Se per le pizzerie è stata dura (decidere di) ripartire, come ci hanno raccontato in questo articolo alcuni pizzaioli, per i grandi e piccoli ristoratori lo è altrettanto, se non di più. In pizzeria, infatti, si trascorre non più di un’ora, mentre invece nel ristorante la sosta è prolungata e i clienti sono ancora molto titubanti. Tra difficoltà enormi e previsioni impossibili, però, le piccole realtà ristorative italiane stanno provando a tornare alla quotidianità. Come? Ognuno a modo suo, rimboccandosi le maniche, facendo sacrifici e salti mortali, il tutto non solo per tornare ad avere una vita normale, ma per salvare le proprie attività a cui hanno dedicato tutto. Da Milano a Napoli, passando per le Langhe, alcuni protagonisti della ristorazione italiana ci hanno detto la loro.
Ciotto
Il giovane imprenditore giapponese Gen Ohhashi ha aperto il suo ristorante da neanche un anno e si ritrova in una situazione molto spiacevole, che di certo non si aspettava, soprattutto ora che aveva cominciato a ingranare con il suo ristorante Ciotto (zona Porta Venezia, a Milano). Ha riaperto venerdì 5 giugno decidendo di lavorare anche a pranzo oltre che a cena, gestendo cucina e servizio insieme al cuoco, il resto della squadra a casa in cassa integrazione (momentaneamente). “I piatti sono diminuiti e le persone ancora troppo poche, purtroppo. Così non può andare avanti e spero davvero che le cose migliorino, altrimenti dobbiamo prendere in considerazione anche di chiudere” racconta un po’ afflitto, ma con il tipico orgoglio giapponese che lo tiene in piedi.
“Secondo me, avrebbero dovuto autorizzare le riaperture aspettando almeno un’altra settimana: io ho aspettato e alla fine ho riaperto prevedendo, al momento, 20 coperti rispetto ai normali 35. Non ci sono molte soluzioni finché il governo non ci aiuta davvero: diminuzione delle tasse, supporto uguale per tutti, gestione degli affitti da parte dello Stato, prolungamento della cassa integrazione. Temo che si ritornerà a fare molto lavoro in nero, è un circolo vizioso inevitabile” afferma.
Senza questi aiuti è davvero complicato andare avanti, specialmente per i piccoli imprenditori come Gen che, nonostante tutto, continuano però a fare il possibile. Intanto, si spera che essere aperti anche a pranzo possa portare qualche cliente in più a provare la buona cucina fuori da ogni schema di Ciotto.
Masuelli San Marco
“Sono tanti i progetti che avevamo intrapreso a inizio anno, dall’inserimento di nuove figure all’interno della squadra al restyling di piatti e bicchieri per rinfrescare l’ambiente: da un giorno all’altro li abbiamo visti mettersi in standby”: a parlare l’ultima generazione della famiglia Masuelli, Andrea, che tiene le redini della storica attività, baluardo della cucina tradizionale a Milano. “È stato difficile all’inizio comprendere la situazione e di conseguenza reinventarsi, ma dopo pochi giorni siamo riusciti a iniziare con il servizio di delivery. Eravamo solo noi tre della famiglia, sia a cucinare che a fare le consegne”. Per le confezioni è stata usata la creatività, alluminio, carta da forno e spago: un po’ perché volevano che tutto fosse homemade, ma anche per la mancanza di tempo nel contattare aziende per il packaging. Insomma, hanno fatto di necessità virtù.
“Possiamo dire che si sono alternati momenti di alti e di bassi, da 2 a magari 30 ordini al giorno. Abbiamo deciso di non abbandonare i nostri clienti, ma, al contrario, di accompagnarli nelle lunghe giornate da trascorrere in casa, in cui del buon cibo tradizionale era sicuramente un modo per rassicurare l’animo. È stato – ed è tutt’ora – un momento molto delicato che ci ha però permesso di studiare, di rinnovarci e, soprattutto, di pensare a come prenderci ancora più cura del cliente: dall’ambiente che lo accoglie al servizio. Abbiamo riaperto i primi giorni di giugno e qualche volta anche riempito il locale (per quanto le regole ce lo permettessero), altri giorni i numeri sono stati bassi”. Normale per un ristorante che ha molta clientela, soprattutto nei mesi estivi, straniera. “Sarà un’estate diversa, più all’insegna dell’Italia e degli italiani forse, ma crediamo che possa anche essere l’occasione per far sentire il cliente ancora più apprezzato. Abbiamo già pensato a piccoli accorgimenti per coccolare le persone, o forse ancor meglio per rassicurarle: da un amuse-bouche per ringraziarli di essere ritornati da noi a un tris di piccola pasticceria per concludere”.
I progetti che vogliano realizzare sono tanti e in svariati ambiti, ma il denominatore comune è lo stesso: genuinità. “Vogliamo trasmettere la ricercatezza ma al tempo stesso la semplicità che si cela dietro a ogni piatto, gesto, decorazione che si trova nel nostro ristorante. Passo dopo passo, ricostruiremo il presente” conclude con il suo sorriso sornione Andrea Masuelli.
28 posti
Il 2 giugno ha riaperto anche 28 Posti, il famoso ristorante milanese di via Corsico che accoglierà nuovamente i suoi clienti sette giorni su sette. Le sale del ristorante sono state allestite per cenare in tranquillità nel rispetto delle regole, e ha aperto anche il dehor per garantire le distanze di sicurezza.
