“Ricominciare in sicurezza” ecco la parola d’ordine che caratterizza il delicato periodo che stiamo vivendo, in cui assistiamo alla riapertura dei ristoranti e guardiamo, finalmente, alla riapertura delle scuole. Se la maggior parte delle misure di sicurezza adottate per far fronte alla pandemia, infatti, non è più in vigore, tra le poche ancora attive fino ad oggi c’è il prolungarsi della chiusura degli istituti scolastici fino a settembre, una scelta che ha avuto ripercussioni soprattutto sugli studenti e sulle loro famiglie. Per ben più di 3 mesi, infatti, alunni e alunne hanno seguito le lezioni a distanza, soluzione adottata per garantire la continuità del programma didattico che, però, ha fatto riscontrare non poche difficoltà, come vedremo nel corso dell’intervista che stiamo per presentarvi.
Oggi si fanno finalmente supposizioni sulla possibile data di riapertura delle scuole, un’ottima notizia considerata la dolorosa contrapposizione che ha caratterizzato questo periodo di pandemia: quella tra due diritti fondamentali, la salute e lo studio. La riapertura delle scuole rimetterà in moto anche la macchina della ristorazione collettiva, un servizio di utilità sociale fondamentale, soprattutto per gli studenti che vivono in condizioni economiche difficili e che vedono nel pasto a scuola la possibilità di consumare almeno un pasto giornaliero completo.
Per capire come verrà riorganizzato questo importante momento della giornata a scuola, abbiamo fatto due chiacchiere con Carlo Scarsciotti, Portavoce Oricon, Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione, e presidente Angem.
In un’intervista rilasciata ad aprile al nostro magazine, ci ha parlato delle difficoltà che la ristorazione collettiva sta attraversando in questo momento. A due mesi di distanza, e alla luce del fatto che le scuole nel nostro Paese non riapriranno prima di settembre, qual è la situazione della ristorazione collettiva?
Carlo Scarsciotti: “Il mercato della ristorazione collettiva vale oltre 6 miliardi di euro l’anno: l’emergenza coronavirus ha causato tra marzo e aprile un calo di fatturato del 67% a livello annuale si stima che nel 2020 il settore registrerà un 40% in meno di fatturato. Più in particolare per il settore della ristorazione scolastica, la chiusura di scuole e università ha causato un calo di ricavi del 94% e la somministrazione di 73 milioni pasti in meno tra marzo e aprile”.
Quali richieste avete avanzato a Sindacati e Istituzioni competenti? E che tipo di risposte avete avuto?
CS: “In questo momento la nostra preoccupazione è per i 39mila addetti della ristorazione scolastica, principalmente donne, quasi tutti a tempo indeterminato che se non dovessero riaprire le scuole e i refettori a settembre si troverebbero senza lavoro. Non possiamo mettere a rischio migliaia di famiglie e, al tempo stesso, disperdere competenze e professionalità tanto preziose. Le aziende non hanno fatto richieste particolari, ma vogliono chiarezza per confermare il ruolo che la ristorazione collettiva ricopre per concorrere al benessere sociale della popolazione. Con le Organizzazioni sindacali abbiamo consultazioni continue per agire congiuntamente, ognuno per il proprio ruolo, verso il Governo per dare continuità alle aziende ed ai lavoratori”.
[elementor-template id='142071']La chiusura delle scuole implica una battuta d’arresto alle attività didattiche, ma non solo: la scuola svolge anche un’importante funzione educativa e affianca i genitori sotto molti aspetti, compreso quello alimentare. Un’assenza particolarmente pesante in un momento difficile per molte famiglie: un report realizzato da Save the Children, su un campione rappresentativo di 1.000 famiglie, ci dice infatti che, nelle famiglie in difficoltà, 1 genitore su 7 ha perso il lavoro e che quasi la metà delle famiglie ha dovuto ridurre le spese alimentari, peraltro proprio nel momento in cui è venuto meno un grande aiuto per loro. Il 41,3% delle famiglie più fragili beneficiava infatti del servizio di mensa scolastica per i propri figli, e nella maggior parte dei casi questo servizio era esente o quasi da pagamenti. Al momento della ripartenza, potremmo ritrovarci a dover sanare uno scenario di generale malnutrizione infantile?
