Giornale del cibo

Report sui pesticidi di Legambiente: la situazione in Italia

 

Ogni anno Legambiente realizza un importante rapporto che analizza la presenza di residui di pesticidi e fitofarmaci negli alimenti che consumiamo abitualmente. Un lavoro approfondito e di grande importanza che consente, anno dopo anno, di monitorare questo delicatissimo aspetto della sicurezza alimentare e, allo stesso tempo, di offrire spunti di riflessione sulla strada da percorrere per ridurre i rischi. 

In Europa è molto animata la discussione a proposito della riduzione dell’impiego di pesticidi in agricoltura: all’inizio di febbraio la Commissione Europea ha annunciato la rinuncia alla riforma di regolamento che avrebbe portato un taglio del 50% dell’impiego di queste sostanze entro il 2030, tuttavia il caso non è ancora chiuso e rappresenta anche uno dei temi affrontati dalla “protesta dei trattori”.  

A partire dal rapporto di Legambiente, quindi, capiamo meglio quali sono i fitofarmaci e i pesticidi maggiormente presenti negli alimenti che portiamo a tavola, i prodotti più contaminati e le possibili soluzioni.

stop pesticidi nel piatto Legambiente
Fotokostic/shutterstock.com

“Stop pesticidi nel piatto”: i dati del rapporto Legambiente

Stop pesticidi nel piatto è il titolo del rapporto annuale che Legambiente realizzata in collaborazione con Alce Nero analizzando oltre 6.000 campioni di frutta, verdura e prodotti di origine animale per individuare la presenza di residui di pesticidi e fitofarmaci, sostanze potenzialmente dannose per la salute.

Presentato alla fine del 2023, l’ultimo rapporto restituisce una fotografia composita da cui è possibile trarre alcune buone notizie sia informazioni che, invece, preoccupano. La percentuale di campioni analizzati che risultano regolari e senza residui è pari al  59,18%, in crescita rispetto all’anno precedente quando era il 54,8%. Inoltre, sono in riduzione gli alimenti in cui vengono rintracciate tracce di pesticidi nei limiti di legge (da 44,1% del 2022 a 39,21% del 2023) così come i campioni irregolari, che rappresentano l’1,62%.

Significativo anche il dato riferito ai prodotti biologici, per i quali sono stati rintracciati residui solo nell’1,38% dei campioni. Questa contaminazione, spiega Legambiente, è probabilmente legata alla vicinanza con aree coltivate con tecniche di agricoltura convenzionale, una circostanza che viene descritta come “effetto deriva”.

Preoccupa, invece, la sicurezza degli imballaggi alimentari in plastica perché alcune sostanze chimiche potenzialmente pericolose per la salute possono “migrare” dal packaging ai cibi che contengono. Questo passaggio non è automatico, ma dipende da una serie di fattori quali il tempo di esposizione, la temperatura di conservazione e la quantità di grassi presenti nell’alimento.

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Frutta, verdura e prodotti trasformati: gli alimenti in cui si trovano più residui di pesticidi e fitofarmaci

Il rapporto di Legambiente individua anche, per categoria merceologica, gli alimenti in cui la presenza di residui di fitofarmaci e pesticidi è più elevata, seppur nei limiti consentiti dalla legge. Il gruppo più colpito è la frutta: il 67,96% dei campioni presenta uno o più residui, in particolare pere, pesche e mele. Si osserva, inoltre, come la percentuale più alta di irregolarità si registri nella frutta esotica ovvero banane, kiwi e mango. 

Le verdure nei cui campioni è stata rilevata una maggiore presenza di pesticidi sono peperoni, insalate, pomodori e ortaggi da foglia come spinaci, bietole e cavoli. Complessivamente, però, il 68,55% non presenta residui e la percentuale di irregolarità si ferma all’1,47%.

Legambiente analizza anche gli alimenti trasformati dove solo lo 0,67% dei campioni registra irregolarità e la percentuale di prodotti con residui è del 36,22%. In questo gruppo di alimenti, quelli che risultano più colpiti sono i cereali integrali trasformati. Interessante anche il caso del vino: il 50,85% dei campioni mostra tracce di fitofarmaci, mentre il 73,17% dell’uva analizzata contiene il residuo di almeno un pesticida. Un dato in calo rispetto al 2022, mentre si conferma un trend specifico del vino e dell’uva, ovvero la presenza del cosiddetto “multiresiduo”, termine con cui si intende una grande varietà di residui di fitofarmaci e pesticidi (fino a un massimo di sei per campione).

NataliAlba/shutterstock.com

I pesticidi più diffusi in Italia e i possibili rischi per la salute

Il rapporto Legambiente evidenzia anche quali sono i pesticidi rilevati più di frequente nei campioni analizzati. Tra questi ci sono Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid e Dimethomorph, ma a preoccupare sono i residui di neonicotinoidi non più ammessi come Thiacloprid, in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere, di Imidacloprid, in un campione di arancia, 2 campioni di limoni, 3 campioni di ocra,  e di Thiamethoxam in un campione di caffè.

Nonostante in Europa l’uso dei pesticidi sia cresciuto più lentamente rispetto al resto del mondo, i dati FAOSTAT 2021 affermano che nel 2019 ne sono state impiegate 500.000 tonnellate. L’Italia è il sesto Paese al mondo che fa maggiore utilizzo di queste sostanze, arrivando a circa 114.000 tonnellate all’anno.

Il problema, sottolineano gli esperti, sono i rischi per la salute umana legati al contatto con queste sostanze, contaminazione che può avvenire direttamente, ma anche attraverso l’acqua e il cibo, come evidenzia Legambiente. Gli studi spiegano che queste sostanze possono interferire con le funzioni ormonali, riproduttive e metaboliche e contribuire all’emersione o allo sviluppo di varie tipologie di tumore. 

Il futuro? Green, agro-ecologico e sostenibile

La strada da percorrere, sostengono Legambiente e Alce Nero, è quella dell’agroecologia, così come evidenziatato anche dal Green Deal europeo, dalla strategia Farm to Fork e dalla direttiva europea Biodiversity 2030. Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, ha sottolineato come sia fondamentale implementare meccanismi di incentivo per sostenere la transizione verso pratiche agricole più sostenibili, un’applicazione più rigorosa delle norme e un’ulteriore estensione delle aree coltivate attraverso il metodo biologico. Questi elementi, insieme, possono rappresentare una strategia efficace per ridurre i potenziali effetti negativi della filiera agricola sia sul prodotto consumato dalle persone sia sull’ambiente nel suo complesso.

In conclusione, a partire dai dati del rapporto, Legambiente sostiene che  sia necessario proseguire verso un’agricoltura più ecologica e sostenibile che sfrutti gli strumenti che già sono a disposizione, dalla fertilizzazione organica alle tecniche del biologico. Solo in questo modo, a suo avviso, sarà possibile garantire una maggiore sicurezza ai consumatori e un futuro più luminoso, duraturo e sostenibile al comparto e al pianeta.


Immagine in evidenza di: Fotokostic/shutterstock.com

 

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