Il mio amico Gioacchino, palermitano, non si da pace: nei bar siciliani non si trova più il caffè freddo granuloso, una vera specialità della gastronomia siciliana, liscio o trasformato in “spongato” dall’aggiunta di panna montata. “Ora ti danno solo la crema al caffè” geme Gioacchino, “e quando mi sono lamentato con un barista, questo mi ha detto che ero antico.
Benissimo! Un’altra specialità orgogliosamente artigianale sta per essere o è già stata cannibalizzata da un prodotto industriale. In questo caso, una polverina che il barista scioglie nell’acqua e poi raffredda in un mantecatole. Dentro la busta, i soliti strani ingredienti che si trovano nei prodotti industriali, sempre troppi e sempre un po’ misteriosi.
Per quanto mi riguarda, il gusto mi fa pensare un po’ al nulla e un po’ a un prodotto per l’infanzia, eccessivamente “papposo” per la consistente quantità di aria, troppo dolce e con poco caffè per di più castrato dal troppo latte.
Gioacchino mi ha lanciato l’allarme come se potessi fare qualcosa ma non posso farci proprio niente. La storia della gastronomia è zeppa di colpi di genialità e colpi di stupidità, come quelli che determinano il cannibalismo di un prodotto da parte di uno equivalente e nuovo giunto dall’industria o da paesi lontani. Il mais cannibalizzò il miglio nella preparazione delle polente. I fagioli americani provocarono la quasi estinzione dei fagioli autoctoni “dall’occhio”, lo stesso pomodoro ha determinato la fine di molti candidi piatti dell’era pre-pomodoriana.
C’è da dire che ogni tanto ci sono dei recuperi ma i tempi possono essere lunghi. Nel caso del miglio, perché venisse rivalutato sono dovuti passare dei secoli.
Articolo di Martino Ragusa