Lo chef Ambrosino e la sua brigata sono tornati con un menù da 5 portate, con la possibilità di aggiungere un dessert o un piatto a sorpresa dello chef. In partenza anche il nuovo servizio di delivery, disponibile per tutta la città di Milano: “il kit take away cambierà settimanalmente in base alla stagionalità, alle disponibilità del mercato e alle proposte dei fornitori di fiducia. Costerà 30 euro e comprende: 1 barattolo con un sugo pronto fatto in casa (solo da scaldare), la pasta di Pastificio De Campi, 1 secondo solo da scaldare in forno e conservato sottovuoto (con possibilità di un’alternativa vegetariana) con contorno abbinato, 1 entrée o tips a sorpresa, pane di produzione propria, piccola pasticceria” racconta fiducioso lo chef.
È prevista una maggiorazione di 6 euro per la consegna a casa, e ci sarà anche la possibilità di scegliere tra buone bottiglie di vino, con uno sconto del 30% rispetto al prezzo alla carta.
Locanda in Cannubi
E nelle Langhe? Locanda Cannubi è un’insegna parecchio acclamata e frequentata in zona, tra le colline di Barolo (esattamente dove sorge la realtà vitivinicola di Tenuta Carretta). Qui, il cuoco veterano Enrico Bertolini – coadiuvato dal giovane cuoco milanese Samuele Bussini e con l’inseparabile moglie Palmira Boggione – diffonde la cultura della cucina territoriale di altissimo livello, a cui la fedele e affezionata clientela non può rinunciare. Il figlio Gianni, volto che dà lustro al ristorante ormai da otto anni, è ottimista: “siamo aperti tutti i giorni, non facciamo più riposo, i clienti fortunatamente sono tornati. Anche se l’ansia è abbastanza tangibile, soprattutto con l’obbligo che vige di indossare la mascherina quando ci si muove all’interno. Abbiamo il vantaggio di poter offrire un ampio spazio esterno, una terrazza che accoglie fino a dodici tavoli, in cui poter servire i nostri clienti e con cui riesco a recuperare i tavoli eliminati dentro” racconta. Effettivamente, possedere uno spazio esterno di questi tempi rappresenta una manna dal cielo, specie se si può pranzare godendo del paesaggio mozzafiato delle Langhe (patria del tartufo).
“Abbiamo riaperto il 28 maggio e la maggior parte delle richieste sono per la terrazza. Abbiamo eliminato il menù degustazione perché le persone preferiscono poter scegliere in maniera più fluida, quindi proponiamo la carta divisa in due, tra i grandi classici della tradizione e le altre creazioni di chef Bussini. Ce la sto mettendo tutta, è stata molto dura, ma il 12 luglio Locanda Cannubi compie 8 anni e vogliamo festeggiare con il sorriso, nonostante tutto!” conclude Gianni. In una zona normalmente molto frequentata da turisti di tutto il mondo, al momento cominciano a rivedersi solo alcuni svizzeri e gli italiani delle zone limitrofe, nulla rispetto agli standard a cui la famiglia Bertolini è abituata. Tempo al tempo, la qualità ripaga sempre, è una regola soprattutto nel mondo della ristorazione e dell’accoglienza.
Baccalaria
Tanti i progetti che lo chef napoletano Vincenzo Russo ha messo in atto per ripartire alla grande. Prima di tutto il suo ristorante nella capitale partenopea: “abbiamo riaperto Baccalaria e da subito abbiamo riscontrato che il nostro pubblico non ha perso la voglia di mangiare fuori, ma soprattutto la voglia di baccalà!”. Innanzitutto, è stata cambiata la carta rispolverando alcune delle proposte di questo periodo, prestando attenzione alla stagionalità dei prodotti: il baccalà alla “scapece” cotto ai ferri con le tipiche zucchine fritte da cui si ricava anche una maionese, e il gelè alla mentuccia. “Abbiamo creato una sezione ‘Made in Japan’ con 3 piatti di ispirazione giapponese: un fritto Karagee, un carpaccio con la salsa ponzu e un baccalà cotto nella salsa teriyaki” continua chef Russo. La novità del menù sta nella nuova versione digitale scaricabile tramite QR code, ma anche nel delivery di qualità con box di piatti da rigenerare ed assemblare direttamente dai clienti a casa, previo tutorial video, sempre scaricabili con QR code.
C’è poi il progetto “Scirocco Bay”: “dal 12 giugno seguo una nuova proposta su una bellissima terrazza sul mare in zona Coroglio, dove mi occuperò delle cucine di un bistrot tutto ittico e del ristorante alla carte con una capienza di circa 220 posti a sedere (chiaramente con le dovute distanze di sicurezza)”. Il menù sarà improntato soprattutto su proposte di pesce freschissimo, crudi fritti e panini di pesce nel bistrot, e una cucina mediterranea con dei guizzi peruviani e orientali nel ristorante. Inoltre, a settembre il cuoco ripartirà con HBTOO, una struttura di 3000 metri quadrati su 3 livelli, un contenitore di moda spettacolo, musica, arte, design e food in stile industriale, dove si occuperà della gestione della proposta gastronomica, sia del ristorante al primo piano che degli eventi al secondo livello. In ultimo, l’APEritivo Streetfood e catering con cui porterà l’ape car itinerante sui sagrati delle chiese per i matrimoni: “realizziamo piccoli rinfreschi, ma ci muoviamo anche per inaugurazioni o qualsiasi tipo di festeggiamento on the road!” racconta.
E voi avete già scelto i ristoranti da cui ripartire?