiamo di tornare indietro nel tempo e di scoprire il perché dell’aggettivo “imperiale” a una minestra che, in realtà, conta di pochissimi ingredienti.

>uppa imperiale
Foto di Alessia Rossi

Come abbiamo anticipato, si tratta di una specialità emiliana, molto diffusa tra Parma, Modena e Bologna. Riguardo alle sue origini, secondo la teoria più accreditata la zuppa imperiale non sarebbe un’invenzione al 100% nostrana: deriverebbe infatti da una minestra austriaca chiamata krinofel, a base di semola, brodo di gallina e noce moscata. Questa ricetta sarebbe giunta nei territori emiliani ai tempi del ducato di Maria Luigia, moglie di Napoleone I e duchessa di Parma, dopo il 1800, e per questo sarebbe “imperiale”. Secondo altri, invece, l’aggettivo (inperièl in dialetto) sarebbe da ricondurre all’uso di alcuni ingredienti, in particolare burro e parmigiano, all’epoca considerati estremamente costosi per la maggior parte della popolazione. Di conseguenza, questa minestra era considerata un piatto per i “più”, che non tutti quanti potevano permettersi.

Ad ogni modo, qualunque sia l’effettiva origine, sono invece riconosciuti i suoi principi nutrizionali. In passato, infatti, questa zuppa altamente sostanziosa e ricca pare fosse servita alle partorienti e ai malati, come una sorta di ricostituente per il corpo ma anche per lo spirito. Si riteneva fosse in grado di lenire i dolori e, soprattutto, di fare il pieno di energia. Oggi viene preparata per lo più le domeniche per i pranzi in famiglia, durante le occasioni speciali o sotto le feste, ma nulla vi vieta, la prossima volta che vi sentirete giù di morale o poco in forma, di prepararvi una bella dose di zuppa imperiale: vedrete come passa tutto!

Zuppa imperiale: gli ingredienti della minestra più ricca che ci sia

Ma veniamo alla zuppa imperiale: in cosa consiste? Come abbiamo anticipato, il nome può trarre in inganno, perché più che una zuppa si tratta di una minestra vera e propria, nel senso che, oltre alla parte liquida, si prevede l’aggiunta di una sorta di pasta. Questa si presenta come piccoli cubetti porosi, dal colore giallo intenso e con una doratura esterna e dalla consistenza spugnosa, che a me ha sempre ricordato un po’ quella del Pan di Spagna delle torte. Si tratta di una pasta per lo più a base di semolino, a cui si aggiungono uova, burro, Parmigiano Reggiano e noce moscata, che si serve affogata in un bel brodo bollente, tradizionalmente di carne, meglio se di cappone.

Foto di Alessia Rossi

Ovviamente, una ricetta così tradizionale non poteva mancare nel fortunatissimo manuale del famoso Pellegrino Artusi, La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene, in cui troviamo una preparazione molto simile – potremmo dire “antenata” – che lui chiama “minestra di semolino composta”. La differenza più importante tra quella e la zuppa imperiale sta nel fatto che il composto non veniva rassodato nel forno ma in padella sul fornello. Ad ogni modo, nel 2006, come per molte altre ricette bolognesi, ad esempio il friggione o ben più famosi tortelliniè stata depositata una ricetta “ufficiale” presso la Camera di Commercio di Bologna dalla delegazione locale dell’Accademia Italiana della Cucina, che prevede appunto gli ingredienti citati sopra. Con gli anni, sono nate delle varianti: alcune vengono servite con un brodo vegetale, altri usano la farina al posto del semolino, oppure si aggiungono dei pezzetti di mortadella al composto per dare ancora più sapore. È un tipo di preparazione che può anche diventare facilmente senza glutine, sostituendo il normale semolino con quello di riso o la farina di mais.

La ricetta della zuppa imperiale

Come abbiamo detto all’inizio, il bello della zuppa imperiale è che non bisogna essere per forza degli esperti nella sfoglia tirata a mano. Gli ingredienti sono pochi e il procedimento, soprattutto, è davvero semplicissimo. L’importante è usare ingredienti di qualità, come un buon Parmigiano Reggiano e un brodo bello saporito. Quindi non avete scuse per non provare, la prima domenica o occasione speciale in arrivo, questa ricetta decisamente “imperiale”!

Foto di Alessia Rossi

Ingredienti per 4 persone

Procedimento

  1. Per prima cosa unite in una ciotola le uova, il parmigiano e il semolino.
  2. Lavorate il composto con una forchetta o una frusta, aggiungendo mano a mano il sale, il pepe e la noce moscata.
  3. Sciogliete il burro a bagnomaria e, una volta fuso, aggiungetelo al composto. Sbattete il tutto fino a quando non sarà bello soffice e spumoso.
  4. Prendete una teglia rettangolare e foderatela con carta da forno. Versateci sopra il composto in maniera omogenea e cuocete nel forno preriscaldato a 180° per 20 minuti circa.
  5. Quando il composto si sarà rassodato e apparirà in superficie dorato, estraete la teglia e lasciate raffreddare prima di tagliare a cubetti (il risultato sarà una pasta spugnosa). Appena freddo, tagliate in cubetti grandi circa ½ centimetro.
  6. Ora è arrivato il momento di servirli: portate il vostro brodo a bollore, aggiungete i cubetti di impasto, cuocete per pochi minuti e servite la zuppa imperiale (mi raccomando, bella calda!).

Nel caso vi dovessero avanzare dei cubetti di zuppa imperiale, o semplicemente voleste conservarli per un’altra occasione, sappiate che potete metterli all’interno di un sacchetto per alimenti – ben chiuso – e riporli in freezer: all’occorrenza, tirateli fuori e versateli direttamente nel brodo, anche se freddi.

Zuppa imperiale emiliana vs pasta reale marchigiana

Il bello delle ricette è che è viaggiano di casa in casa, di paese in paese, di regione in regione, finché non si trovano varianti simili dello stesso piatto. Anche per la zuppa imperiale è così, tant’è che ne esiste una variante molto famosa marchigiana, conosciuta come pasta reale, minestra imperiale o ancora minestra colorata. È una preparazione diffusa soprattutto tra la provincia di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno e, come per la zuppa imperiale, si era soliti prepararla per le occasioni speciali, in questo caso soprattutto per i matrimoni.

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Similmente alla sua “cugina” emiliana, anche qui abbiamo dei cubetti spugnosi, ma ciò che cambia è che l’impasto è a base di farina (e non di semolino) a cui si aggiungono sempre uova, parmigiano, noce moscata e anche limone. La differenza più grossa sta però nell’aspetto estetico: a differenza della zuppa imperiale, nella versione marchigiana il composto viene diviso in tre parti e a due di queste si aggiungono rispettivamente spinaci e concentrato di pomodoro. Ne vengono così fuori dei cubetti verdi, gialli e rossi – per questo si chiama minestra “colorata” – che richiamano probabilmente la bandiera italiana.

 

Conoscevate la zuppa imperiale? Siete curiosi di provarla?

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