La ristorazione scalda i motori in vista di un’estate che, negli auspici di chi lavora nel settore, vedrà la possibilità di aprire progressivamente i locali a pranzo e a cena, sia all’aperto sia al chiuso. La speranza della riapertura è che possa, almeno in parte, dare ossigeno a un settore fortemente colpito dalla pandemia. A fotografare il quadro della situazione attraverso il “Rapporto Ristorazione 2020” è la FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi. La preoccupazione, come evidenzia il Presidente Stoppani, è che si disperdano soprattutto competenze e professionalità. La buona notizia è che i ristoratori italiani continuano a scommettere sulla propria attività e sono convinti che la ripresa arriverà, non prima però del 2022.
Il Rapporto Ristorazione 2020 di Fipe-Confcommercio
Ogni anno la Federazione italiana pubblici esercizi, insieme a Confcommercio, realizza un rapporto che fotografa la situazione nella Penisola. A metà maggio è stato presentato quello relativo al 2020 realizzato in collaborazione con Bain & Company e TradeLab. L’obiettivo è individuare anche i cambiamenti più profondi dei consumi e i trend del settore, dopo un anno segnato fortemente dalla pandemia da Covid-19 che ha radicalmente trasformato l’attività di bar, trattorie, osterie e ristoranti.
“Dal primo lockdown ad oggi” spiega Lino Enrico Stoppani, Presidente di Fipe-Confcommercio in occasione della presentazione del dossier, “gli imprenditori dei Pubblici Esercizi hanno vissuto una vera e propria odissea, dovendo fare i conti con il crollo del loro fatturato, l’impossibilità a pianificare la loro attività e una diffusa sensazione di accanimento dei provvedimenti […]”.
Tuttavia, fiducia e innovazione sono le parole chiave della ripartenza non soltanto nel breve periodo, ma anche guardando al futuro. Lo evidenziano Sergio Iardella di Bain & Company e Aaron Gennara Zatelli: “L’impatto del Covid sul settore della ristorazione è stato drammatico e la ripartenza degli operatori richiede una trasformazione dell’offerta, delle esperienze, combinata alla capacità di cogliere le nuove abitudini di consumo e di sviluppare nuovi servizi come la presenza su piattaforme digitali.”
L’impatto sui consumi: si mangia a casa, anche con il delivery
Il fatto che il Covid-19 abbia avuto un impatto sulla quotidianità degli italiani non è una sorpresa. È interessante mettere a fuoco in che modo, però, ha modificato i consumi. Dall’Osservatorio “The World after Lockdown” curato da Nomisma e Crif, è infatti emerso che nel 2020 ben il 37% dei food shopper online ha aumentato la spesa destinata ai prodotti alimentari sui canali digitali.
Nella stessa direzione va il rapporto Fipe-Confcommercio, che descrive come i consumi domestici degli italiani siano cresciuti sensibilmente lo scorso anno: sono stati spesi 6 miliardi di euro in più per la spesa alimentare, a fronte però di un crollo di 31 miliardi di euro dei consumi nei pubblici esercizi. Secondo l’analisi, questo dato suggerisce anche un cambiamento negli acquisti: gli italiani avrebbero speso di meno al supermercato, evitando proprio quei prodotti di alta qualità come vino, olio o piatti elaborati.
Si sono trasformati anche i momenti dedicati al consumo fuori casa. Se le cene, prima della pandemia, ne rappresentavano il 19%, oggi sono soltanto l’11%: di fatto, secondo Fipe, l’attività serale – nonostante l’asporto e il delivery – è completamente sparita.
Posti di lavoro a rischio e fatturato in calo
Nel 2020, riporta Fipe-Confcommercio, il settore della ricettività e della ristorazione ha portato alla perdita di 514 mila posti di lavoro, attestandosi come l’ambito più colpito a livello nazionale. Si tratta del doppio rispetto alle unità create tra 2013 e 2019 e che avevano raggiunto la cifra considerevole di 245 mila.
Inoltre, il 97,5% delle imprese censite ha registrato un calo di fatturato e per più di 6 ristoratori su 10 ha superato la metà del volume d’affari del 2019. Un dato che preoccupa, a maggior ragione se affiancato alla quasi assenza di nuove aperture a fronte di 22.250 attività chiuse, secondo i dati di Infocamere.
Nel 2010, ad esempio, avevano aperto 18.000 nuove attività nell’ambito dei pubblici esercizi, nel 2020 le imprese avviate sono state 9.190. Secondo i ristoratori, i fattori che hanno influenzato il calo di fatturato, lavoro e aperture sono da ricercare nelle misure restrittive che hanno colpito la mobilità delle persone, nella riduzione della capienza dei locali per rispettare i protocolli di sicurezza e nel calo dei flussi turistici, soprattutto dall’estero.
Ripartenza della ristorazione: il futuro punta su qualità e digitalizzazione
Alla vigilia della seconda estate dall’inizio della pandemia, il 68,3% degli imprenditori del settore dichiara di non avere fiducia in una ripresa veloce. Allo stesso tempo, però, si immagina una vivace ripartenza quando l’emergenza sarà finita. Più di 8 ristoratori su 10 sono ancora pronti a scommettere sul settore: consapevoli che il 2021 vedrà ancora un calo di fatturato, nel 2022 si intravede la possibilità di crescere e, solo nel 2024 è attesa una vera e propria inversione di tendenza. Gli operatori sono convinti che presto si tornerà a mangiare fuori casa, con una rinnovata attenzione alla sicurezza, all’igiene e alle distanze.
Nel frattempo, la filiera si organizza e valuta su cosa investire per farsi trovare pronta quando ricominceranno a crescere i consumi nei locali e nei ristoranti. Due le strategie che, secondo Fipe-Confcommercio, verranno seguite dai ristoratori italiani. Il 27% punta sull’incremento dei servizi digitali come l’home delivery e menù sempre più flessibili e adattati al consumo a casa. La stessa percentuale sceglie, invece, di puntare tutto sulla qualità e sull’identità: sono convinti che investire sulla riconoscibilità della proposta del ristorante possa fare la differenza, soprattutto se supportata da un’azione di marketing e comunicazione strutturata.
La speranza, in conclusione, è che quando l’emergenza finirà e potranno allentarsi ulteriormente le restrizioni che oggi sono in vigore per tutelare la salute, gli italiani ricominceranno a frequentare i ristoranti e i bar. Ma lo faranno con un’attenzione sia alla proposta gastronomica sia alla capacità di innovazione e adattamento ai nuovi strumenti tecnologici che i locali sapranno mettere in piedi.
E voi, siete pronti a tornare al ristorante?