Raccogliere funghi è un’occasione per trascorrere del tempo all’aria aperta e per poter poi assaporare questi prodotti, in diverse ricette a seconda delle varietà. L’autunno è il mese migliore, ma in linea di massima il periodo ideale si può estendere da inizio luglio fino alla fine di ottobre.
Raccogliere i funghi può nascondere però delle insidie, poiché non tutte le specie sono commestibili e, anzi, alcune sono tossiche o addirittura mortali; inoltre la raccolta è regolamentata per legge. Per fare chiarezza su questi aspetti e sulle precauzioni da prendere, abbiamo intervistato un esperto, il dottor Serafino Cannavò, micologo e botanico, che ci aiuterà a comprendere meglio il mondo dei funghi.
Le caratteristiche morfologiche dei funghi
Al regno dei funghi appartengono numerose specie diverse. Si differenziano dalle piante e altre specie del regno vegetale, perché possiedono delle caratteristiche particolari.
Morfologicamente, sono costituiti da un corpo unico, chiamato tallo, formato da più cellule intrecciate, le ife, che nel loro insieme formano il micelio. Esso vive sotto terra e vegeta nel sottosuolo formando il corpo fruttifero o carpoforo, che si trova all’esterno ed è ben visibile. Può avere diverse forme e morfologie, ed è la parte che è detta comunemente “fungo”; ha la funzione di disseminare le spore, che germinano nel terreno andando a produrre a loro volta altri miceli.
I funghi vivono in ambiente boschivo, si nutrono e vivono in simbiosi con le radici delle piante: entrambe le specie traggono un beneficio, poiché le prime, grazie alle ife fungine, riescono ad assorbire più nutrienti dal terreno, le seconde si nutrono invece della sostanza organica prodotta dalle piante durante la fotosintesi. Molte varietà di funghi sono commestibili, mentre alcune possono essere addirittura letali, se ingerite; prima di affrontare questo punto, facciamo chiarezza sulle normative che regolamentano la raccolta dei funghi.
Raccogliere i funghi: cosa prevede la normativa?
La normativa nazionale che regola la raccolta dei funghi è la legge del 23 agosto 1993 n. 352, che prevede:
- un limite massimo di raccolta giornaliera, che oscilla tra i 2-5 kg, definito nello specifico dalle varie regioni;
- il divieto all’uso di rastrelli, uncini e altri utensili per la raccolta che potrebbero danneggiare il micelio e l’apparato radicale da cui i funghi prendono il nutrimento;
- l’obbligo di mantenere integro il c
- orpo fruttifero, dopo la raccolta, in modo da poterne valutare la specie;
- il divieto di utilizzo di buste di plastica o qualsiasi contenitore che non permetta alle spore di cadere nel terreno;
- il divieto di raccolta nelle riserve naturali, nei parchi nazionali, nelle aree di particolare interesse naturalistico o scientifico individuato e delimitato dagli organismi competenti, nelle zone adiacenti alle abitazioni.
Il DPR del 14 luglio 1995 n. 376 integra la legge a cui abbiamo appena accennato, in materia di commercializzazione dei funghi spontanei, che necessita di autorizzazione e certificazione comunale. Il decreto definisce le specie e varietà che possono essere vendute, facendo riferimento anche a quelle che rientrano nelle denominazioni “funghi essiccati” e “funghi porcini”.
Il tesserino per l’autorizzazione alla raccolta dei funghi
Per raccogliere i funghi è necessario essere provvisti di un tesserino, in assenza del quale si può incorrere in sanzioni pecuniarie. Ne esistono 3 tipologie:
- Tessere amatoriali. Permettono di raccogliere una quantità massima che va dai 3 fino a 5 kg giornalieri di funghi; la raccolta può avvenire all’interno del proprio territorio regionale (regione in cui viene rilasciata la tessere). Hanno validità quinquennale, con rinnovo annuale.
- Tessere professionali. Permettono la raccolta fino a un massimo di 10 kg giornalieri e sono valide per cinque anni.
- Tessere per raccolta ai fini scientifici. Vengono rilasciate, a seguito di una richiesta formale, a soggetti pubblici o privati per la raccolta di qualsiasi specie per motivi di studio e ricerca, per eventuali mostre o seminari a carattere scientifico.