CS: “I dati emersi dal report di Save the Children rendono una fotografia del quadro drammatico che abbiamo attraversato e che non è ancora terminato, ma non sono nuovi per gli addetti del settore. Per molti bambini il pranzo a scuola spesso rappresenta l’unico pasto completo della giornata e la ristorazione scolastica svolge un ruolo sociale fondamentale ed è un’importante forma di sostegno alle famiglie, non solo economico. Ma chiunque si occupi di sviluppo ed educazione – medici, accademici, esperti – conferma l’importanza di mangiare a scuola. Il pasto scolastico ha per i ragazzi un valore educativo, formativo e sociale irrinunciabile e la mensa è uno strumento fondamentale per l’avviamento a sani stili di vita. E, voglio ricordarlo, l’introduzione del tempo pieno a scuola e della mensa scolastica rappresenta una conquista sociale per il nostro Paese – si pensi solo alle mamme lavoratrici – e un abbattimento delle disuguaglianze. È evidente, quindi, che nella scuola del futuro il momento del pasto avrà un valore ancora maggiore e dovrà essere studiato per continuare a garantire i massimi livelli di sicurezza e i corretti equilibri nutrizionali per gli studenti di tutte le età. Proprio in questa direzione va la Relazione “Iniziative per il Rilancio – Italia 2020-2022” presentata al Presidente del Consiglio dei Ministri dal Comitato di esperti presieduto da Vittorio Colao. Il nostro Paese deve proteggere i minori in condizioni di povertà e/o vittime di violenza e, per questo, il Comitato propone l’istituzione di un Fondo di contrasto alla povertà alimentare minorile cui possano accedere i Comuni, di intesa con gli Uffici scolastici regionali, per l’attivazione di nuovi servizi di refezione scolastica o per aumentare l’offerta gratuita nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado presenti sui territori ad alto tasso di povertà minorile. Da un punto di vista socio-economico, il Comitato sottolinea, inoltre, come l’introduzione di mense scolastiche in contesti di grave deprivazione possano rappresentare anche un’opportunità di inserimento lavorativo – soprattutto per le donne – attraverso la promozione di cooperative territoriali.
Sono stati avviati dei tavoli di lavoro con le commissioni mense scolastiche? E se sì, quali esigenze e difficoltà sono emerse da parte dei genitori?
CS: “Come Osservatorio, e attraverso quanto registrato dalle aziende di ristorazione collettiva, le principali difficoltà che abbiamo riscontrato da parte dei genitori sono dovute al divario digitale e alla didattica a distanza in generale, all’impossibilità per molte famiglie di potere garantire una dieta bilanciata e nutriente, alla nostalgia per i ragazzi dei propri compagni e professori. L’Italia, a differenza di altri Paesi europei, ha optato per la riapertura delle scuole a settembre, ma la priorità espressa da molte famiglie è far tornare i loro figli alla normalità, una normalità fondata sulla condivisione e la socialità con i propri coetanei.
Con i rappresentanti di alcune Commissioni mense facciamo parte di Tavoli di lavoro avviati prima dell’emergenza pandemica. In questi mesi, in particolare, non abbiamo avuto incontri specifici, ma il nostro obiettivo è comunicare in modo chiaro e univoco non solo alle Commissioni mensa, ma anche agli studenti e alle loro famiglie il nuovo modello di ristorazione scolastica in modo che tutti siano a conoscenza di come vengono preparati e somministrati i pasti. Nei refettori dove esiste un dialogo costruttivo tra commissioni mense, scuola, Comune e aziende di ristorazione il clima è collaborativo e proattivo per risolvere i problemi prima che si radicalizzino”.
Parliamo invece di riaperture. Nella già citata intervista di aprile ci raccontava che, nonostante l’epidemia, le mense hanno continuato a funzionare negli ospedali e nelle case di riposo. Alcune di queste misure potranno essere replicate nelle scuole? Quali soluzioni avete ipotizzato per un consumo dei pasti in sicurezza?
