di Daniela Dellera
Mia nonna allevava le galline, ogni giorno depositavano un uovo ed ognuna di loro aveva un nome. Le chiamava alla sera e loro correvano dagli angoli del cortile in cui si erano rifugiate. Svelte svelte, si aggiudicavano i chicchi di mais che mia nonna spargeva ad ampie manciate con quell’elegante apertura del braccio mutuato dalla danza.
Erano grosse, piumose, altere; il gioco preferito di noi bambini era sorprenderle per far loro paura, ma la maggior parte delle volte eravamo noi a correre via, impauriti dall’assalto dei loro becchi e dei loro speroni.
La sera rientravano chiocciando nel pollaio che le difendeva dagli attacchi notturni delle faine. Penso fossero felici, perlomeno spensierate… lontane anni luce dallo stress dalle galline degliallevamenti moderni.
Lasagne, tagliatelle, capelli d’angelo, malfatti, quadrotti, ravioli, tortellini e cappelletti: mia nonna era cintura nera di pasta all’uovo. Le sue amiche, nei pranzi consacrati, comperavano di tutto da lei e poi se ne attribuivano il merito! Mia nonna manteneva il segreto ma aumentava i prezzi.