Le normative regionali variano nelle diverse regioni e da un sito di raccolta all’altro. Possono esserci, infatti, maggiori limitazioni per salvaguardare l’ecosistema: esse riguardano sia il periodo di tempo in cui la raccolta è consentita, sia le quantità permesse per i funghi in pericolo di estinzione. Le normative regionali specificano inoltre quali specie possono essere raccolte e commercializzate, per questo è bene consultare i siti internet dalle regioni e i vari disciplinari.
Funghi, le raccomandazioni per la raccolta
La montagna può essere un ambiente impervio e pericoloso anche per i più esperti, e in particolare per chi occasionalmente vuole raccogliere i funghi. La ricerca,varia in base alla tipologia, al clima, all’ambiente e come accennato, ottobre è il periodo perfetto, poiché è possibile trovare tutte le specie.
Prima di parlare, nel dettaglio, di come riconoscere i funghi ci soffermeremo su alcuni accorgimenti preliminari.
L’abbigliamento ideale
L’abbigliamento da utilizzare per la raccolta dei funghi deve essere consono all’ambiente in cui ci si trova, e consiste in un paio di scarponi o stivali comodi e resistenti, che permettono anche di avventurarsi in luoghi scivolosi, crepacci e discese; i vestiti devono, per quanto possibile, coprire tutto il corpo, proteggendolo sia dal raffreddamento che da graffi e ferite accidentali. Le calze e gli stivali sono inoltre una protezione da morsi di vipera o punture di insetti.
Cosa portare con sé per la raccolta dei funghi
Ricordiamo come la normativa vieti l’uso di contenitori in plastica o comunque di contenitori che non permettano alle spore di cadere sul terreno, per garantire il ciclo riproduttivo. Per questo, l’ideale per conservare e trasportare i funghi raccolti è un cestino in vimini, preferibilmente da trasportare in spalla, in modo da avere le mani libere durante il percorso; questa tipologia di cesto viene chiamata “gerla”.
Durante la ricerca, è consigliato portare con sé un coltellino, che permette di ripulire il fungo dalla terra, facendo cadere le spore. Per la raccolta bisogna usare le mani, si fa ruotare in modo delicato il corpo fruttifero e si estrae dal terreno, facendo attenzione a non danneggiare il micelio.
Come riconoscere i funghi: distinguere le specie commestibili da quelle velenose
“Non esistono regole precise o un modello empirico – spiega il dottor Serafino Cannavò – per riconoscere le specie di funghi commestibili da quelle velenose”. Ci sono diversi presunti metodi per attestare la pericolosità di questo prodotto: “spesso si sente dire che l’argento diventi nero se il fungo in cottura è velenoso, o ancora che aglio e cipolla diventino scuri durante la cottura in presenza di funghi velenosi – commenta l’intervistato – ma si tratta di credenze popolari. Ciò a cui bisogna prestare la massima attenzione sono i caratteri morfologici del fungo, che permettono di riconoscere in modo certo la specie che ci apprestiamo a raccogliere. Tutte quelle che non sono conosciute o che possono fare insorgere dei dubbi non devono essere raccolte”.
L’esperto sottolinea che ogni regione mette a disposizione dei corsi micologici tenuti da specialisti del settore, per garantire una raccolta sicura, tramite questa formazione è possibile ottenere il patentino per la raccolta.
Funghi commestibili e funghi velenosi: quali sono le specie più pericolose?
Tra le specie pericolose, troviamo l’Amanita phalloides: la sua ingestione potrebbe avere anche effetti anche letali, è il fungo più velenoso che si conosca.
Il corpo fruttifero dell’A. phalloides si presenta di colore che varia dal bianco al verdognolo, in particolare al centro il colore verde si presenta in modo più intenso. Di forma ovale quando fuoriesce dall’ovulo, man mano che il fungo matura, il corpo fruttifero si appiattisce, è percorso radialmente da numerose fibre e può raggiungere i 10-15 cm di diametro.
Il gambo è centrale, biancastro, può presentare delle striature dello stesso colore del corpo fruttifero, presenta una base bulbosa racchiusa in una valvola (ovulo), è cavo all’interno e può raggiungere 10-12 cm di altezza e 2 cm di spessore. L’ovulo è di colore bianco e l’habitat preferito da questa specie è costituito da querce e castagni.
L’intervistato spiega che la sua pericolosità deriva anche dal fatto che spesso l’A. phalloides può essere confusa con altre specie che invece sono commestibili, per esempio l’Amanita caesarea, o ovulo buono.
