Nel 2017 è uscito il film Ramen Heads del regista giapponese Koki Shigeno, grazie al quale ho imparato tutto quello che oggi so su questa zuppa dalle mille sfaccettature.
Il protagonista è Osamu Tomita, che in Giappone viene considerato il re del ramen: è lui, infatti, che con il suo approccio un po’ ossessivo ci spiega tutto quello che ruota intorno a questo piatto, insieme a gran parte dei trucchi e dei segreti per prepararlo perfettamente, a partire dal brodo e dagli spaghetti. Insieme a lui, vengono presentati anche altri importanti chef di ramen, ognuno con la sua filosofia, a testimonianza di quanti aspetti differenti attraversano questo meraviglioso mondo. Insomma, il consiglio è quello di vedere il film, che ripercorre anche le radici storiche, per uno sguardo davvero completo a 360° sulla cultura del ramen giapponese. Ma in caso non lo trovaste, ecco qui le dieci cose principali che abbiamo imparato su questo piatto.
1. Il piatto giapponese per eccellenza
Come forse ormai già saprete, il sushi non è tra i piatti più consumati e diffusi in Giappone, anzi. Eppure, ancora molti lo identificano subito come il cibo giapponese per eccellenza. Ramen Heads inizia proprio sfatando questo falso mito: “sushi e tempura sono piatti raffinati, preziosi, pretenziosi, non da tutti i giorni. Il nostro piatto popolare è il ramen, molto più economico, immediato, informale, soddisfacente, grezzo, per nulla raffinato. Infatti, possiamo mangiarlo ogni giorno e non ci stanca mai”. E in effetti è proprio così: il ramen è un piatto che viene consumato quotidianamente, anche grazie ai mille modi diversi di cucinarlo. Pensate che il re del ramen, Osamu Tomita, nell’unico suo giorno di pausa dal ristorante, va in giro per la città a mangiare ramen, anche tre o quattro al giorno! “Giorno dopo giorno facciamo sempre la stessa cosa, ma la ripetizione è l’unico modo per far sì che una cosa funzioni”. E in effetti è proprio così: gli chef del ramen non si stancano mai né di farlo né di mangiarlo.
2. Come si mangia il ramen giapponese?
Come vi diremo a proposito del perché nella cucina eritrea si mangia con le mani, ci sono abitudini che in una cultura alimentare sono da evitare, mentre in un’altra sono ben viste, se non addirittura auspicabili. È il caso di quel rumore che emette l’atto di risucchiare il brodo insieme agli spaghetti, che da noi è considerato addirittura maleducato, mentre invece, come sottolineato più volte durante il film, è d’obbligo quando si mangia il ramen. Per questo, è bene stare in silenzio e sentire solo il rumore del risucchio: questo sarà indice sia del fatto che si sta apprezzando il piatto, ma anche, soprattutto, che gli spaghetti sono della giusta consistenza.
3. Come devono essere gli spaghetti?
È fondamentale che gli spaghetti siano freschi e fatti a mano. Infatti, non a caso, secondo una delle ipotesi più autorevoli, “ramen” sarebbe la pronuncia giapponese del cinese “la mian” che significa “tagliatelle tirate a mano”. Lo chef Osamu Tomita li prepara utilizzando un mix di quattro farine di frumento ben selezionate da lui, che varia leggermente a seconda delle stagioni. Altra caratteristica che devono avere gli i noodles è la “risucchiabilità”, come ripete più volte Osamu: per raggiungerla devono essere della lunghezza giusta, cioè lunghi e non corti, altrimenti verrebbero risucchiati in un solo colpo. Invece “le persone devono risucchiare gli spaghetti fino in fondo, e a lungo”. Per questo, devono essere anche spessi e lisci: solo così saranno veramente perfetti per il risucchiamento.
