Sabato pomeriggio, sul finestrino alla mia sinistra intravedo due piccoli specchi d’acqua uniti da una lingua di terra che sembra costruita per quanto è sottile. E’ segno che sono quasi arrivato, sono entrato in Puglia e in quella immensa pianura verde e ocra che è il Tavoliere… Così dopo quasi mille Km di A14 a spaccare l’Italia torno a casa dei miei per il week end. In quest’ultima mezz’ora di strada quasi sempre mi vengono in mente i viaggi in treno che, poco più che maggiorenne, facevo per tornare a casa d’estate con mille universitari come me, con mille emigranti come me. Li chiamavamo “viaggi della speranza” e la speranza era che finissero presto, tanto erano scomodi ma anche quella di tornare alle radici… E così quando si entrava in Puglia, tutti a guardare fuori dal finestrino come se trasmettessero un film, estasiati dal protagonista: il sole che, anche se appena spuntato, già era caldo e forte. Perché qui in Puglia il sole picchia duro e non da tregua e quasi si mimetizza con il giallo delle immense distese di grano, con il verde degli ulivi, con l’azzurro del cielo… come se questo paesaggio l’avesse disegnato Munch più che secoli di storia. Ma la cupola del Duomo Tonti già si intravede, come un faro spicca tra i campi ora maggesi e ora arati, in attesa della semina, tra i vigneti appena spogliati per la vendemmia e tra gli oliveti carichi… Prendere uscita per Cerignola dice il navigatore con una voce da donna. La cena inevitabile è a base di orecchiette e cime di rapa… e attenzione ho detto “Cime” perché solo quella è degna di essere mangiata, altrimenti chiamiamole orecchiette e cavoli e non si offenda nessuno. La braciola di secondo è un classico, appagante dopo il lungo viaggio anche se hai solo 2 giorni per digerirla. In conclusione i cachi di stagione , "sono genuini e fanno bene": continua a dirmi mia madre da 30 anni sebbene il mio cervello sembra non voglia assimilare. I sapori genuini di questa terra li senti tutti nel profumo dell’erba a prima mattina e della terra portata dal vento che qui soffia forte, risveglia un sapore di cose vere e semplici, come il rustico carne e piselli delle 12.00 preludio di un pranzo che la domenica si preannuncia combattivo: purea di fave del tavoliere, condito con un filo denso di Olio, introduzione al secondo a base di cicorie e cardoncelli per lasciare lo spazio alla pizza sette sfoglie, un dolce barocco alla vista e sontuoso al palato, giusto epilogo del pranzo festivo. Nel pomeriggio ho ancora il tempo di assistere ad un’opera d’arte antica e contemporanea, la preparazione degli Scaldatelli. Mia madre affila con cura sul tavolo in cucina 3 tazze di farina, 1 cucchiaio di semi di finocchio, 2 tazze di vino bianco caldo poi prende l’Olio extravergine Topporusso, un nettare d’oliva come lo chiama lei… non serve per condire ma serve ad esaltare e di quest’opera lui è il protagonista, ne versa un po’ in una tazza da caffè e poi lo tiene lì vicino, senza riporlo, perchè presto sarà di nuovo in scena. Che spettacolo vederla con le mani sapienti ed esperte, meglio di una impastatrice automatica, mescolare la farina, il lievito, i semi di finocchio, e dosare con cura l’olio d'oliva e il vino. Quando ha finito lascia l’impasto dieci minuti di tempo a riposare. L’arte sta poi nel prendere un piccolo quantitativo di pasta e modellarla nella forma di una corda di mezzo centimetro di diametro e 7-8 centimetri di lunghezza. A questo punto il gioco è fatto: basta mettere a bollire acqua salata a fuoco molto alto e immergere i taralli nell’acqua bollente e quando tornano in superficie, tirarli fuori. Mentre li lascia asciugare per una mezz’ora su uno strofinaccio da cucina, chiede di me, del mio lavoro, dei miei amici, vuole sapere i più insignificanti dettagli. Alla fine li ripone in una teglia ben oliata e li mette nel forno già caldo a 200°C… tra 20-25 minuti saranno pronti! Il tramonto si avvicina ed è già ora di andare… Il bagagliaio è carico di cavatelli e orecchiette fatte in casa, di un vasetto di olive “la bella di Cerignola”, uno di pomodori secchi, carciofini e lambascioni, tipici cipollotti amari, un pezzo di pizza sette sfoglie, due litri di quell’Olio pregiato e un cesto con gli scaldatelli ancora caldi. Intravedo di nuovo i due piccoli specchi d’acqua ma, questa volta, sul finestrino di destra… Lago di Lesina e Varano dice la voce di donna e mi ricorda che mancano 900 Km all’arrivo. Mi rilasso sul sedile soddisfatto e sereno… è stato un viaggio breve, penso ad alta voce, ma porto con me parte di quei sapori e di quei colori nel bagagliaio.