L’ovulo buono si può consumare sia cotto che crudo; lo si può riconoscere e differenziare dalla specie tossica andando a sezionarlo: nella specie commestibile, l’ovulo mostra una colorazione giallo-arancione, mentre nella specie non edibile la sezione presenta una colorazione bianca. Il micologo ricorda, inoltre, che “è vietata la raccolta dell’Amanita caesarea quando ancora l’ovulo è chiuso, perché, facilmente confondibile, ma anche per motivi ecologici”.
Tra le altre specie pericolose, appartenenti al genere Amanita, possiamo trovare:
- Amanita verna, che si presenta con il corpo fruttifero bianco, piatto con un diametro di circa 5-8 cm; il gambo è bianco, vuoto in fase giovanile ma a maturazione si presente piano con un’altezza di 5-10 cm; la volva è banca e membranosa; l’habitat preferito sono le querce e cresce bene anche in zone collinari.
- Amanita muscaria, possiede un cappello o corpo fruttifero di colore rosso, che sfuma
- ture arancioni, presenta quasi sempre delle verruche di colore bianco, quando matura il cappello presenta una forma piana; il gambo è bianco, cavo a maturazione; vive spesso in associazione con le conifere e – piccola curiosità – è la specie solitamente rappresentata nei boschi delle favole.
- Amanita aureola, presenta una colorazione del cappello che varia dal rosso, giallo, arancione, non presenta verruche, quindi è totalmente liscia e piatta; il gambo è bianco con l’ovulo annesso.
- Amanita pantherina, che presenta un cappello di colore giallo-bruno, con delle verruche sparse, di forma piatta a maturazione; il gambo è cilindrico e diventa più sottile alla base con la volva biancastra annessa.
L’intossicazione da funghi
L’ingestione di una specie di fungo velenoso può causare diverse conseguenze. “Le intossicazioni – spiega l’intervistato – possono essere differenziate in intossicazioni a lunga o breve incubazione: le prime sono causate da sostanze tossiche, e i sintomi ( appaiono dopo un intervallo di tempo tale che qualsiasi intervento o terapia spesso risulta inefficace. Proprio per questo sono le più pericolose, dovute in particolare all’assunzione dell’Amanita phalloides. I sintomi di un’intossicazione a breve incubazione, invece, compaiono poco tempo dopo l’ingestione del fungo e si risolvono in genere in modo benigno nel giro di poche ore”.
Altri tipi di intossicazioni provocano unicamente dei disturbi a livello gastro-intestinale: nausea e dissenteria, dovute all’irritazione della mucosa gastrica, svaniscono in poche ore. Bisogna inoltre tenere presente che non tutti i sintomi che si manifestano sono dovuti al consumo di funghi velenosi, ma essendo questi degli organismi facilmente deteriorabili, anche le specie sicure e che si conoscono, possono causare delle intossicazioni.
Raccomandazioni per un consumo sicuro dei funghi
Il mondo micologico è molto complesso e vario: prestare attenzione durante la raccolta e durante la conservazione delle specie trovate è fondamentale. Come sottolinea anche il Ministero della Salute, affinché la raccolta dei funghi avvenga in modo sicuro, vi sono dei consigli e raccomandazioni fondamentali che devono essere sempre tenuti a mente. Il possesso delle nozioni base, che possono essere acquisite con lezioni tenute da esperti del settore, come abbiamo ricordato in precedenza, è fondamentale, perché la sicurezza passa prima dalla conoscenza. Bisogna sapere con esattezza, infatti, quali funghi si stanno raccogliendo: meglio conoscere poche specie, ma essere certi di cosa si tratta, che conoscerne tante ma in modo superficiale.
È bene inoltre ricordare che i funghi, dopo essere stati puliti dalla terra e dal fogliame, dovrebbero essere consumati subito o entro 48 ore al massimo, poiché si deteriorano in modo molto rapido, perdendo consistenza e sapore e alterandosi. Potrebbero quindi causare intossicazioni a livello intestinale. È consigliato far bollire quasi tutte le specie: molte, infatti, contengono tossine che sono termolabili, ovvero si distruggono con elevate temperature; l’acqua della bollitura non va usata per cucinare.
“I chiodini, in modo particolare – spiega il micologo – anche se commestibili e ottimi, devono essere sempre bolliti, anche se vengono congelati”. I funghi si possono anche essiccare, conservare sott’olio o sott’aceto, sempre previa bollitura.
Avete mai frequentato un corso di micologia? Conoscevate le normative sulla raccolta dei funghi e i consigli per il consumo sicuro?