Dopo due anni di pandemia, di DAD alternata a giornate in presenza e di mascherine in classe, per la popolazione scolastica italiana oggi il suono della prima campanella ha il sapore della ritrovata normalità: quest’anno, infatti, si torna tra i banchi senza restrizioni e per bambini e ragazzi l’anno scolastico 22/23 sarà cruciale per recuperare la pienezza della socialità e delle abitudini pre-Covid.
A fare il punto sull’offerta educativa e sul fondamentale tema della dispersione scolastica è il Rapporto di Save the Children “Alla ricerca del tempo perduto” che sottolinea come i ragazzi riprenderanno il proprio percorso formativo in modo tanto più efficace quanto più alto sarà il livello qualitativo di spazi e servizi offerti dal sistema scolastico, come edifici sicuri e palestre, ma soprattutto tempo pieno e mense.
Vediamo il rapporto nel dettaglio.
Back to school: tempi e spazi educativi nell’offerta della scuola italiana
Il report, realizzato dall’Organizzazione internazionale impegnata nella tutela dei diritti dei bambini, sviluppa un’analisi di tempi e spazi educativi messi a disposizione dalle scuole italiane, evidenziando la correlazione tra disomogeneità di offerta sui territori ed esiti scolastici: laddove vengono a mancare servizi strutturali come mense, tempo pieno e palestre, il fenomeno della dispersione ha un impatto maggiore. Proprio i servizi di ristorazione scolastica, che oltre a garantire una proposta alimentare bilanciata e regolare, rappresentano un punto di aggregazione e socializzazione, sono stati indicati dal Rapporto di Save the Children “Alla ricerca del tempo perduto” come uno degli elementi in grado di arginare la dispersione scolastica.
Da qui l’appello di Save the Children a mettere in campo maggiori risorse a favore dell’istruzione pubblica.
I numeri della dispersione scolastica in Italia
I numeri emersi dal report evidenziano che l’Italia è un paese caratterizzato da forti disuguaglianze territoriali. Nello specifico l’analisi di Save the Children ha acceso i riflettori sia sulla dispersione esplicita, che su quella implicita. Nel primo caso parliamo di abbandono scolastico in senso stretto, quello che riguarda i ragazzi che lasciano la scuola prima di aver completato gli studi. Questo fenomeno interessa in modo significativo le regioni del Sud: qui il dato raggiunge il 12,7% e registra il picco più alto in Sicilia, dove la percentuale di studenti che non completano il percorso didattico è pari al 21,1%. Situazione simile in Puglia con una percentuale di abbandono del 17,6%. Non va meglio in Campania e Calabria, dove la dispersione tocca, rispettivamente il 16,4% e il 14%.
Se i dati che esprimono l’abbandono scolastico non sono rassicuranti, neanche quelli che riguardano la dispersione implicita sono positivi: in questo caso i numeri del rapporto indicano quanti ragazzi, pur avendo portato a termine il percorso di istruzione superiore, non hanno maturato le competenze di base. In Italia questa condizione riguarda il 9,7% della popolazione scolastica e, ancora una volta, si manifesta in modo più marcato al Sud: qui il primato negativo appartiene alla Campania con una percentuale di dispersione implicita del 19,8%.
Sempre nelle regioni meridionali, poi, si concentra la più alta percentuale di inattività giovanile: tra Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i cosiddetti NEET, i giovani che non studiano e non lavorano, sono 3 ogni 2 occupati.
Questo scenario, secondo quanto suggerisce il rapporto di Save the Children, è figlio anche di una disomogenea distribuzione dei servizi educativi sul territorio nazionale: nelle aree in cui la scuola primaria offre un migliore accesso a spazi e percorsi didattici, le percentuali di abbandono scolastico e dispersione implicita sono più basse.
Mense e tempo pieno: fattori chiave nella lotta alla dispersione scolastica
Sulla scorta di un’analisi di 10 province italiane, i numeri messi in evidenza da Save the Children parlano chiaro: l’indice di apprendimento è più alto nei territori in cui gli istituti scolastici garantiscono il servizio di refezione, rendendo così possibile lo svolgimento del tempo pieno. Nello specifico, le province in cui l’indice di dispersione implicita è più basso sono quelle in cui il numero delle mense è più alto: ne è dotato il 25,9% degli istituti a fronte del 18,8% registrato nei comuni in cui i dati sull’apprendimento rivelano maggiori criticità.
Non è un caso che l’offerta del servizio di refezione sia strettamente connessa a esiti scolastici migliori: gli istituti che dispongono di una mensa, infatti, possono garantire il proseguimento delle attività didattiche anche nelle ore pomeridiane con potenziali benefici sul piano dell’apprendimento. Lo studio di Save the Children lo conferma: nelle località in cui la dispersione è più bassa, il tempo pieno è frequentato dal 31,5% dei ragazzi, mentre nelle province con livelli di apprendimento inferiori la percentuale di frequenza si ferma al 24,9%.
Il ruolo della mensa scolastica, tuttavia, va oltre l’aspetto didattico e si rivela cruciale nella lotta alla povertà alimentare minorile: nelle aree più esposte a difficoltà socio-economica, infatti, proprio il servizio di refezione garantisce a bambini e ragazzi l’accesso a un pasto sano e completo, e questo nei contesti più difficili rappresenta un grande aiuto per le famiglie.
L’importanza di palestre e strutture sicure
Oltre al focus su mense e tempo pieno, nella sua analisi dei fattori che incidono sui livelli di apprendimento Save the Children inserisce altri indicatori chiave, come quello relativo alla qualità delle strutture a disposizione dei ragazzi. In particolare il report rileva che nelle province in cui la dispersione è più bassa il 47,9% degli istituti scolastici è dotato di certificato di agibilità, mentre nelle città più esposte al rischio di povertà educativa questo dato non supera il 25,3%. Cruciale, poi, la presenza di una palestra: ne è provvisto il 42,4% delle scuole presenti nei territori che hanno fatto registrare indici di dispersione più bassi, mentre là dove le performance di apprendimento sono meno soddisfacenti, il rapporto ha messo in luce anche un minor numero di locali scolastici destinati allo sport (in queste zone appena il 29% delle scuole offre questa opportunità).
L’appello di Save the Children
Il lavoro sviluppato da Save the Children, dunque, sottolinea come per incidere in modo significativo sui livelli di apprendimento e dare una risposta forte alla dispersione sia fondamentale puntare su un’offerta di qualità: l’appello arriva dalla Direttrice dei Programmi Italia – Europa di Save the Children, Raffaela Milano, che chiede “un investimento straordinario a partire dall’attivazione di aree ad alta densità educativa nei territori più deprivati, in modo da assicurare asili nido, servizi per la prima infanzia e scuole primarie a tempo pieno con mense, spazi per lo sport e il movimento e ambienti scolastici sicuri, sostenibili e digitali”.
Un appello che condividiamo, augurando a tutti i bambini e le bambine un buon rientro a scuola!