Sfruttamento, lavoro grigio e condizioni abitative precarie: cosa dice il V rapporto Terraingiusta

 

 

La terra a San Ferdinando, a due passi dalla Piana di Gioia Tauro, è bruciata e, tra le fiamme, hanno perso la vita ben quattro persone in poco più di un anno. Si tratta di Becky Moses, Moussa Ba, Surawa Jaith e Sylla Nouma, quattro giovani migranti, “lavoratori” nella Piana e “abitanti” delle tendopoli del comune calabrese. Cambia il luogo, prima la vecchia baraccopoli chiusa il 6 marzo, dopo il centro gestito da Comune e Caritas, ma le condizioni di vita e di lavoro di centinaia di persone sono ancora molto critiche. È questa la denuncia di Medici per i Diritti Umani e dell’associazione A buon diritto che il 19 maggio scorso hanno presentato il rapporto “Terraingiusta. V rapporto sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella piana di Gioia Tauro”.

Rapporto Terraingiusta 2019: cosa succede a Rosarno?

La stagione della raccolta degli agrumi è ormai conclusa e, come ogni anno dal 2014, Medici per i Diritti Umani trae il suo bilancio di quanto visto nei mesi di lavoro nella piana di Gioia Tauro e a Rosarno. Siamo nel cuore della Calabria dove vengono raccolte arance e mandarini che arrivano sulle tavole di tutto il mondo, un’eccellenza del made in Italy che molto spesso è associata anche al fenomeno del caporalato.

In particolare, l’area di San Ferdinando è nota per le distese di terra occupate dalle abitazioni temporanee di migliaia di braccianti stagionali che arrivano in Calabria per la raccolta di questi frutti e poi si spostano, solitamente verso il foggiano per quella dei  pomodori. L’inverno è stato drammatico e ha portato Rosarno sotto gli occhi dell’opinione pubblica a causa degli incendi che si sono sviluppati nelle baraccopoli, costati la vita a diversi migranti.

Colpisce il fatto che anche la chiusura della “vecchia tendopoli” di San Ferdinando lo scorso 6 marzo non abbia, ancora, concretamente migliorato le condizioni di vita dei braccianti. Poche settimane dopo, infatti, le fiamme sono divampate anche nel nuovo Centro gestito da Comune e Caritas, probabilmente a causa di un contatto tra alcuni fili elettrici, ed è rimasta uccisa un’altra persona, la quarta in un anno.

“A sei anni dall’avvio dell’intervento di Medici per i Diritti Umani (Medu) nella Piana di Gioia Tauro in Calabria e a quattro dal primo rapporto dal titolo Terraingiusta – si legge nel documento- è necessario constatare con indignazione che la terra ingiusta di allora ha mantenuto intatti – o addirittura ha visto peggiorare – i tratti di sfruttamento, abbandono, degrado e disperazione.”

tendopoli caporalato
mediciperidirittiumani.org

La situazione sanitaria secondo MEDU: mancano acqua potabile e cibo sano

In tre mesi, la clinica mobile di Medici per i Diritti Umani ha effettuato 520 interventi, un numero in crescita rispetto all’anno precedente. Tra i fattori che maggiormente influiscono sulla salute dei braccianti e dei migranti, ci sono le instabili e insalubri condizioni abitative, il sovraffollamento delle tendopoli (a marzo nel centro ufficiale sono state ospitate 900 persone nonostante la capienza massima sia di 500), la mancanza di riscaldamento, la difficoltà di accesso all’acqua potabile, lo svolgimento di lavori faticosi senza protezioni e tutele, alimentazione insufficiente o squilibrata.

I medici dell’organizzazione sottolineano come “non si possa disconoscere il ruolo che la marginalizzazione riveste come determinante di salute. Vivere nella precarietà, nel transito dalla dimensione di migrante a quella di irregolare, espone a una condizione di estrema fragilità sul piano psico-fisico. La probabilità di un effettivo accesso alle cure è direttamente proporzionale al grado di titolarità dei diritti e di conoscenza del sistema sanitario, condizioni che non possono trovare applicazione nella condizione di ‘confino’ venutasi ad aggravare.”

Dal punto di vista delle patologie più diffuse troviamo infiammazioni delle vie respiratorie, patologie osteoarticolari, malattie dell’apparato digerente, della cute e odontoiatriche. Queste sono molto spesso connesse alle condizioni di vita e di lavoro e, soprattutto, alla pesantezza di determinate mansioni e alle carenze nutrizionali.

caporalato rosarno
Marco Ossino/shutterstock.com

“Lavoro grigio” e nessuna garanzia

Le persone curate da MEDU sono state, per il 93%, titolari di un regolare permesso di soggiorno. Solo la metà di loro ha, però, effettivamente lavorato negli ultimi tre mesi e nel 60% dei casi era previsto un contratto di lavoro a tempo determinato per la raccolta.

Si tratta, tuttavia, di condizioni di “lavoro grigio”, caratterizzate dunque dalla presenza di un contratto, ma di numerose irregolarità. In particolare, il rapporto di MEDU sottolinea come siano presenti problematiche di vario tipo nelle buste paga, la mancata denuncia di tutte le giornate di lavoro e la violazione delle norme sulle condizioni di lavoro.

Secondo i dati raccolti da MEDU insieme a A Buon Diritto, nel 36% dei casi sono state indicate le corrette giornate di lavoro e solo il 12,5% dei campione avente diritto riceve la disoccupazione agricola. Condizioni a cui si aggiungono anche stipendi al di sotto di quanto previsto dalla legge, che rendono la vita dei braccianti, soprattutto di origine straniera, sempre più instabile, una condizione che rischia di intaccare ulteriormente il loro stato di salute nonché la possibilità di vederlo tutelato.

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