4. Il brodo è tutto, o meglio i brodi
Ancora più importante nel ramen è il brodo, anche se sarebbe meglio parlare di brodi, al plurale, visto che si può preparare in tantissimi modi. Pensate che, ad esempio, lo chef Tomita per un solo ramen ne prepara addirittura quattro, tutti con ingredienti diversi e con tempi di cottura differenti, anche di 27 ore. Poi, il suo segreto sta tutto nel saper mescolare correttamente questi vari brodi in modo da raggiungere ogni giorno l’equilibrio perfetto, anche perché saranno loro a trasmettere direttamente il gusto e il sapore delle materie prime. Infatti, mischiare i vari brodi e occuparsi del bilanciamento del brodo è la prima cosa che Osama fa ogni mattina. In generale, il brodo dev’essere della giusta concentrazione e densità, e a tal proposito ci sono due filosofie: una è quella di “aggiungere”, cioè di unire più ingredienti che daranno come risultato un sapore più ricco; l’altra è quella di “togliere”, quindi di filtrare e, appunto, levare ingredienti, per un brodo più “pulito”. Insomma, ce n’è per tutti i gusti!
5. Il ramen come mezzo di espressione creativa
Il ramen è esattamente così: un mezzo di espressione creativa di chi lo fa, poiché si può fare davvero in un’infinità di modi. In Ramen Heads vengono presentati vari chef che lo preparano diversamente: dal miso ramen al tonkotsu con brodo di ossa di maiale, fino a tutte le varietà con carne, pesce, alghe, mais e così via. Ci sono varie leggende su come siano nati i vari tipi di ramen, ma non vi sveliamo tutto, così vi lasciamo qualche curiosità per guardare il film. Ma il ramen non cambia solo da persona a persona, si evolve anche nel tempo, i suoi sapori cambiano dal primo all’ultimo “sorso”, così come il brodo muta dalla mattina alla sera.
6. Una questione di genere
Quasi tutti gli chef di ramen sono maschi: le donne sono una rarità. Infatti, anche nel film, la maggior parte dei cuochi che vengono ripresi e intervistati sono di sesso maschile, tranne una. Perché? “Non c’è nessun motivo preciso”, spiegano nel film, “non è neanche un fatto discriminatorio di alcun tipo, è solo così da tempo e basta”.
7. L’origine cinese
I giapponesi non hanno mai negato che l’origine del ramen sia cinese. Ma come tutte le tradizioni alimentari nel tempo si muovono, cambiano e si modificano, a seconda dei luoghi e delle persone che incontrano. Basti pensare che fu proprio in Giappone che Momofuku, nel 1958, inventò il primo ramen istantaneo al mondo, il Chicken Ramen e, visto il successo, qualche anno dopo anche il cup noodle, cioè il primo ramen istantaneo al mondo servito in una ciotola usa e getta. Ma un altro dei cambiamenti fondamentali del ramen nipponico è stato l’adattamento alle materie prime locali: questa zuppa cinese, infatti, veniva preparata partendo da carne di selvaggina e poi, nel tempo, si è adattata ai prodotti più disponibili in Giappone, come ad esempio il pesce.
8. Le materie prime del ramen giapponese
Come vi abbiamo già detto in precedenza, per un ramen ben fatto non si elemosina sulla qualità delle materie prime, a partire dal brodo, futuro veicolo degli altri ingredienti. Per questo i giapponesi hanno iniziato a prepararlo con pesci selezionati, come ad esempio sardine, acciughe, sgombro o dentice, che sono tra i più consigliati perché danno al brodo un sapore tondo, completo, che sa di mare, ma che si sposa perfettamente anche ai prodotti di terra.
9. Tutti locali piccoli
Chi è stato in Giappone (io, ahimè, non ancora) sa bene che tutti i posti dove si mangia il ramen sono piccoli. Questo proprio per la sua caratteristica primaria, cioè quella di essere un piatto così intimo, da mangiare sentendosi liberi tanto di risucchiare e fare rumore con la bocca, quanto di stare in silenzio. Anche la maggior parte dei locali che fanno questa specialità giapponese in Italia, come ad esempio alcuni dei ristoranti di ramen a Milano di cui vi avevamo parlato, tendenzialmente non sono mai molto grandi, ma cercano di rimanere fedeli allo spirito originale. Solo in un’occasione, in Giappone, è consentito uno spazio grande per il ramen: durante la fiera in suo onore.
10. La fiera del ramen
Infine, abbiamo scoperto che esiste una fiera tutta dedicata al ramen, con tantissimi chef che li preparano in modi diversi e che si ritrovano appositamente settimane prima per ideare una zuppa per l’occasione. Ma non aggiungiamo altro, affinché possiate gustarvi il finale di questo film.
E sapete che cosa abbiamo fatto dopo aver visto Ramen Heads? Abbiamo passato i due giorni successivi a preparare un fantastico ramen giapponese homemade!