CS: È vero: i nostri operatori hanno affrontato l’emergenza Covid-19, sin dalla prima zona rossa, per garantire i pasti a personale e degenti di ospedali e case di riposo, ma anche ai lavoratori di aziende di pubblica utilità che hanno continuato a operare durante la fase del lockdown. Insieme alle aziende di ristorazione abbiamo redatto dei protocolli sia per la preparazione che per la somministrazione dei pasti.
Abbiamo fatto tesoro dell’esperienza acquisita in questi mesi: dal distanziamento ai turni di accesso ai refettori, dai protocolli di sicurezza per i dipendenti ai Covid-manager per vigilare su misure e sicurezza, alcune misure potranno senz’altro essere replicate nelle scuole per uscire dai vecchi schemi e reiventare il servizio di ristorazione scolastica, senza scorciatoie sui contenuti nutrizionali, che dovranno essere identici a prima.
Abbiamo mandato queste proposte al Ministro dell’Istruzione e lanciato un Manifesto, ripreso dalle principali testate giornalistiche nazionali, chiedendo di essere coinvolti nella progettazione della scuola che verrà. Offrire pasti di qualità in totale sicurezza è il nostro mestiere e riteniamo di potere dare un apporto significativo per la regolamentazione dei protocolli di sicurezza e continuare a servire #unpastocheconta. Siamo soddisfatti che il Documento redatto dal Comitato tecnico-scientifico per una riapertura delle scuole in sicurezza e consegnato al Governo a fine maggio preservi il consumo del pasto a scuola – che «rappresenta un momento di fondamentale importanza sia da un punto di vista educativo, per l’acquisizione di corrette abitudini alimentari, che sanitario in quanto rappresenta un pasto sano ed equilibrato» – e includa molte delle misure previste dal nostro Modello”.
C’è la possibilità che il consumo dei pasti avvenga in aula?
CS: “Il modello elaborato da Oricon prevede soluzioni organizzative che garantiscano la sicurezza degli alunni continuando a offrire pasti di qualità. Abbiamo ipotizzato, ad esempio, l’accesso ai refettori attraverso percorsi sicuri e su turni differenziati, anche in base ai nuovi orari della didattica. Se i pasti non potranno essere consumati nei refettori, si individueranno luoghi alternativi dove servire gli stessi menù normalmente consumati nei refettori: palestre, spazi messi a disposizione dalle Amministrazioni Comunali o direttamente in aula”.
Per quanto riguarda invece la messa in sicurezza degli operatori: come riuscirete a garantire il distanziamento in cucina?
CS: “Anche in questo caso la fase del lockdown, seppur drammatica, è stata preziosa. Grazie a un intenso lavoro abbiamo fatto sì che il nostro personale venisse considerato assimilabile a quello ospedaliero e sono stati quindi garantiti mascherine, guanti e tutti i DPI necessari. I protocolli di sicurezza per i dipendenti si sono rivelati efficaci e saranno replicati per gli addetti alla ristorazione scolastica. Le aziende faranno sopralluoghi e calcoleranno gli spazi delle cucine messe a disposizione dalle scuole e dai Comuni. Ritengo che nella maggior parte dei casi non ci saranno problemi di distanziamento, e confido nel senso di responsabilità delle nostre lavoratrici e dei nostri lavoratori; abbiamo comunque ripensato a ulteriori misure di garanzia per la produzione dei pasti e a procedure più semplificate di alcune lavorazioni rispetto a quelle attualmente in vigore”.
Come lo stesso Scarsciotti ha sottolineato, la condivisione del pranzo nella mensa scolastica ha un valore educativo, formativo e sociale inestimabile, per questo siamo felici di vedere che negli ultimi tempi ci sia stata una maggiore attenzione nei confronti del tema e che anche nel Piano Colao, si parli di servizi di ristorazione scolastica, con l’intento di incrementarli e supportarli.